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immagine di copertina Filippo Berta > Come polvere nel vento

Filippo Berta > Come polvere nel vento

dal 26 Ottobre al 21 Dicembre 2024

Il progetto video di Filippo Berta Come polvere nel vento nasce nel 2017, la visione di una barca che naviga in un deserto d’acqua, senza meta, come una bussola smarrita. Questo viaggio simbolico prende vita in Puglia, e si realizza grazie al tutoraggio della project manager culturale Alessandra Bertini Malgarini, in un luogo che diventa un catalizzatore di riflessioni su identità, potenzialità e confine.
Il punto di partenza è un terreno apparentemente sterile, una massa di polvere dorata, metafora delle potenzialità umane inespresse. I semi d’orzo, al centro della narrazione, simboleggiano la vita e la possibilità. Berta immagina gli esseri umani come quei semi: alcuni si perderanno, altri troveranno un luogo dove germogliare. Come polvere trasportata dal vento, la nostra identità può rimanere sospesa,in attesa di un terreno fertile in cui manifestarsi. Tuttavia, il terreno non sempre è ideale: una pianta può germogliare anche in assenza di minerali e ferro, ma potrebbe non dare frutti. Questo ci porta a riflettere sul fatto che nessun essere umano può essere veramente lo specchio del proprio potenziale, poiché è limitato dalle circostanze in cui si trova a crescere. Ognuno di noi, come quei semi, è costretto ad adattarsi e a proteggersi, talvolta per tutta la vita, nel terreno che lo accoglie, anche quando questo è duro come l’argilla. Eppure, nonostante le avversità, persiste in noi il desiderio di manifestarci, di trovare uno spazio in cui poter crescere.Santa Maria di Leuca, dove il Mar Ionio incontra l’Adriatico, diventa il palcoscenico perfetto per il progetto, un luogo che rappresenta sia un confine geografico sia un punto di transizione, dove l’abbraccio- o forse lo scontro- tra i due mari dà vita a un’instabilità palpabile, dovuta ai venti mutevoli e alla confluenza dei mari. La dualità del luogo riflette la ricerca identitaria di Berta. Il mare blu profondo contrasta con la scia bianca lasciata dalla barca, mentre i semi dorati a bordo diventano simbolo delle potenzialità umane, preziose come oro. Il piccolo gozzo, che naviga in senso antiorario, evoca l’idea di andare controcorrente, sfidando il sistema e cercando nuove possibilità in un contesto stagnante. Berta riflette sull’identità come potenzialità in evoluzione e non ancora definita. L’essere umano, come un seme può crescere e manifestarsi in modi diversi a seconda del terreno in cui si trova. Il seme è un bicchiere vuoto, pronto a riempirsi di esperienze e opportunità, ma spesso costretto a plasmarsi secondo i dettami sociali e familiari. Tuttavia, l’arte può risvegliare la consapevolezza di questa condizione, permettendoci di riflettere sull’identità e capire se essa corrisponde ai nostri desideri. Da questa presa di coscienza, possiamo decidere se cercare nuove opportunità per esprimerci o restare nella nostra posizione. Anche l’inerzia è una scelta, ma l’arte ha il potere di farci confrontare con queste domande.
Il video invita lo spettatore a interrogarsi sulla propria identità e sul percorso che sta seguendo. Il moto perpetuo della barca, che si muove in cerchio, rappresenta la ricerca incessante di una via, un tentativo di fuga che non sempre porta a una destinazione. Allo stesso modo, noi esseri umani cerchiamo costantemente qualcosa di migliore, ma restiamo spesso intrappolati in un ciclo infinito. Il cerchio, dopotutto, non è altro che una linea chiusa composta da infiniti punti: potremmo uscirne in qualsiasi momento, eppure continuiamo a cercare, forse illudendoci di trovare una via d’uscita, ma la consapevolezza di farne parte ci trattiene, intrappolandoci in questo movimento perpetuo.
Un aspetto centrale del lavoro di Berta è il coinvolgimento di persone comuni, estranee al mondo dell’arte.
In Come polvere nel vento, la partecipazione di uno skipper, un marinaio che guida la barca, un macchinista che lancia il drone e altri abitanti locali evidenzia l’importanza del contributo collettivo. L’opera si costruisce attraverso una pluralità di voci, andando oltre l’autore e riflettendo una visione condivisa dell’identità umana. Questo approccio richiama l’idea della “sparizione dell’artista” di Franco Vaccari, secondo cui l’opera d’arte deve vivere autonomamente, liberata dall’impronta dell’artista, sostenuta dall’interazione dei partecipanti e dall’anonimato. L’opera non offre risposte definitive. Anzi, la sua forza risiede nella capacità di porre dubbi, lasciando una porta aperta all’incertezza. È un viaggio simbolico e concettuale che esplora la fragilità e la potenza dell’identità umana attraverso le immagini della barca, del seme e del mare. Non è una provocazione fine a sé stessa, ma uno stimolo delicato e viscerale che invita ogni spettatore a riflettere senza l’ingombro di dettami esterni. Berta non indica una strada, ma offre la libertà di interpretare e decidere il proprio percorso.
L’arte, per Berta, è come un cavallo di Troia: semplice all’apparenza, ma capace di rivelare significati profondi e personali una volta che lo spettatore entra nel suo mondo. Il senso profondo dell’opera risiede nell’esperienza individuale di chi la vive. Non c’è una posizione ideologica da difendere, ma solo uno spazio aperto per un confronto intimo con sé stessi. Ognuno di noi è come un seme, unico, con la propria combinazione di elementi e possibilità. Alcuni crescono in terreni fertili, altri fioriscono in condizioni difficili, ma tutti sono alla ricerca di qualcosa di più, un punto successivo, un desiderio che ci fa girare intorno a noi stessi. Forse è proprio qui che risiede la sottile ironia: nella consapevolezza di questo movimento circolare, che potrebbe persino invertire il suo senso, come una barca che cambia rotta.
Chissà, forse basterebbe solo spostarsi in una direzione diversa, o forse il segreto è proprio nel continuare a girare, ma con occhi nuovi.
Sole Castelbarco

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