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immagine di copertina rassegna IVAN E I CANI

Strade Maestre 25_26 //

...affinché tu ti meravigli

2025_2026

Federica Rosellini

IVAN E I CANI

foto IVAN E I CANI

Una fiaba nera di solitudine e violenza, ma anche un grande e inatteso amore. Ivan racconta una storia successa quando aveva quattro anni. La racconta come fosse una fiaba dei fratelli Grimm. È una storia vera, invece, accaduta ad un bambino nella Russia degli anni Novanta, la Russia poverissima di Boris Eltsin.

La gente era così povera, racconta Ivan, che i padri e le madri cominciarono a sbarazzarsi di quello che nelle case mangiava, beveva e aveva bisogno di cure. I primi a essere abbandonati furono i cani. La madre di Ivan ha un uomo che la picchia quando si riempie di vodka fino agli occhi. Ivan è un incomodo, quest’uomo vorrebbe che se ne andasse e un giorno Ivan lo fa. Indossa un cappotto pesante, i guanti di lana, si mette in tasca due pacchetti di patatine ed esce per le strade di Mosca. Trovare un posto dove dormire è difficile. Fa freddo, la gente che gira sembra ti voglia sbranare. Nessuno fa più l’elemosina, non c’è più spazio per la pietà. Comincia un’odissea che si concluderebbe presto con la morte, se Ivan non incontrasse delle creature buone, anime affini che lo accolgono tra loro e gli regalano la sopravvivenza ogni giorno. Una muta di cani randagi. Ma è solo l’inizio della storia.

Hattie Naylor è una drammaturga inglese, co-fondatrice della compagnia Gallivant. Ivan e i cani, candidato all’Olivier Award nella categoria Outstanding Achievement, è stato rappresentato in Inghilterra, Olanda, Belgio, Stati Uniti, Georgia, Grecia e Brasile. 

Federica Rosellini, musicista e performer, sola sul palco con la sua strumentazione elettronica, dice e compone, contemporaneamente, mescida la voce della propria madre registrata in russo con melodie, nenie e pulsazioni ritmiche, traccia con le dita la partitura sonora nella quale si perde con le parole e con il corpo. 

Fa di “Ivan e i cani” un “a solo” dolce e disperato; uno spettacolo sporco, solitario, tenerissimo; un canto d’anima intimo, personale, ma capace di raccontare, inaspettatamente, l’infanzia di tutti noi.


testo Hattie Naylor; traduzione Monica Capuani; voce registrata in russo Laura Pasut Rosellini; light design Simona Gallo; scenografia Paola Villani; costumi Simona D’Amico; aiuto regia Elvira Berarducci;  performer, sound design e regia Federica Rosellini