Mani operose e pensieri bislacchi, piedi veloci e parole irrequiete / cuori affannati e occhi severi, capelli al vento e sogni ambiziosi / Per fare un teatro, partire dall’uomo / Per fare un teatro di mani, pensieri, piedi e parole / di cuori, di occhi e di sogni: così è fatto il Teatro Koreja / La purezza costa fatica, un cambiamento continuo / A piedi scalzi, sporchi di terra e di sale, tracciare ogni giorno una strada / Imitare i nomadi: moltitudine in movimento / Abbracciare diverse tribù / Da asini curiosare il Mondo, seduti scomodi, partendo daccapo / Essere un coro che fa eco lontano lontano / ascoltare il suono passato, inventare quello futuro / Cercare bellezza, fare bellezza. L’identità è bellezza / Osservare in silenzio, pazientemente, gli spazi senza parole / Addormentare le frontiere. Vivere la piazza e lo stupore / Tornare. Partire / Educarsi all’inutile / Restare necessari. Fermarsi a guardare sul ciglio del palco / In punta di piedi, giocare di più / Resistere al tempo e farsi di argilla / Con ogni granello, per fare un teatro.