Il posto delle fragole
Visioni
di Koreja
“Chi è amato non conosce morte, perché l’amore è immortalità”. Questa notte Maria Teresa Dal Pero ci ha lasciato per fare un viaggio verso un luogo unico, il posto delle fragole , che tanto amava.
Non sono previsti spettacoli per il mese selezionato.
Visioni
di Koreja
“Chi è amato non conosce morte, perché l’amore è immortalità”. Questa notte Maria Teresa Dal Pero ci ha lasciato per fare un viaggio verso un luogo unico, il posto delle fragole , che tanto amava.
Visioni
di Gigi Mangia
La tragica storia di Luca Attanasio, diplomatico in Congo, ci fa molto pensare sul perché sia morto sfidando la paura, per affermare i valori della solidarietà e difendere i bambini in quella terra senza istruzione. La paura del Coronavirus ci ha chiusi dentro i confini sicuri degli Stati, ci ha disarmati dalla sensibilità e dalla capacità di fare il bene dell’altro, di accoglierlo e di saperlo ascoltare.
La paura è un muro alto ed insuperabile ai nostri occhi e ci impedisce di vedere la sofferenza degli ultimi, degli esclusi, degli emarginati, degli schiavi. Il giovane ambasciatore non si era chiuso. Non era prigioniero della paura. Ai confini chiusi aveva scelto di vivere sulla soglia, per avere gli occhi aperti sul mondo, per conoscere il disagio sociale, per combattere l’ingiustizia e liberare i bambini, gli innocenti senza colpa.
Luca Attanasio credeva nell’istruzione dei giovani e vedeva nella scuola la strada del futuro, per un mondo finalmente rispettoso dei diritti fondamentali della persona. Luca Attanasio è morto sul campo dell’impegno civile e solidale, la sua fine dolorosa ci ha insegnato a riflettere, ci ha esortato a non essere indifferenti, ma attenti all’ingiustizia. Attenti a non subire la paura che ci chiude gli occhi e non ci fa vedere il male.
Visioni
di Koreja
“Occorre restituire al Sud l’antica dignità di soggetto del pensiero, interrompere una lunga sequenza in cui esso è stato pensato solo da altri […] nuovo centro di un’identità ricca e molteplice, autenticamente mediterranea” – da “Il pensiero meridiano”
Le nostre strade si sono incrociate tra Lecce e Skopje. Abbiamo condiviso progetti, ragionamenti e pensieri; l’idea di un Sud attivo, capace e pensante, la visione di un Mediterraneo come sconfinata risorsa strategica, luogo di cooperazione privilegiato e di incontro.
Scompare oggi Franco Cassano, intellettuale, scrittore, sociologo e politico italiano. Grazie Franco, la tua lezione è stata pensiero, ma soprattutto azione civile e innovatrice.
Visioni
di Gigi Mangia
Il 22 Febbraio del 2020, il Coronavirus chiudeva i teatri, che avevano resistito anche alla grande guerra, restando aperti. Il Coronavirus è stato, più forte della guerra e per il teatro è iniziato il silenzio al buio.
Il teatro è la forza del pensiero, è il luogo privilegiato delle finzioni, ma il suo palcoscenico è il luogo del racconto della verità. La parola vive dentro il teatro ed è assente fuori. Non si vede, ma si sente.
È come l’aria, è la forza del pensiero, è la vita della città.
Il silenzio al buio del teatro, fa diventare mute le città. Di notte tutto è fermo, nelle strade cammina solo la paura: il silenzio è vuoto e fermo. Nelle città, i bronzi, i marmi, i portoni, sono immobili e muti, ridotti ad ombre di paura. La notte della città, senza luna, è cieca. Mancano anche i rumori, i profumi e gli odori, i semafori dei ciechi.
Il coronavirus ha cambiato le regole per vivere il tempo e abitare lo spazio. Per tutti è difficile mettere le mani nel buio e attraversare, di notte, la città. Il tempo scorre, la notte finisce e finalmente il sole e il cielo svelano il silenzio. Il sole è l’occhio del giorno. Alla luce tutto diventa più chiaro, anche la lotta contro la paura si fa più facile.
Il teatro è stato chiuso, ma non è morto, ha saputo lottare ed è stato il più penalizzato. Il teatro è vivo e questa notte del 22 Febbraio accenderà le sue luci per dire alla città di essere vivo e pronto a continuare ad ospitare la parola che è relazione, che è mezzo di ascolto dell’altro e soprattutto che è cura. Cura della mente e del cuore.
Il teatro chiede al Governo di superare l’incertezza e di avere invece tempi di certezza sull’apertura dei portoni al suo pubblico. L’incertezza fa morire anche le imprese migliori come il teatro che, nella sua storia, ha superato mille avversità, comprese le guerre mondiali. Il Presidente del Consiglio, Professor Mario Draghi, conosce la storia dell’Italia e soprattutto è esperto di economia, per questo ci aspettiamo fiducia e concretezza per far tornare in vita il teatro.
Visioni
di Guido de Liguoro*
Sono tornato a teatro dopo quasi un anno.
No, non preoccupatevi, non vi siete persi niente, i teatri sono ancora chiusi al pubblico. Sono tornato perché avevo cose da fare, gente da vedere…
Sono entrato dalla porta degli artisti, passato dal corridoio degli uffici, ci sono persone, si muovono, girano, fanno cose, evanescenti, le persone, non le cose. Appaiono e spariscono leggere inseguendo dei sogni forse, progetti che immagino protesi oltre il mare. Sorrisi sopra la mascherina che valgono un abbraccio, un cenno rapido, non c’è tempo per le chiacchiere.
Movimento nel foyer, chi lavora a una struttura in legno (che sarà? Una scenografia, una cassaforte per le tracce fisiche di sogni messi lì di riserva?), chi fa laboratori a distanza per ragazzi (vi lascio cercare il gioco di parole. Un indizio: in inglese). Anche qui qualche sorriso lanciato nell’aria e mi stupisco dell’assenza di domande: che ci fai tu qui? Nel vorticoso turbinare delle attività che si inventano incessantemente non c’è spazio per la sorpresa, l’inaspettato è ospite quotidiano.
Un po’ incerto entro in sala. E’ piena! E’ piena di attesa. Posso vedere centinaia di occhi che aspettano di mettere a fuoco il palco nero, centinaia di mani frementi in un applauso troppo a lungo trattenuto, centinaia di cuori pronti a piangere, e a ridere, menti coltivate dai tempi pronte a ricevere semi fatti di gesti, luci e suoni, parole.
Sul palco una luce e un filo rosso, un altro progetto da svolgere. Come un gesto d’amore, penso. Per chi? Per chi di teatro e per il teatro vive e respira sogni da sognare insieme. Per tutti gli occhi e i cuori a casa che aspettano e non sanno ancora che il respiro del teatro anima sempre queste mura, per loro. Per me, che sono passato di qui perché avevo cose da fare, gente da vedere e proseguo sentendomi privilegiato, messo a parte di un segreto da raccontare: qui i sogni si realizzano, ogni giorno.
*Meridionale per nascita, lombardo per formazione,
cittadino d’Europa per scelta. Dopo una lunga vita di lavoro, viaggi e divertimenti vari, incontra l’ispirazione a Lecce. Curioso di tutto, appassionato di teatro e molto altro ancora, vive seguendo un motto: “c’è un solo modo per essere felici, fare solo cose appassionanti. E c’è un solo modo per fare solo cose appassionanti: appassionarsi di tutto quello che si deve fare!” Quasi attore in formazione, spettatore appassionato, attualmente cura il blog parolemiti.net
Visioni
di Gigi Mangia
Il 19 febbraio di 5 anni ci lasciava Umberto Eco, grande intellettuale del ‘900 di cui avvertiamo, forte, la mancanza.
Di Umberto Eco ricordiamo tutti l’opera Il nome della rosa come esempio di scrittura e di costruzione di un romanzo storico.
La presenza “quotidiana” del grande intellettuale che più ci ha accompagnato è stata, però, La bustina di Minerva una rubrica culturale e ironica da lui curata, pubblicata dal 1985 al 2016 sull’ultima pagina del settimanale l’Espresso.
Il titolo della rubrica sottolineava l’occasionalità degli scritti, con riferimento alla nota bustina di fiammiferi, nella cui parte interna spesso si prendevano appunti o si annotano brevi considerazioni. Così il grande studioso letterato e semiologo della lingua, ci ha insegnato a riflettere sugli eventi e sulle grandi trasformazioni della società, del teatro e dell’arte, dove nascevano i progetti di ricerca delle avanguardie.
Umberto Eco è morto, ma la sua lezione è ancora viva. Ricordiamolo con questo sentimento.
Visioni
di Gigi Mangia
Dal 2017 in Italia vige la legge n°71 di Elena Ferrara, che fissa le linee generali di lotta al cyberbullismo, ma il fenomeno non è ancora stato sconfitto, anzi, forse si è aggravato.
Gli studi più recenti relativi alla condizione giovanile, le neuroscienze, hanno dimostrato che il dolore sociale è più forte, più difficile, di quello fisico. Ieri abbiamo ragionato sul disagio, oggi invece, dobbiamo ragionare sul dolore e cambiare, quindi, il registro di studio sui nativi digitali.
Nel cambiamento è coinvolta la scuola, le procure minorili, i servizi sociali, il cinema, il teatro, la famiglia. Il grande problema, dei nativi digitali è quello della fragilità; la scommessa pedagogica è su come insegnare loro la gestione corretta delle emozioni e su come poterli difendere dai pericoli nella rete. Sappiamo che la biologia favorisce i comportamenti di cura verso i figli, ma sappiamo anche che la cultura esercita una forte influenza.
Le nuove generazioni hanno già nelle loro mani lo smartphone sin da tenera età; lo sanno usare senza essere consapevoli delle grandi difficoltà e dei pericoli dello strumento. In rete, l’amicizia, la conoscenza dell’altro sono virtuali.
Nell’articolo “Essere genitori sufficientemente buoni” della rivista “Psicologia contemporanea” n.283 del 2020, Silvia Buonino scrive:
“Tutti gli esseri umani, sia maschi che femmine, sono dotati biologicamente di capacità di condivisione dello stato emotivo di un’altra persona. Questa capacità si fonda sul riconoscimento delle emozioni altrui e si concretizza in forme diverse di condivisione, lungo un continuo che va dal contagio emotivo, automatico e riflesso, fino all’empatia vera e propria; quest’ultima è cognitivamente mediata dalla capacità di rappresentarsi il vissuto di un’altra persona, anche quando è molto diversa dal proprio”. La difficoltà di essere genitore nasce proprio dall’assalto educativo causato dalla rete e dalle tecnologie digitali che trovano impreparate le famiglie, spesso lasciate sole nella lotta contro il bullismo.
Il cyberbullismo non è un problema solo della famiglia, ma della Polis, che rappresenta il carattere di chi la vive e la abita. La scuola come il teatro, il tribunale dei minori come i servizi sociali, sono tutti coinvolti nella lotta al cyberbullismo, condividendo un vero progetto formativo ed educativo del cittadino digitale per il qual si prefigura una società diversa dalla nostra.
Il 7 febbraio, giornata nazionale di lotta al bullismo e al cyberbullismo, è stata tutta la città ad essere blu, un contributo per ripercorrere l’origine dell’iniziativa della campagna nazionale ideata dal MIUR e denominata “Il nodo blu contro il bullismo”
Visioni
di Gigi Mangia
Il Corriere della Sera di Venerdì 29 Gennaio 2021 riporta nell’articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo: nessuna giustizia per Pearl. Il Pakistan libera i 4 killer. La famiglia: un’ infamia. È un’amara notizia quella della corte suprema di Islamabad, organismo supremo del Pakistan, l’ aver liberato i terroristi motivando che nessuno di loro doveva restare in carcere.
Ahmed Omar Saeed Sheikh, ed altri, avevano decapitato il giornalista Daniel Pearl in un video e lo avevano postato in rete per informare l’opinione pubblica del sangue terroristico politico e soprattutto, di come usare la paura come arma di ricatto.
Il sacrificio e la morte del giornalista , inviato in Pakistan, per il Wall Street Journal e il suo essere ebreo, carica ancora di ulteriore veleno e sdegno l’atto terroristico . Con la morte in video del giornalista Pearl, è iniziata una delle pagine più oscure, più violente, più criminogene della comunicazione, perché ha dato inizio al “teleterrore” e alla “telepaura”. E’ iniziata così, la campagna terroristica della Jihad di Al Quaeda.
Il mondo occidentale è stato sconfitto e reso impotente davanti alla paura perché non è stato capace di imporre il potere di far rispettare i diritti civili delle persone.
La decisione della Corte di Islamabad di liberare i terroristi criminali, sanguinari, è un’offesa irragionevole, politicamente irricevibile dai Paesi Occidentali, dai quali chiediamo, ci aspettiamo di vedere una reazione ferma e irremovibile contro questa decisione.
Non si tratta solo di un’offesa ad un giornalista ebreo da parte degli arabi terroristi, ma di un vero pericolo contro la libertà di stampa e verso la vita di tutti i giornalisti, che cercano di informare la politica violenta e repressiva subita dagli innocenti .
Non possiamo dimenticare il giornalista Jamal Khassoggi tagliato a pezzi con una sega dentro al consolato saudita e poi fatto trovare nella città di Istanbul in una valigia, solo perché con le parole aveva cercato di informare l’opinione pubblica mondiale della politica violenta e repressiva del principe dell’Arabia Saudita Bin Salman.
Con quale rispetto della memoria e delle parole si parla di rinascimento in Arabia Saudita del Principe Bin Salman, il quale è noto in Occidente per la sua politica autoritaria e repressiva e per essere stato protagonista della sospensione dei diritti civili e di avere messo al bando le forze sindacali?
Si può essere falsi verso la memoria e scorretti verso le parole?
La memoria è fatica e studio, il rispetto delle parole è corretta educazione civile. La memoria non è convenienza, ma conoscenza della storia e corretto rispetto dell’uso delle parole.