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April 2022

Non sono previsti spettacoli per il mese selezionato.

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Resistenza e libertà

Visioni
di Gigi Mangia

Sono due le parole che caricano di significato politico e civile il 25 aprile e sono: libertà e resistenza.  Ed è proprio la libertà che ci porta alla resistenza, a legare il nostro presente al passato.

La giornata della liberazione, come festa, per la fine in Italia del Nazifascismo porta la firma del presidente Alcide De Gasperi, il grande padre dell’Italia del passato. La liberazione ormai ha fatto 77 anni, le nuove generazioni sono lontane e quindi non la conoscono approfonditamente non per colpa loro. A scuola, infatti, lo studio della storia molto spesso si ferma a quello delle due Grandi Guerre senza approfondire la resistenza.

La resistenza è stata una guerra difficile e sofferta, perché bisognava lottare sia il Nazifascismo di Hitler, sia il Totalitarismo di Benito Mussolini. Per una scuola di pensiero di storici, infatti, la resistenza è stata considerata guerra civile. La resistenza fu lotta sociale di coinvolgimento di giovani, di donne e di intellettuali. Il sacrificio di tutti fu eroico, la libertà il loro canto di Bella Ciao.

L’unità dei valori della resistenza guidò il pensiero dei costituenti, i quali scrissero la Costituzione, la quale è ancora il fondamento del nostro Stato. La Costituzione italiana è un patto e un progetto di società inclusivo sia dei valori sia delle identità. La resistenza tiene vive le nostre radici e la parola libertà continua ancora ad unire il nostro presente al passato della storia. La Festa della Liberazione del 2022 però ha due bandiere, quella italiana, bianca, rossa e verde, e quello arcobaleno della pace, perché per vivere in pace bisogna essere liberi, ma noi siamo coinvolti in una guerra che minaccia l’Europa ed è rivolta contro i valori dell’Occidente. La guerra di Putin è una guerra che mette in pericolo la libertà

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La Russia fuori dalla biennale di Venezia

Visioni
di Gigi Mangia

Con un comunicato stampa, la Biennale di Venezia ha comunicato che la Russia è fuori dalla Biennale d’Arte Contemporanea, che sarà inaugurata il 24 aprile, ma il padiglione russo sarà chiuso. La ragione dell’esclusione degli artisti russi è stata quella della guerra feroce e violenta di Vladimir Putin, il quale ha agito violando le norme del Diritto Internazionale che vietano l’invasione degli Stati con atti di guerra.

La guerra è contraria alla creatività. Uccide i bambini e stupra le donne, bombarda teatri e monumenti, scuole e biblioteche. L’arte, universale e bene dell’umanità non è indifferente alla guerra. I teatri, i musei, le biennali come i festival, non sono neutrali. L’arte non è neutrale. Già nel 1500 l’arte era l’arma critica contro la guerra, ma il suo ruolo politico divenne importante nella politica con l’Illuminismo francese. L’arte contemporanea si esprime spesso con istallazioni, che prevedono la partecipazione e il coinvolgimento della società.

L’arte contemporanea, infatti, è coinvolgimento e partecipazione e non è licitazione di opere in sale di esposizione. Le immagini dei palazzi sventrati dai missili, di donne e bambini in fuga sotto i colpi dell’artiglieria dei cecchini e di città rase al suolo, come le notizie di esecuzione sommarie e fosse comuni, provenienti dai territori conquistati dalle forze ucraine, intorno a Kiev, ci hanno sconvolti tutti per la crudeltà efferata. Vladimir Putin ha negato la sua responsabilità, ma è evidente invece, che davanti a questi crimini di guerra egli deve essere portato ad essere giudicato dalla Giustizia Internazionale. Vladimir Putin vuole distruggere l’intera Ucraina.

A Bucha, città a 60 km da Kiev, l’esercito russo ha compiuto un massacro di civili, ha usato forni crematori mobili per far scomparire i corpi dei morti al fine di cancellare le prove del massacro. Sono stati trovati 410 corpi in una fossa comune. Il massacro di Bucha riporta indietro la nostra memoria a quello avvenuto 25 anni fa Srebrenica dove le forze bosniache e quelle russe massacrarono migliaia di civili musulmani. 25 anni fa l’Europa fu debole e non volle vedere, ora invece l’Europa vuole reagire e non ripetere l’errore. Il disegno geopolitico di Vladimir Putin è fuori dal tempo, nella gloriosa follia della Russia di oggi, potenza coi piedi di argilla che vive e cerca un ritorno al vecchio nazionalismo del passato. La Russia di Putin non merita la Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia. Merita invece il suo Presidente di essere portato davanti alla Corte Penale Internazionale per essere giudicato dei crimini di guerra contro l’umanità.

La Biennale di Venezia, con i suoi 127 anni di storia, ha avuto il coraggio di escludere gli artisti russi dalla Biennale d’Arte Contemporanea per portare all’attenzione delle diplomazie il tema della pace, del rispetto del Diritto Internazionale che vieta l’aggressione di espansione con la guerra.

L’arte e la scienza sono universali e sono soprattutto il bene dell’umanità.

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Parole che inquinano altre parole

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di Gigi Mangia

Ci sono parole che inquinano altre parole. Crimini di guerra incriminano le parole Pace e Civiltà. Sono queste, parole pesanti fanno molto male e graffiano il nostro pensiero.

Nel 1948, gli Stati vittoriosi che avevano sconfitto il nazismo, approvarono la Dichiarazione dei Diritti Inviolabili delle persone per evitare che nel futuro si potessero verificare crimini di guerra contro l’umanità. Fu l’Unione Sovietica a non approvare quella dichiarazione.

Oggi Vladimir Putin viola la dichiarazione, in particolare l’art. 1, aggredendo l’Ucraina e commettendo crimini di guerra, uccidendo donne e bambini, bombardando scuole, forni e ospedali. La guerra di Putin, contro l’Ucraina, usa le armi nel ‘900 ma è diversa perché non è più la guerra simmetrica degli eserciti, gli uni contri gli altri, ma è quella che coinvolge la società civile. È una guerra, infatti, che usa i corpi per imporre il terrore come forza di vittoria nell’esercizio della violenza ed esibisce i corpi stuprati delle donne violentate e sgozzate, i corpi dei civili sparati nella schiena e colpiti nel volto, per dimostrare la propria bandiera del disprezzo e dell’odio verso gli ucraini. È una guerra di propaganda. Le immagini, le lacrime, le parole disperate, le fotografie arrivano e le conosciamo nelle nostre case.

Le esaminiamo seduti comodi nei salotti e il rischio è quello di non sentirsi coinvolti nella guerra e quindi di essere fuori dal pericolo. La guerra invece la subisce L’Ucraina, ma è rivolta contro l’Europa, le sue leggi, i suoi valori, la sua democrazia. Il modello strategico della guerra di Putin è quello di ritornare alla grande Unione Sovietica. La guerra, quindi non riguarda solo l’Ucraina, ma coinvolge l’Europa e l’intero Occidente. Dopo i crimini di guerra della Seconda guerra mondiale il poeta Giuseppe Ungaretti, che conosceva la guerra del ‘900 per averla vissuta come combattente, scrisse una poesia “Non gridate più” con la quale ci invitava a trovare il rispetto della dignità dell’uomo nel silenzio.

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immagine di copertina 2 aprile, giornata mondiale dedicata alla consapevolezza dell’autismo

2 aprile, giornata mondiale dedicata alla consapevolezza dell’autismo

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di Gigi Mangia

La visione del “pensiero blu” dell’Autismo è una visione altra e lontana, nella mente, capace di stupire. L’Autismo non è una malattia, ma una condizione di caduta del corpo nel mondo di essere diverso dagli Altri. L’Autismo è uno “stigma” le cui origini sono nei tempi delle tradizioni popolari. Nella storia, infatti, l’autismo è stato definito il “male del freddo” perché si pensava che fosse colpa della donna-madre, la quale era fredda a ricevere la nascita del figlio autistico e quindi lo rifiutava.

Il dramma del dolore non era nel corpo della madre, ma nella società che accoglieva il bambino con l’aggettivo “bambino autistico”. Per le madri ci sono figli, per la società ci sono figli autistici, sordi, ciechi e zoppi. La strada dell’emarginazione comincia dagli aggettivi con cui la società compila il catalogo delle diversità degli esclusi perché nati malati.

L’Autismo è una condizione difficile da gestire, da vivere e da comprendere. È una croce sulle spalle delle madri, le quali devono lottare per inserire i loro figli nella società e farli rispettare.

L’Italia nell’Istruzione ha fatto la scelta della Scuola dell’inclusione. Un insegnante di sostegno su tre è senza specializzazione e spesso nella Scuola manca la continuità didattica,
fondamentale nel processo positivo per la formazione personale ed intellettuale dello studente con difficoltà. Ma ciò che rende difficile e complica nella Scuola dell’Inclusione dello studente disabile è la figura dell’assistente, fondamentale, che spesso manca, la cui nomina spetta al Sindaco.

Gli Autistici hanno una vita molto difficile. In passato finivano in manicomio perché erano considerati malati di mente. Nel nostro tempo la loro fine è quella di vivere nei centri diurni e da grandi nelle RSA perché la Sanità della cura della salute nel territorio, o è in ritardo o è ancora totalmente assente.

Il modello sanitario dei servizi alla persona nel Sud è in grave ritardo rispetto ai Comuni del Nord. Il PNRR investe risorse finanziarie per superare la differenza dei servizi sociali fra Sud e Nord dell’Italia. È imperdonabile per tutti perdere le opportunità di spendere bene i soldi dell’Europa per realizzare e garantire la salute a tutti ed in particolare ai più bisognosi, secondo lo spirito della Costituzione.

In Puglia ci sono ventitremila soggetti autistici, cinquemila di loro sono in età scolare. Le famiglie, spesso sole, chiedono di avere per i loro figli un’offerta formativa potenziata, in cui la riabilitazione e la formazione siano obiettivi unificati e certificati; di avere laboratori orientati ai valori della creatività sociale e dell’arte; di avere impianti sportivi accessibili; di avere un’integrazione vera al lavoro, in una parola l’attuazione della legge 2015 sull’Autismo.

Tutti abbiamo il dovere di non deludere, dimostrando grande responsabilità.

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Diritti negati

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di Gigi Mangia

NELLO YEMEN I BAMBINI SOLDATO SONO MANDATI IN GUERRA E SONO FUORI DALA SCUOLA, NELL’AFGHANISTA LE DONNE SONO FUORI DALL’ISTRUZIONE, ALLE BAMBINI INVECE È VIETATA LA SCUOLA.

Davanti ad un diritto negato: mai chiudere gli occhi, mai perdere la voce, mai rinunciare alla denuncia.

La guerra non si limita solo alla conquista e al dominio politico dei popoli. Il suo progetto infame è quello di abolire la libertà, vietare l’istruzione, escludere le donne dalla cultura, per fare di loro solo produttrici di figli e del corpo palestra di sesso.

I Paesi fuori dall’illuminismo sono molti e sono utili al capitalismo di rapina. Le carte dei Diritti Internazionali si stanno rivelando atti formali e non hanno la forza di far valere i principi del diritto che le ispira. La Diplomazia è disarmata davanti agli interessi delle Grandi Potenze perché contano sempre la spada e i soldi. Il cuore della finanza
è il portafoglio, il diritto all’istruzione un dettaglio. Un popolo senza
istruzione è più facile da governare ed è molto più semplice da sfruttare.

Nel suo progetto di teatro, Koreja è teatro con impegno pedagogico, per scelta di lavoro e per vocazione culturale. La cura verso le scuole, la rassegna di Teatro Ragazzi, raccontano tutto l’interesse che il teatro ha verso l’educazione dei ragazzi giovani e bambini.

Non si può tacere davanti alla barbarie e al disprezzo dell’istruzione, che serve solo a gonfiare le vene del potere dispotico
dei tiranni di ogni colore.

Non possiamo tacere e quindi, accettare di mandare gli aiuti internazionali ai Paesi che negano l’istruzione alle donne, come avviene in Afghanistan e ai bambini nello Yemen, dove sono impiegati per fare la guerra.

La guerra della Russia contro l’Ucraina, nella nostra Europa, ha fatto sparire dalle pagine dei giornali e dai social, sia l’esclusione delle bambine dalla scuola imposta dai talebani, sia l’impiego dei bambini–soldato nello Yemen. L’ignoranza non è solo una barriera sociale, è una
gabbia, una vera prigione senza la luce della ragione.

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immagine di copertina La guerra è sempre una sconfitta della ragione:  “Bellum Iustum” non esiste.

La guerra è sempre una sconfitta della ragione: “Bellum Iustum” non esiste.

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di Gigi Mangia

La guerra della Russia contro l’Ucraina è diversa rispetto a quella del passato. È una guerra, infatti, che si serve della comunicazione e della propaganda, usa i social, i video, la fotografia, molto la televisione. È spettacolarizzata, vissuta come un videogioco davanti allo schermo televisivo o nello smartphone.

Io seguo la guerra ad occhi chiusi, la conosco, la sento, ma non la vedo. Sento le sirene, il rumore delle bombe e dei missili lanciati per colpire i palazzi, i condomini, gli ospedali, le scuole, i teatri, l’università e distruggere i supermercati. I carrarmati, i missili come le bombe, colpiscono anche i civili, gli sfollati in fuga dalle case in fiamme. Sento, in particolare, la voce dei disperati innocenti in fuga dalla guerra. La guerra colpisce il cuore della città, il suo obbiettivo è quello di cancellare la comunità. I bambini uccisi dalla guerra, ad oggi, sono 128; le scuole distrutte 63. Non sono numeri, ma chiodi di insopportabile dolore conficcati nel mio pensiero, avverto un’agitazione della mia coscienza disarmata ed impotente di agire. Quella del dittatore, Vladimir Putin, è una guerra cinica orientata all’odio, fondata nell’ideologia del potere assoluto in lotta contro il capitalismo della cultura occidentale, il suo progetto è un nazionalismo estremista.

Putin ritorna indietro e farnetica la storia. È stato il suo discorso avuto, prima della dichiarazione di guerra all’Ucraina. Putin, come il serbo Milošević, nella guerra in Serbia, vuole realizzare l’urbicidio delle città ritenute nemiche. Il suo progetto, infatti, è quello di distruggere tutti i luoghi della vita sociale come le piazze, i musei, i teatri, le scuole, gli asili, dove i bambini sono il futuro della città. La guerra riduce in macerie le città, Mariupol, Kharkiv e Kiev, sono città martiri, senz’acqua, pane e luce. La guerra colpisce e uccide i corpi. Le donne sono stuprate e impiccate in segno di disprezzo della vita.

Per cancellare la memoria, per impedire di vivere, per interrompere la continuità delle generazioni, per compiere l’urbicidio, la guerra uccide donne e bambini, senza colpa, ma obbligati a subire la guerra. Le città distrutte dalla guerra rimangono per lunghi anni con le ferite e per guarire ci vogliono anni e anni di grandi cure. L’urbicidio è una morte particolare della città, perché non c’è la sepoltura né delle macerie che rimangono visibili come piaghe della guerra, né dei morti che finiscono in fosse comuni. Non c’è la guerra buona o giusta, la guerra è sempre sbagliata ed è la perdita della ragione, per questo deve essere sempre disprezzata. L’Ucraina è stata aggredita da Putin per questo, almeno a me, tocca il dovere di aiutare, anche con le armi la resistenza degli ucraini in lotta contro i russi invasori per difendere la loro libertà. Nella realtà il pacifismo etico – ideale è un pensiero debole che non sempre può essere praticato, così come la storia ci ha insegnato.

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immagine di copertina Giornata mondiale <br>della poesia

Giornata mondiale
della poesia

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La penna dei poeti puó scrivere con parole chiare la responsabilità della guerra incivile e cinica del dittatore Vladimir Putin.
Il 21 marzo è la giornata mondiale della poesia. Il mondo stordito dal rumore delle bombe ha bisogno di sentire le parole nella voce dei poeti perchè i poeti aiutano l’uomo, non lo lasciano mai solo, lo guidano sempre. La poesia è chiamata a dire parole di chiarezza:
mai più sui bambini la morte del cielo, mai più dal cielo e dalla terra terrore e sangue. La guerra che uccide, il dittatore che bombarda le scuole, gli ospedali, i teatri e i condomini, si rende responsabile di una guerra cinica e incivile perchè scarica tutta la sua devastante violenza sul corpo. La donna infatti diventa l’obiettivo privilegiato e pregiato del soldato, si esercita così lo stupro di guerra contro le donne. La voce dei poeti si condensa in nuvole di parole in opposizione alle bombe a grappolo che distruggono e uccidono i bambini vittime invisibili della guerra. Ai poeti il compito di scrivere con la loro penna il futuro dei bambini sopravvissuti alla violenza devastatrice della guerra cinica e violenta per essere curati dalle gravi ferite della guerra. Il 21 marzo, giornata mondiale della poesia, deve essere dedicato al teatro di Mariupol’ distrutto da una pioggia di bombe. Il teatro è la casa dei poeti dove le parole possono essere la voce della resistenza al male e quindi la forza della narrazione del futuro.
Se vuoi avere un maestro e non essere mai solo trova nella tua vita un poeta.

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Il mio ricordo della voce di Carmelo Bene

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Il 16 marzo ricorre il ventesimo anniversario della morte di Carmelo Bene. È difficile dire chi sia stato per noi Carmelo Bene: un grande intellettuale, un grande poeta, un maestro di teatro, una forza creativa illuminante sempre inquieta, mai ferma, sempre impegnata ad arricchire l’estetica della sua arte.

Carmelo Bene è stato un maestro difficile e scomodo perché egli stesso era impegnato nella ricerca di se stesso come forza, come verbo creativo, come voce. L’esperienza, il trasporto, la contaminazione del corpo nel ritmo della poesia sono stati, a mio avviso, gli elementi fondamentali della Divina Commedia, recitata da Bene dalla Torre degli Asinelli a Bologna.

Quel giorno davanti ad oltre diecimila persone, la sua voce è stata una magia, la pura forza della parola, capace davvero di far entrare con il corpo ciascuno dei presenti nel viaggio Infernale. Carmelo Bene con la sua voce creava, dava vita ai corpi, li coinvolgeva nell’ascolto, li spogliava dal tempo. Li portava ad essere nella musica e nella parola ed era protagonista, attore, creatore di emozione.

Ricordo ancora la sua voce con la quale dava risalto al pensiero dei grandi della letteratura, da Italo Calvino a Nietzsche: erano le sue interviste impossibili. Ha lasciato la sua voce alla radio, sempre straordinario, sempre bello da sentire.

Carmelo Bene è stato un figlio particolare del Salento. La luce, la terra, l’acqua e il vento, il sole e lo scirocco erano il suo corpo, la forza del suo essere poeta, attore, teatro ed erano anche le radici del suo essere voce degli Dei, mito di Dionisio. È stato capace di illuminare di modernità la cultura pagana e di fare esperienza di cristianità col Santo dei Voli di Copertino.

La sua identità, la sua appartenenza, il suo essere salentino sono presenti fin da giovane nei suoi versi, infatti così poetava:

“La mia vita è d’acqua.

È di musica. Acqua è musica. Musica d’acqua.

Domani il suono di quest’ora

si sfiumerà sul mare

…e sia il nostro

silenzio a colpirci in un bacio…

nel suono del mare”

Carmelo bene visse i suoi ultimi anni di vita a Otranto, dove la prima
luce del giorno incontra il mare: era questo il paesaggio nella vena creativa dell’arte di Carmelo Bene.

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