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January 2021


17 mag


23 mag


24 mag

immagine di copertina Il bello della diretta

Il bello della diretta

Visioni
di Guido de Liguoro*

Il bello della diretta

Sono
abbastanza grande per aver avuto la fortuna di vedere in televisione (canale
unico in bianco e nero) tanto teatro. I miei genitori non ne perdevano, e non
ce ne facevano perdere, uno. Ho conosciuto De Filippo, Govi, Baseggio e tutti i
grandi; i primi li ricordo meglio perché, bambino, mi facevano ridere. Gli
sceneggiati, mio padre non voleva vederli, i film, poco. Non ho mai capito
perché.

A teatro
i miei non andavano, tantomeno portavano noi piccoli; costava troppo, era un
divertimento da borghesi benestanti. Poi è arrivato il ’68, il teatro si è
fatto popolare e mi ha aperto le sue porte; in televisione non mi piaceva più.
Anche questo non capivo perché. Mi ci è voluto mezzo secolo per trovare una
ipotesi di risposta, effetto COVID.

Chiuse
le sale, il teatro è tornato a riproporsi sul video; ne ho visto una certa
quantità, non sempre ne ho goduto. E non parlo della qualità del testo o
dell’interpretazione, naturalmente. Parlo di tecnica.

Il primo
teatro in televisione era rigorosamente in diretta, camera fissa sul centro del
palcoscenico, poi, con le traduzioni televisione, le camere hanno cominciato a
moltiplicarsi, muoversi, “scegliere”. Tra un primo piano e uno zoom, il regista
televisivo ha cominciato a proporre una visione “indirizzata”, lo spettatore
era guidato, non più libero. Era lo stesso spettacolo? Per gli attori forse sì,
per lo spettatore sicuramente no! Migliore o peggiore? O solo un’altra forma di
spettacolo? Possiamo aprire un dibattito.

Dalla
fine degli anni 60, inoltre, alcuni programmi televisivi, quasi tutti i
teatrali, hanno cominciato a essere registrati e trasmessi in differita. O
trasmessi in diretta e ritrasmessi, magari anni dopo, in differita. Era lo
stesso spettacolo? Credevo di sì. Fino ad oggi.

Adesso
so che la differenza è nello spettatore che lo sa.

Sa che
se lo spettacolo è in diretta, l’attore che agisce non sa, come lui, che cosa
succederà un attimo dopo. Certo conosce la battuta, l’ha ripetuta mille volte
nelle prove e nelle repliche precedenti, ma questa sera è lì davanti a
spettatori che, magari a migliaia di chilometri di distanza, sono testimoni di
questo unicum, un momento diverso da ogni altro e irripetibile.

In
differita lo spettatore sa che tutto è già avvenuto e nulla lo potrà cambiare.
E’ lo stesso spettacolo? I pixel che si eccitano sul mio schermo sono gli
stessi, nella stessa medesima sequenza. I neuroni che si eccitano nel mio
cervello, no.

Ma anche
su questo possiamo aprire un dibattito.

*Meridionale per nascita, lombardo per formazione, cittadino d’Europa per scelta. Dopo una lunga vita di lavoro, viaggi e divertimenti vari, incontra l’ispirazione a Lecce. Curioso di tutto, appassionato di teatro e molto altro ancora, vive seguendo un motto: “c’è un solo modo per essere felici, fare solo cose appassionanti. E c’è un solo modo per fare solo cose appassionanti: appassionarsi di tutto quello che si deve fare!” Quasi attore in formazione, spettatore appassionato, attualmente cura il blog parolemiti.net

prossimi Appuntamenti

17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

immagine di copertina Teatro e pregiudizi

Teatro e pregiudizi

Visioni
di Guido de Liguoro*

Mi piace andare a teatro. Proprio la sensazione
fisica di essere immerso in una costruzione di realtà, finta ma non falsa,
direbbero gli addetti ai lavori. Costruzione condivisa con gli altri del
pubblico, dove autori, interpreti, registi e tecnici sono al tempo stesso
materia e forza lavoro.

Mi piace il repertorio classico, i concerti, soprattutto jazz, il balletto, l’opera, quasi tutto insomma anche se credo di essere abbastanza esigente. Ma quello che mi piace forse di più è il cosiddetto teatro sperimentale o il teatro d’innovazione. Forse proprio perché non esiste, o non è palese, certo non viene fornito al pubblico, un progetto rigoroso, mi sento più libero di apportare il mio contributo alla costruzione della realtà che sarà qui e ora solo mia e di quelli in sala con me.

Seguo quindi con attenzione i programmi delle
sale che privilegiano questo tipo di produzioni. Quando ci ho trovato una
rassegna di musica classica mi sono meravigliato. E mi sono chiesto perché; non
tanto perché la rassegna ma perché io mi meravigliassi. E ho constatato un mio
pregiudizio: un pregiudizio architettonico!

Nella mia testa, i teatri, nel senso di sale
teatrali, si possono classificare anche in base alla struttura e
all’arredamento. Proprio da questo discende, nella mia testa, il pregiudizio.

Ci sono i teatri classico/pomposi, tutti ori e
decori, panni rossi e lampadari di cristallo a goccia, come i teatri d’opera o
il Politeama Greco (consentitemi gli esempi territoriali da salentino recente).
Ci sono i moderno/razionalisti un po’ freddini, belli puliti e, soprattutto,
tendenzialmente scomodi, da sedersi un po’ sul fianco con le ginocchia in
bocca, tipo l’Arcimboldi o lo Strehler. L’Apollo in realtà non è poi così
scomodo.

Quelli che definisco bomboniere sono i teatri a
dimensione raccolta e possono essere anche molto diversi tra di loro, dal
paradigmatico Teatrino di Vetriano, al Real Teatro di Corte di Caserta, al
Palladio di Vicenza fino al nostro Paisiello. Ci sono poi decine, forse
centinaia di Cinemateatro che resistono Teatro nonostante l’estinzione
dell’avanspettacolo; tendono purtroppo a scomparire, come l’Antoniano.

Amo le sale popolar/militanti con i pavimenti freddi, le sedie scompagnate e la passione che traspira dai muri come il Comunale di Ruffano.

Infine, ma solo per dovere di ospitalità, i neri (avrei preferito chiamarli tetri ma teatri tetri proprio non si può sentire). Hanno nere le pareti, nero il palco a livello zero, e a volte anche le sedie sui gradoni ripidi. Spesso occupano uno spazio ex industriale. Esempio tipico il Libero di Milano. Lo so vi aspettavate altro. Ok, anche Koreja.

Ma veniamo al mio “pregiudizio architettonico”:
era (sì, un po’ lo è ancora, lo confesso) associare ad ogni tipologia di sala,
una certa tipologia di spettacoli, ampia fin che volete, non esclusiva,
naturalmente, ma pur sempre sgradevolmente restrittiva.

Non avevo mai associato ai “neri” la musica
classica.

Ma, fortunatamente, il teatro serve anche a questo: a emergere dai pregiudizi!

*Meridionale per nascita, lombardo per
formazione, cittadino d’Europa per scelta. Dopo una lunga vita di lavoro,
viaggi e divertimenti vari, incontra l’ispirazione a Lecce. Curioso di tutto,
appassionato di teatro e molto altro ancora, vive seguendo un motto: “c’è un
solo modo per essere felici, fare solo cose appassionanti. E c’è un solo modo
per fare solo cose appassionanti: appassionarsi di tutto quello che si deve
fare!”

Quasi attore in formazione, spettatore appassionato,
attualmente cura il blog parolemiti.net

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17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

immagine di copertina Caro Teatro…

Caro Teatro…

Un vuoto di pagine bianche senza le parole del pensiero riservato dentro le mura

Visioni
di Gigi Mangia

Lettera di Natale

Carissimi, quest’anno il Natale del teatro sarà senza festa, un’interruzione amara che disorienta. Un vuoto. Pagine bianche senza che le parole del pensiero possano trasformarsi sul palcoscenico vivo, che aspetta di essere visto e applaudito dal pubblico.

Il teatro lavora in solitudine, resistendo e vincendo ogni sconforto. Oggi il teatro è chiuso alla nostra vita, chiuso al bisogno di cultura e all’emozione degli spettacoli. Siamo disorientati e ci sentiamo orfani delle strade maestre. Siamo in silenzio, un silenzio utile, che ci conduce alla domanda più antica della storia: che fare per riparare la rottura dell’uomo con la natura? Come superare la distanza sociale tra le persone? Come tornare al contatto e superare la paura di toccare i corpi?

Ci rendiamo conto che non basta e ci interroghiamo ancora su cosa sia necessario fare per trovare la strada che ci porti fuori dalla crisi, che ci aiuti ad incontrare i maestri, che ci porti ad aprire i teatri.

Abbiamo bisogno di avere luoghi del pensiero dove incontrare la creatività dell’arte, vitamina per la mente. Abbiamo bisogno di vivere l’arte e contemplare il bello. Il tempio è la casa della contemplazione, della scoperta delle parole, dell’incontro di maestri con cui imparare a vivere il tempo condiviso con gli altri.

Fin dall’antichità le città hanno avuto teatri aperti, a Lecce il Teatro Romano e l’Anfiteatro, per crescere e non subire la solitudine inutile. Noi invece i teatri li abbiamo chiusi, causando la morte delle città, diffondendo la solitudine malata e pericolosa. Il teatro è il tempio della preghiera laica dove abbiamo il dovere di pensare e di costruire il futuro; dove fare la strada insieme per ritornare a vivere la nostra vita sulla terra, senza paura. Dobbiamo imparare a fare come le piante, che trasformano il fiore in frutto per nutrire il corpo e rendere felice la mente.

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17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

immagine di copertina Giornata internazionale della dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo

Giornata internazionale della dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo

10 dicembre

Visioni
di Gigi Mangia

Il 10 Dicembre 1948, giornata della dichiarazione dei diritti universali dell’uomo, è una giornata di svolta dopo le grandi e terribili guerre mondiali, per gli Stati circa il rispetto della persona.

Tale Dichiarazione doveva impegnare tutti gli Stati al rispetto e al riconoscimento della mobilità dei popoli in fuga dalle grandi guerre come i profughi, che abbandonano la loro terra e la loro casa a causa della guerra ( vedi l’ art. 4).

Le cronache di questi ultimi anni riempiono pagine di giornali che raccontano la violenza e il mancato rispetto dei diritti della persona. È questo il mondo degli invisibili.

Sono famiglie, interi villaggi che sfidano la morte nel mare e affrontano la violenza sulla terra sfidando, alle frontiere, i poliziotti armati che per fermarli li violentano con sbarre di ferro arroventate, li feriscono col filo spinato, li aggrediscono con cani feroci. Nessuno vede la violenza contro cittadini in fuga inermi, nessuno si indigna per le donne stuprate nei centri profughi “lager” della Libia e della Siria.

Basta questo per mettere in evidenza come sia lontano il rispetto della Dichiarazione Universale dei diritti della persona. In particolare per noi italiani che dovremmo ricordare la figura di Giulio Regeni che prima di essere ucciso, è stato torturato.

Per questo, nel nostro impegno verso la
Dichiarazione Universale, dedichiamo questa giornata a Giulio Regeni e
chiediamo giustizia per un giovane che è morto nel segno del rispetto dei
diritti della persona.

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17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

immagine di copertina Giornata  internazionale delle  persone con disabilità

Giornata internazionale delle persone con disabilità

3 dicembre

Visioni
di Gigi Mangia

Nella vita sociale dei disabili c’è un
muro di cristallo, che non si vede, ma è insuperabile ed è, quindi, difficile
da abbattere: è quello del pregiudizio pesante come un macigno. La disabilità è
un’esistenza dura di lotta contro l’infausto fato. Nella poesia “La sera del dì festa” il poeta Giacomo
Leopardi accusa il destino:

“a te
la speme nego – mi disse, – anche la speme; e d’altro non brillin gli occhi
tuoi se non di pianto”
.

Il poeta filosofo della vita ci ha insegnato che la disabilità è quella di fare i conti di persona con la durezza della vita. Essere disabili oggi, vuol dire essere in lotta per non restare soli, per non essere esclusi e per non essere solo assistiti con pochi soldi.

Il vuoto sociale, causato dal Covid19, ha notevolmente aggravato la vita delle persone disabili: nella scuola, nel lavoro, nelle relazioni sociali, in famiglia. Il conto della crisi lo pagano sempre i più deboli percepiti come un peso per la società. La lotta, però, per non finire nell’inferno della crisi, non deve riguardare solo le persone con disabilità, ma anche i giovani, le donne, gli anziani e una società che immagina il futuro senza barriere e che non lascia indietro nessuno.

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17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

immagine di copertina Sconfiggere la cultura dell’odio

Sconfiggere la cultura dell’odio

con l'educazione

Visioni
di Gigi Mangia

25 novembre giornata internazionale contro la
violenza sulle donne.

L’offesa e la violenza sulle donne, oggi, è cresciuta ed è diventato un problema culturale rilevante per l’educazione e la politica. Da studi sociali risulta che i soggetti più odiati, nell’ordine, sono le donne, gli ebrei, gli immigrati, i musulmani, gli omosessuali e i disabili. Oggetto principale dell’odio verso la donna è il suo corpo. La donna, infatti, è giudicata per come si veste, per come si cura, per come mostra la sua bellezza. Gli strumenti preferiti per offenderla sono i social, perché consentono all’uomo un grande potere ed un linguaggio facile per la comunicazione violenta e offensiva.

Donne e carriera

Un altro motivo di disprezzo, sembra essere la carriera. La donna oggi, si è liberata da vecchi stereotipi, si è imposta con successo negli studi e quindi ottiene traguardi professionali superiori a quelli dell’uomo. Tra i diplomati la percentuale delle donne è del 64% e anche tra i laureati le donne sono in maggioranza. Eppure, nonostante i livelli di istruzione più elevati, il tasso di occupazione femminile è ancora molto basso rispetto ai colleghi. Un divario che risulta molto marcato rispetto alla media europea.

La donna preparata, sicura e capace ha messo in crisi il modello maschile fondato sulla figura dell’imprenditore, del manager, del campione nello sport. Nella competizione sociale e professionale la donna ha superato spesso l’uomo e questo è un torto insopportabile. L’uomo ha perso la proprietà del corpo e il potere sulla donna, oggi libera perfino di scegliere quando diventare madre.

Con l’educazione si sconfigge l’odio

Il problema della violenza sulle donne è molto serio e centrale nella società digitale profondamente cambiata rispetto al passato. Per cambiare e per costruire nuove relazioni professionali, culturali e progettare una società libera dal conflitto uomo-donna, bisogna partire dall’educazione. La scuola è coinvolta in questa sfida come anche il teatro. Il terreno da privilegiare è quello di lavorare per un’educazione fondata sulla sfera emotiva e cognitiva, per progettare e costruire una personalità morale e intellettuale in grado di relazionarsi con l’altro nella responsabilità del rispetto e della libertà.

Bisogna superare il modello culturale che privilegia il maschio forte come un soldato e ricco come un manager rispetto ad una donna obbediente ed esperta di cucina, impegnata a tenere la casa pulita. Bisogna, insomma, liberare l’educazione dai ruoli che contrappongono l’uomo e la donna nella società. L’uomo sano sa amare quando la mente non comanda il cuore, ma al contrario, lo sa ascoltare. Nella mente, infatti, spesso nascono i disturbi più pericolosi, il comportamento violento, il disprezzo dell’altro, il sentimento di proprietà e possesso del corpo della donna quale strumento dei suoi bisogni, a partire dalla sessualità. Insieme, la scuola e il teatro possono lavorare per sconfiggere, con l’educazione, la cultura dell’odio.

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17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

immagine di copertina La contemporaneità nel nome di Ovidio

La contemporaneità nel nome di Ovidio

Visioni
di Gigi Mangia

È la forza del teatro quella che carica l’energia e la potenza espressiva delle attrici, fior fiore di giovani donne. Le Eroidi, fanno parte delle opere giovanili di Ovidio e furono pubblicate tra il 20 o il 2 a.c. Il poeta tratta il tema dell’amore, insolito in poesia, ma non per lui, che approfondirà nelle Metamorfosi il tema dell’amore e la figura femminile nel regno dei Celesti.

La magia della narrazione

Il teatro è la magia della narrazione e anche il potere di liberare le parole dal tempo e di far loro attraversare valori e significati. Le attrici si muovono sul palco spinte dal messaggio di Ovidio, nella libertà nell’arte. Ognuna di loro, disegna tratti di femminilità in lotta nella storia.

L’urlo “è solo” più volte ripetuto, è come la forza di un martello e serve a loro ad aprire un varco nel regno dei Celesti in cui mappare i torti, le violenze e il dolore subiti, per poi indicare l’affrancamento delle donne dal modello maschile dell’eroe potente e vincente, scrivendo la lotta con l’inchiostro della libertà.

Il ritmo della recitazione e l’alternarsi delle figure e delle voci declina il filo di una storia tutta al femminile. Le musiche e la “lingua locale” aiutano il racconto ad accendere una luce sulla violenza contro le donne del nostro tempo. Le lettere d’amore, vecchie di 2000 anni, diventano narrazione del conflitto della nostra società e denunciano il ritardo della parità di genere, ancora un traguardo da raggiungere.

Nello spettacolo, c’è ancora pedagogia e forza letteraria. Un poeta che misurò la vita col dolore, suicidandosi, Cesare Pavese ci lasciò una raccomandazione: il poeta, il narratore riescono a meravigliare quando scrivono e parlano dei luoghi e delle persone che conoscono. Così, anche le parole di Giorgia Cocozza, Angela De Gaetano, Alessandra De Luca, Elisa Morciano, Maria Rosaria Ponzetta, Anđelka Vulić, sono sentite e vissute da donne e artiste, preparate e mature nello spirito e nella lezione indicata dal grande letterato Pavese.

Fior fiore di donne attrici, intorno a voi applausi e un mio 10 e lode. Brave!

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Fabrizio Gifuni

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23, 24 mag

FORTY!

immagine di copertina Giornata mondiale della filosofia

Giornata mondiale della filosofia

19 novembre

Visioni
di Gigi Mangia

Oggi è la giornata mondiale della filosofia, per noi una giornata particolare, esclusiva, perchè amiamo camminare nel pensiero e crediamo nella cultura.

La crisi che stiamo attraversando ha bisogno anche di filosofia per riuscire a scongelare le incognite sul futuro e ha bisogno di più cultura per educare l’uomo ad una nuova socialità, fondata sulla scoperta dei valori dimenticati. Il nostro tempo è quello di un nuovo Rinascimento, che attivi i luoghi del sapere e dell’arte: la scuola, i teatri, le biblioteche, i musei.

Nella giornata della filosofia rinnovo la proposta di riconoscere alle mura urbiche cittadine restaurate, il valore di percorso del pensiero. La città del futuro deve liberarsi dai rumori e ritrovare i luoghi della riflessione.

Lecce è preparata a questo riconoscimento.

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17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

immagine di copertina La scuola digitale italiana

La scuola digitale italiana

Ad oggi, ultima in Europa.

Visioni
di Gigi Mangia

Che la scuola italiana attraversi momenti difficili è noto a tutti, più ancora alle famiglie interessate.

In passato la scuola è stata ignorata dalla politica. Negli anni 2009/2012 i Paesi di Europa hanno fatto grandi investimenti nella scuola, soprattutto introducendo e innovando con le tecnologie digitali. La scuola dei Paesi più importanti è stata facilitata quindi, dal passaggio dal 3G al 4G: un vero rinnovamento, una rivoluzione didattica dell’insegnamento.

Il sistema scuola in Italia

Quegli anni per l’Italia sono stati anni difficili, di dura crisi, erano infatti gli anni dello spread spaventoso a 570 punti e l’Italia era a rischio di fallimento. La crisi fu pagata dalla sanità e dalla scuola con pesantissimi tagli. La nostra scuola così perse il passaggio dal 3G al 4G, ed oggi ne paga le conseguenze. Da noi la didattica a distanza non può essere proficuamente praticata proprio per il ritardo digitale, come l’esperienza ci ha dimostrato, nel pieno della crisi pandemica.

L’Italia è in ritardo

Ancora da noi si parla di edilizia scolastica e non di architettura scolastica, come è avvenuto nei Paesi culturalmente più sviluppati d’Europa. Le nostre scuole, ancora, sono fatte di ampi corridoi con le porte chiuse delle aule, invece di avere spazi aperti (laboratori) attrezzati per favorire lo studio-confronto fra gli studenti e i docenti.

Anche l’amministrazione è vecchia nella sua organizzazione, per fare un solo esempio, le scuole primarie, elementari e medie, compresi i licei classici dipendono dai comuni, mentre i licei scientifici e gli istituti tecnici dipendono dalle province: è questo un ritardo inspiegabile. Io sono fuori dalla scuola dal 2010 e non sono un esperto di didattica a distanza. Mi permetto, però, di far notare che: la didattica a distanza non può essere quella della lezione seguita davanti allo schermo per 40 o 50 minuti dagli studenti, con uno che parla. È difficile mantenere l’attenzione per un tempo così lungo.

Come cambia la scuola

Questa didattica non è a distanza ma semplicemente, è un modo per fare lezione in streaming. La nostra scuola va cambiata e deve essere pensata sul modello di un Paese competitivo come il nostro. Il ritardo è studiato e analizzato dal professor Patrizio Bianchi, nel suo ultimo libro “la scuola allo specchio” pubblicato il 20 Ottobre 2020 dal Mulino.

Tocca alla politica dire quale scuola vuole progettare per il futuro. Si è perso troppo tempo, non è un problema facile, ci vuole un ministro capace e competente per progettare una scuola che sia in grado di declinare le pedagogie più avanzate. Speriamo che la chiusura della scuola, imposta dal presidente Michele Emiliano, duri poco e lo stretto necessario.

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17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

immagine di copertina A rischio l’insegnamento della storia

A rischio l’insegnamento della storia

Visioni
di Gigi Mangia

A Samuel Paty, professore di storia in Francia, un suo studente ceceno mussulmano taglia la testa perché ha osato approfondire il ruolo della satira nella storia, affrontando ed illustrando le vignette blasfeme su Maometto. In Italia il quotidiano “La Verità” ha pubblicato in prima pagina l’immagine della testa mozzata, per montare una campagna ideologica contro l’Islamismo in Europa, in particolare in Francia, dove il tema è molto presente e dove l’intera Nazione ha pagato con morti innocenti. La scuola è la palestra della libertà e dell’educazione alla libertà, alla responsabilità e alla comprensione del “diverso”. La storia non può essere soggetta a divieti e a limiti, perché verrebbe meno la sua funzione: quella di conoscere l’uomo e di documentare la sua evoluzione sociale e culturale e soprattutto il potere di usare tutte le forme espressive, a partire dalla lingua, alle arti, alla satira compresa. Il Teatro si è sempre basato sulla conoscenza dell’uomo, manifestandosi come pedagogia di ricerca e approfondimento sociologico della realtà e già solo per questa ragione  non può restare sordo e insensibile a quest’evento. Il punto e il tema, dunque, non sono quelli della denunzia ideologica dell’islamismo radicale ma, piuttosto, la necessità di compiere una battaglia culturale e trovare una strada affinché si riconosca l’importanza della storia come lezione sulla libertà.

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17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!