Calendario

June 2023

Non sono previsti spettacoli per il mese selezionato.

immagine di copertina rassegna La cantiga della Serena <br>presenta La Novia

Koreja Extra // Concerto

Fabrizio Piepoli, Giorgia Santoro e Adolfo La Volpe

La cantiga della Serena
presenta La Novia

foto La cantiga della Serena <br>presenta La Novia

Mercoledì 21 giugno La Cantiga de la Serena in concerto ai Cantieri Teatrali Koreja di Lecce per presentare il nuovo album “La Novia” con la partecipazioni di numerosi ospiti speciali: Faraualla, Nabil Bey, L’Escargot, Andrea De Siena, Roberto Chiga.
Prodotto da Zero Nove Nove, venerdì 9 giugno esce “La Novia”, quarto album del trio pugliese La Cantiga de la Serena. Dal 2008 l’ensemble formato da Fabrizio Piepoli, Giorgia Santoro e Adolfo La Volpe si dedica al recupero e alla rielaborazione della musica antica e tradizionale del bacino del Mediterraneo. Dopo “La Serena”, “La Fortuna” e “La Mar”, il nuovo progetto rappresenta l’ennesimo frutto di questo continuo lavoro di ricerca ed esplorazione portato avanti dal trio per riproporre, in una chiave nuova e personale, un repertorio che promuove il dialogo musicale e culturale tra Occidente e Oriente. La sempre presente tradizione sefardita dialoga con canti, romanze e tarantelle appartenenti a culture ed epoche differenti, proponendo un equilibrio inedito tra innovazione e tradizione. Le radici pugliesi rappresentano il braccio di un compasso fisso al centro, che consente all’altro di tracciare una circonferenza immaginaria che idealmente racchiude tutto il bacino del Mediterraneo.


Fabrizio Piepoli, Giorgia Santoro e Adolfo La Volpe

immagine di copertina rassegna SIMONA, THE GANGSTER OF ART

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Troubleyn/Jan Fabre

SIMONA, THE GANGSTER OF ART

foto SIMONA, THE GANGSTER OF ART

con Irene Urciuoli , prima nazionale

Simona, the gangster of art ha come protagonista una santa, in missione per ripristinare uno dei più essenziali doveri dell’umanità: lottare per il potere della bellezza. Ruba il dipinto ‘L’urlo’ di Edvard Munch e lo consuma, digerendolo, in piccoli pezzi, morso dopo morso. Con diversi falsi del dipinto, continua a comprare ogni possibile fornitura di cocaina nel mondo. Con quella polvere bianca, costruisce la sua opera d’arte, una colonna cristallina bianca, attraverso il tetto del teatro, per diventare “uno stilita, un santo su una colonna, urlando il ritrovato grido di delicatezza.”

In questo modo afferma: “Il mio modesto contributo è rompere con il nostro egoismo economico criminale. Farò in modo che il potenziale di investimento dell’arte venga lentamente ma inesorabilmente distrutto in modo che il valore intrinseco dell’arte, i poteri curativi e spirituali della bellezza, abbiano di nuovo una possibilità.”

“Non voglio romanticizzare l’aggressività e la violenza di un gangster. Per me è importante riconoscere questa brama di vita, questa energia e vitalità, questa convinzione che un gangster potrebbe cambiare la società attraverso la fede nell’anarchia dell’amore.” – Jan Fabre


Idea, testo e direzione – Jan Fabre Attrice – Irene Urciuoli Composizione, sound design e esecuzione – Alma Auer Drammaturgia – Miet Martens Design luci ed esecuzione tecnica – Ut Janssens Fotografia – Hanna Auer

immagine di copertina rassegna Marco Bardoscia Quintet LegnoMadre<br> feat Gabriele Mirabassi

Koreja Extra // Musica

Marco Bardoscia Quintet LegnoMadre
feat Gabriele Mirabassi

foto Marco Bardoscia Quintet LegnoMadre<br> feat Gabriele Mirabassi

LegnoMadre è la naturale prosecuzione di The Future is a tree (Lavoro discografico uscito nel 2020 per Tŭk Music). Il messaggio è ancora una volta quello di restare vigili per proteggere la nostra madre terra, il legno dei nostri amati alberi è un materiale “sacro” per il suo essere vivo, malleabile, duro e flessibile allo stesso tempo, per la sua capacità di proteggerci e scaldarci, per la moltitudine di impieghi che se ne possono fare. Il legno è anche il materiale di cui sono fatti tutti gli strumenti di questo progetto ed ecco allora che Legno Madre diventa il canto d’amore del legno (e di chi lo suona) per la madre Terra. I passati anni di pandemia hanno spostato la nostra attenzione sulla nostra salute, su noi stessi e in generale sull’umanità generando un pensiero principalmente antropocentrico. Ma l’uomo non è che uno degli elementi della natura che lo circonda e ed è pericoloso avere una visione così limitata della realtà, non c’è futuro per gli uomini senza il rispetto e l’amore per il mondo che li circonda e se impariamo ad amare un fiore, un albero, un uccello o un fiume stiamo già amando noi stessi e il nostro prossimo. La lezione più grande ci viene proprio dalla natura e dall’armonia che la regola, proprio come in una musica ben organizzata in cui per ognuno c’è spazio e tutti sono importanti e proprio grazie a questa pluralità la musica suona meglio e diventa armonia. (Marco Bardoscia)

Il nuovo progetto di Marco Bardoscia, prodotto discograficamente per Tŭk Music di Paolo Fresu vede – oltre al quintetto base – anche la presenza dell’Orchestra da Camera di Perugia*. Rispetto ai precedenti lavori, “LegnoMadre” risulta ricco di colori più latineggianti, frutto di una profonda passione mai sopita per la musica cubana e brasiliana e che ora affiora dal mondo artistico del contrabbassista salentino. Per certi versi ci si trova anche davanti ad una più profonda azione spirituale già emersa nel precedente lavoro discografico di Marco capace di collegare uomo e natura e che ora si immerge maggiormente dentro al se stesso della natura umana. Anche per questo il suo già straordinario storico trio viene allargato a quintetto con la presenza di un raro esempio di sensibilità musicale quale quello di Simone Padovani e la davvero illuminante presenza di un vero “must” contemporaneo quale Gabriele Mirabassi, nome tra i più importanti della musica italiana degli ultimi decenni. Il tutto per nobilitare al massimo la coesione stilistica di un progetto capace di unire personalità scaturite dallo stesso importante nucleo collegato alla “musica pensante” di oggi e di esprimere con grande sensibilità il lato emozionale dell’arte musicale.


Marco Bardoscia – Contrabbasso e composizioni Gabriele Mirabassi – Clarinetto William Greco – Piano Dario Congedo – Batteria Simone Padovani – Percussioni

immagine di copertina rassegna LA CITTA DELLE PAROLE

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Teatro Koreja

LA CITTA DELLE PAROLE

foto LA CITTA DELLE PAROLE

Cosa racconta la città? Un viaggio sonoro tra passato e presente, tra memoria e ricerca, tra architettura e natura. Tra storia e vita. La Città Ideale, la città delle parole. La città che ciascuno immagina o ha ascoltato nelle storie dei nonni. La città delle fotografie ingiallite. La città dei vicoli o quella senza alberi. La città in cui sarebbe voluto nascere o la città che avrebbe voluto essere. 

Cosa può raccontare una pietra, un muro, una città? Quali segreti custodisce? Quali vite ha incontrato e quali storie conosce ed è in grado di restituire a chi sa ascoltare? Perché ascoltare la città? Perché la città è la stessa ovunque, perché le sue storie sono universali. 

6 racconti, 6 storie diverse eppure simili scritte dagli spettatori per gli spettatori.

Posti limitati: 30 spettatori a replica

racconti di Guido De Liguoro, Stefania Ricchiuto, Gianni Pignataro, Cinzia Dilauro, Paola Pepe, Gabriella Manca; voci di Emanuela Pisicchio, Barbara Petti, Carlo Durante, Andjelka Vulic

immagine di copertina rassegna LA NUOVA ABITUDINE

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Societas/Compagnia Mòra/Claudia Castellucci

LA NUOVA ABITUDINE

foto LA NUOVA ABITUDINE

Entriamo da spettatori nell’humus delle regioni europee settentrionali; un humus rivolto a oriente; un humus russo. Ciò che avviciniamo è il canto Znamenny, un antico canto liturgico ortodosso, di impronta greca, che si fonde con la tradizione rurale della musica russa. In questo contesto ci situiamo concretamente, con la tecnica di una danza intuitiva; con una conoscenza corporale primitiva; con la tecnica di una assimilazione che vuole mantenersi spettatrice, con discrezione e riguardo. Una nuova Abitudine, un abito nuovo. Avremo riguardo di una musica che è entrata a far parte della vita concreta delle persone al punto da farsi liturgia. Soprattutto lo avremo nell’utilizzare questa musica come basamento di una danza che cammina e che impara il movimento dai moti del fumo e dagli assalti spirituali della notte.

Quando l’assalto contro le condizioni più alienanti dell’esistenza è condannato a essere vano nel luogo dove esse vigono, è decisivo fuoriuscire dalla loro sfera d’azione, dal momento che dal loro interno sono in grado di assorbire ogni opposizione. L’abbandono spaziale di simili luoghi è la ‘nuova abitudine’, che aspira a conferire alla propria esistenza lineamenti radicalmente mutati. Cambiare posto, andare in altri spazi, è questa anche l’ottica di un’atmosfera metafisica che orienta ora la nostra danza, cui partecipano anche alcuni Cantori del Coro di musicaAeterna di San Pietroburgo. Danzatori e Cantori abitano insieme sul palco, a coronamento di una lunga preparazione nel cuore di questa secolare tradizione corale dell’Europa Orientale.

La possibilità di collocare questa danza in una grande chiesa reca in sé un particolare valore. Innanzitutto la radice bizantina del canto Znamenny (знамёна, segni), che fiorisce in ambito slavo, fa parte di quello stesso fondamento che ha potuto concepire l’Europa come un’unità, tra Oriente e Occidente. Nella storia, inoltre, questo canto sutura l’Europa a Est, nel suo percorso che dal Mar Nero si spinge su, sino al Mar Baltico: Bulgaria, Ucraina e Russia sono le terre dove tuttora soffia il canto Znamenny, su cui la danza è stata costruita. Ora, questa storia profonda, conclusasi con la separazione netta, in ambito cristiano, tra due prospettive teologiche ed estetiche, riemerge in forma drammatica e attuale con un’altra gravissima divisione determinata dalla guerra della Russia contro l’Ucraina. La danza pone, come arte, e ripropone, come pratica, un linguaggio diverso sia dalle armi sia dalle parole, e agisce, come è suo solito, secondo il parametro della musica, la cui universalità in termini di conoscenza è qualcosa che appartiene alla psiche umana e non alla retorica. Rispetto al canto corale della tradizione ortodossa più nota, il canto Znamenny è rivestito di una semplice veste, assai lontana dalla pompa della liturgia slava. A causa del suo essenziale equilibrio esso appare modesto, dando a questo aggettivo tutto il suo significato originale, la cui radice è la stessa della parola ‘misura’. Ora, la collocazione di questa danza in una chiesa chiama in causa la coscienza del rapporto con la tradizione dei gesti liturgici: estremamente curati dal punto di vista estetico, ma altrettanto efficaci quale può dirsi un rito capace di realizzare una salvezza. Ora, accostare la danza alla liturgia, significa mantenere ben chiara questa distinzione, e indica la sola direzione possibile per una danza: la sequela di forme corali terse, euritmiche, all’unisono, e discrete, senza operare confusioni di rango. Danza e architettura, Oriente e Occidente, Passato e Presente saranno giudicati dagli archi euritmici di quell’opera umana che è l’edificazione di una chiesa, fatta per attraversare il tempo terreno.

La Compagnia Mòra (il nome è ispirato alla dicitura di Agostino nel suo De Musica, a indicare la più piccola pausa) ha soggiornato a San Pietroburgo, il principale Centro Studi dei Canti Znamenny, preso la sede di MusicAeterna, l’Orchestra diretta dal greco Teodor Currentzis, da lui invitata a costruire lì la danza, assieme a quattro Cantanti del suo prestigioso Coro. Lì vi restò un mese intero, nell’Ottobre del 2021, e si ebbe la prima esecuzione de La nuova Abitudine. Dopo lo scoppio della guerra non è stato più possibile proporre questa danza, sia per l’estrema difficoltà dei Cantanti di uscire dalla Russia, sia per il rifiuto generalizzato, che si incontra in molti teatri, nei confronti di qualsiasi artista e talvolta perfino di opere d’arte che siano di nazionalità russa.

Attualmente la danza è accompagnata dal Coro maschile bulgaro In Sacris di Sofia.


danza della Compagnia Mòra su Canti Znamenny della tradizione russa cantati dal vivo dal Coro In Sacris di Sofia, Bulgaria Coreografia Claudia Castellucc  co-produzione In Sacris Foundation Ph Andrea Macchia

immagine di copertina rassegna STORIE D’ACQUA: MEDITAZIONE SUL CLIMA

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Gabriele Vacis/PEM

STORIE D’ACQUA: MEDITAZIONE SUL CLIMA

foto STORIE D’ACQUA: MEDITAZIONE SUL CLIMA

Il 15 maggio per l’Italia è scoccato l’Overshoot day per il 2022, il giorno nel quale l’umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta nell’intero anno. Nel 2020, complice la Pandemia, è stato il 20 agosto, nel 2020 il 29 luglio.

Che cosa resta quando non c’è più un dopo perché il dopo è già qui?

Generazioni di scienziati, mistici e scrittori hanno offerto in risposta le loro visioni di luce e tenebra. Ci hanno prospettato inferni d’acqua e di fuoco e aldilà celesti, fini irrevocabili e nuove nascite, ci hanno variamente affascinati o disgustati, rassicurati o atterriti.

MEDITAZIONE SUL CLIMA è una lecture show che affianca le risposte di scienziati, mistici e scrittori alle domande, paure e speranze della generazione che vive il cambiamento climatico come una battaglia mondiale da perseguire attraverso azioni quotidiane.

A partire da opere letterarie e testi scientifici, attraverso racconti e musica: Gabriele Vacis con alcuni attori della Compagnia Potenziali Evocati Multimediali, con le scenofonie di Roberto Tarasco accompagneranno il pubblico a riflettere sul tema.


Con Gabriele Vacis , Pietro Maccabei, Erica Nava, Scenofonia Roberto Tarasco  Ph Alain Battiloro

immagine di copertina rassegna PROMETEO

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Gabriele Vacis/PEM

PROMETEO

foto PROMETEO

La tragedia di Eschilo coglie il momento della punizione che Zeus infligge a Prometeo. Efesto, il dio del fuoco, incatena Prometeo alla rupe. Arrivano le Oceanine, che costituiscono il coro dell’opera. Le figlie di Oceano hanno pietà del titano incatenato alla rupe e vogliono conoscere la sua storia. Successivamente le raggiunge anche il padre, che si propone come mediatore tra lui e Zeus, ma Prometeo rifiuta. A questo punto fa irruzione Io, la bellissima vergine di cui si è invaghito Zeus ma Era, sua moglie, scoperto il tradimento del marito divino, si vendica sulla povera Io, trasformando metà del suo corpo in quello di una giovenca.
Io è condannata a vagare per il mondo afflitta dal morso di un tafano. Prometeo gli rivelerà il suo futuro: fra tredici generazioni partorirà un figlio che abbatterà la tirannide di Zeus e lo libererà. Questa profezia provocherà la visita di Ermes, il messaggero: Zeus pretende che gli sia rivelato il nome di colui che lo sottometterebbe. L’ultimo tentativo di pace cade nel vuoto e Prometeo viene sprofondato nel Tartaro.
Lo spettacolo comincia con un prologo tratto da Esiodo che racconta l’inizio di tutto, l’avvicendarsi delle generazioni. Prometeo appartiene alla generazione dei titani, che dà vita a Zeus e agli dei.

Ma quando la nuova generazione sfida la vecchia,Prometeo si schiera con i giovani, con Zeus. Anche grazie a lui gli dei hanno la meglio sui titani. Zeus, che riconosce il ruolo di Prometeo, gli affida il compito di creare l’uomo. Ma quando scopre che gli uomini assomigliano troppo agli stessi dei, vuole cancellarne l’esistenza. Prometeo li protegge donando loro il fuoco, cioè la tecnologia, la scienza. Quando Zeus scopre che il suo alleato gli ha rubato il fuoco per donarlo agli umani, si sente tradito e punisce Prometeo nel peggiore dei modi: lo spedisce ai confini del mondo, che per i Greci era il Caucaso, e lo fa incatenare a una rupe dove tutte le mattine un’aquila verrà a divorargli il fegato che ogni notte gli ricresce.
Prometeo nei secoli è stato il simbolo della ribellione, colui che abbandona i suoi perché non ne condivide i valori fondanti: la violenza e la sopraffazione. È quello che passa dalla parte della stirpe nuova, che crede nell’intelligenza e nell’astuzia.

Prometeo è anche il difficile rapporto tra le generazioni: lui sta con i giovani, ma quando i nuovi dei non lo comprendono si sente rinnegato. Prometeo, infatti, è il portatore della conoscenza tecnologica e scientifica, liberata dalle catene della superstizione e dell’ignoranza. Perché non c’è vera innovazione senza tradizione.


con Davide Antenucci, Andrea Caiazzo, Chiara Dello Iacovo, Pietro Maccabei, Eva MeskhiErica Nava, Enrica Rebaudo, Edoardo Roti, Letizia Russo, Lorenzo Tombesi, Gabriele Valchera scenografia Roberto Tarasco, regia Gabriele Vacis  

immagine di copertina rassegna ESSERE O NON ESSERE

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Teatro Koreja/ Babilonia Teatri

ESSERE O NON ESSERE

foto ESSERE O NON ESSERE

Essere o non essere racconta quattro piccole, semplici storie di ragazzi e ragazze che diventano esempi potenti ed emblemi delle infinite possibilità che ognuno contiene. Allo stesso tempo narra di quanto sia complesso essere liberamente se stessi.

Sono storie che ci fanno riflettere, commuovere e arrabbiare, storie che esprimono con parole ed immagini quanto sia necessario ascoltare e rispettare l’indole, il carattere, la sensibilità e l’unicità di ognuno.

Quattro enormi pance che aspettano un bambino gioiscono, litigano, si emozionano. Ci interrogano e ci fanno sorridere su quanto una gravidanza sia colorata fin dall’inizio di aspettative.

Un drone arriva sul palco da un altro pianeta per condividere l’idea che i mondi possibili sono molteplici e molteplici le angolazioni con cui possiamo guardare il mondo che abitiamo.

Ali luminose disegnano un arcobaleno e permettono ad ogni storia, ad ogni vita, ad ognuno di spiccare il volo.

Lo spettacolo procede per quadri: in scena due attrici e due attori danno vita a immagini, azioni e parole   che si inseguono e si rincorrono. I corpi degli attori divengono campo di gioco: si colorano, si vestono, si travestono, si scambiano di posto per dimostrare come ognuno di noi sia una serie infinita di sfumature di peculiarità, di possibilità e anche di contraddizioni. Non sempre e non tutto può essere ricondotto al bianco e al nero, molto spesso non possiamo e non vogliamo rinunciare al colore, ai colori, alle sfumature!


uno spettacolo di KOREJA
in collaborazione con Babilonia Teatri • di Valeria Raimondi e Enrico Castellani cura Valeria Raimondi
parole Enrico Castellani
con Carlo Durante, Barbara Petti, Enrico Stefanelli, Anđelka Vulić

immagine di copertina rassegna IL RONZIO DELLE VEDOVE

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Asfalto teatro /Aldo Augieri Simona Sansonetti

IL RONZIO DELLE VEDOVE

foto IL RONZIO DELLE VEDOVE

La finalità dello spettacolo che vede coinvolti alcuni degli utenti del Centro di Salute Mentale di Lecce,è proprio l’inclusione sociale di questi ultimi avvenuta grazie ad un casting che ha attirato all’interno della compagnia molte figure femminili tra cui attrici, cantanti e ballerine professioniste oltre che infermiere e casalinghe. A queste donne è stato chiesto di raccontare la loro storia d’amore più intensa e indimenticabile vissuta con un Don Giovanni.


scritto e diretto da Aldo  Augieri e Simona Sansonetti che lo interpretano insieme a Claudia Amoruso, Cinzia Aiuto, Silvia Bressan, Tommaso D’Amico, Rosa Linda D’Avenia, Ludovica Fallavena, Mafalda Greco, Raffaella Leone, Gabriella Luperto, Luisa Mancarella, Gabriella Margiotta, Eugenia Passeggi, Giuseppe Vergori scenografia di Daniele Sciolti. I costumi sono stati realizzati da Lilian Indraccolo. Il tecnico del suono è Vincenzo Procino.    

immagine di copertina rassegna CONFINI DISUMANI

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Equilibrio Dinamico Dance Company

CONFINI DISUMANI

foto CONFINI DISUMANI

“Noi siamo il rosso e il nero della terra, un oltremare di sandali sfondati, il polline e la polvere nel vento di stasera. Uno di noi, a nome di tutti, ha detto: “Non vi sbarazzerete di me. Va bene, muoio, ma in tre giorni resuscito e ritorno”.

Confini Disumani ispirato al testo ‘Solo Andata’ di E. De Luca è una preghiera fisica, una denuncia, un quadro nudo e svilito della nostra società odierna dove nazione e patria si sgretolano a causa della mancata umanità che il mondo subisce.

L’onestà dei corpi e il potente coinvolgimento drammaturgico fanno di ‘Confini Disumani’ un lavoro intenso e toccante che porta lo spettatore a riflettere e a tratti a sentirsi colpevole del mancato valore etico e morale dell’essere umano.

[…]I danzatori di Confini Disumani, guidati dalla coreografa Roberta Ferrara, hanno messo il pubblico di fronte ad una sfrontata e ripetuta frenesia, in cui anche il senso di appartenenza al proprio corpo viene meno. Da un quadro iniziale di gruppo, trii, assoli e duetti si susseguono a ritmi incalzanti in cui dramma, iperattività, senso di sradicamento da sé stessi vengono alla luce. Il problema attuale della nostra società è proprio la perdita del senso di appartenenza, l’essere migranti, profughi, privi di identità e quando queste condizioni arrivano a confini disumani allora scatta la follia, la frenesia continuativa. I danzatori, molto bravi e preparati tecnicamente, nonché dotati, sono stati molto incisivi in linea con tematica drammaturgica senza concedere nessun momento di pausa, riflessione o speranza:forse c’era bisogno di mostrare il limite per poi sperare in una reazione quasi di esigenza liberatoria da parte del pubblico.

Campa di danza – 4 febbraio 2016


Coreografie e Set Concept:
Roberta Ferrara

Disegno Luci: Roberto Colabufo

Costumi: Roberta Ferrara

Danzatori:

Claudia Vergari,

Anastasia Galati,

Davide Storto, Rocco  Vitulli,

Giuseppe Crognale,

Massimo Palumbo,

Lea My,

Aurora Profili,

Mattia Chiarelli

Produzione:

Equilibrio Dinamico

Con il sostegno di:

Teatro Koreja

Con il supporto delMinistero della Cultura