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Novembre 2021

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immagine di copertina I semi di Barba germogliati nel Salento

I semi di Barba germogliati nel Salento

Ho conosciuto Eugenio Barba nel 1983. Ero un giovane studente  di Storia e Filosofia all’Università degli Studi di Lecce quando chiesi a Nicola Savarese un po’ di informazioni sul popolo dei Tarahumara, un popolo che vive nella Sierra Madre Occidentale, in Messico. Incontravo
Nicola Savarese che all’epoca chiamavo Professore, per concordare la mia tesi di laurea, quella che non ho mai finito. In quel periodo ero attratto da esperienze di studio e di vita  come   “la trance” e lo “stato alterato della coscienza”.

Mi trovai dopo pochi giorni catapultato in un set cinematografico che aveva come obiettivo le riprese di uno spettacolo dell’Odin Teatret “Come! And the day will be ours”. Per me fu uno shock, impossibile da raccontare.  Mi trovai improvvisamente a vivere un’esperienza a dir poco “alterata”, sicuramente lontana anni luce dalla quotidianità che avevo vissuto fino a quel momento. Il Maestro celebrante di quella esperienza era Barba. Non è stato difficile, per me, entrare in empatia con lui anche se tutti mi dicevano che fosse un uomo rigido e duro. Nel tempo poi ho avuto persino in dono la possibilità di avere la sua amicizia e i suoi preziosi consigli. Quando ho incontrato Eugenio non sapevo ancora che lui avesse fatto nel Salento un’esperienza straordinaria nel 1974 a Carpignano Salentino; un’esperienza che aveva cambiato il suo modo di fare teatro.

Aveva creato una fitta rete di relazioni con la comunità, con piccoli gruppi come l’Oistros di Gino Santoro, Giuliano Capani e Cristina
Ria, solo per citarne alcuni di quelli che avrebbero dato vita ad
esperienze culturali particolarmente significative sul territorio e ancora oggi memorabili.

Nasce lì, probabilmente, quello che poi tanti altri gruppi in seguito svilupparono facendo evolvere la cultura del Salento da subalterna a
una cultura piena di dignità. Barba, in qualche modo, sdogana la cultura
salentina dal provincialismo.

Il suo sguardo sul mondo era quello di chi ha forti radici e
robuste ali per volare. E questo lo puoi fare se hai apertura mentale, capacità di ascolto, disciplina e amore per la tua terra, ma anche la capacità di farti contagiare da altre culture. Quell’ incontro mi ha offerto l’occasione per costruire, con stupore e meraviglia, ciò che non ero in grado di prevedere

Quando ho fondato il Teatro Koreja insieme a Franca Carallo, Franco Ferramosca e Stefano Bove, non sognavo di essere un veicolo di grandi messaggi. Avevo molte domande e tanta curiosità.
Cercavamo una strada perché ognuno di noi, nel suo essere unico, entrasse in contatto con un altro essere unico. Non cercavamo contenuti nuovi, ma nuovi linguaggi per esprimere le nostre istanze. Cercavamo rapporti nuovi, spesso difficilmente decifrabili, fra persone cui il teatro poteva fornire occasioni di relazione. L’arrivo di Silvia Ricciardelli, attrice all’Odin Teatret per più di 10 anni,  ha significato per noi  giovani senza alcuna esperienza, conquistare una consapevolezza e un nostro modo di costruire un teatro. Eugenio, ancora una volta, aveva un posto in prima linea qui nel Salento.

Poi, nel tempo, Eugenio e l’Odin Teatret sono tornati molte volte a Lecce a fare i loro spettacoli e a proporre la loro pratica teatrale.
Sono sicuro che Eugenio ha lasciato un segno profondo nella cultura salentina. Nel frattempo sono cresciute tante esperienze cinematografiche, musicali, teatrali importanti nel nostro territorio. Penso ad Astragali di Marcello Primiceri, ad Edoardo Winspeare, a Davide Barletti, ai Sud Sound System e vari gruppi di teatro, molti dei quali sono guidati da attori e registi che hanno avuto la loro formazione e militanza nel Teatro Koreja. Penso anche ai tanti operatori culturali, istituzionali e non, che con grande successo si muovono
sul territorio, uno per tutti Gigi De Luca. In questi anni anche la politica ha dovuto adeguarsi alla qualità del lavoro culturale sul territorio. E se molto si è potuto fare è anche grazie all’ascolto e all’attenzione di qualche nostro politico/a.

Trovo incredibile, al limite dell’offensivo, vedere che c’è chi pensa di venire oggi, nel Salento, ad insegnare a fare teatro e cultura, come
se qui non ci fosse nulla. In questi anni, l’attività internazionale ha visto Koreja toccare quasi 50 diversi Paesi in tutto il mondo e creare rapporti oltre confine, al di là del mare. Quel confine oltre il quale le persone hanno nuove istanze e, con i loro rapporti, alimentano un nuovo pensiero artistico.

È significativo che Eugenio Barba torni ancora una volta nel Salento per la “filmazione” come lui stesso la definisce, del suo ultimo spettacolo “L’Albero”. Questa volta “lo stato alterato”, che vivrò durante le riprese sarà voluto e consapevole.

“Se vuoi fare teatro, devi pagare” mi disse un giorno Eugenio. Una frase che, all’epoca, mi fece molto riflettere e che tutt’ora guida il mio pensiero. Credo possa insegnare ancora molto ai giovani che si avvicinano a questo lavoro. Si, perché il Teatro è considerato qualcosa di superfluo, anche se oggi, più che mai, ne abbiamo bisogno. Da allora, ho investito tutto. Ho investito economie, rischiando in proprio e ho investito forze, pensiero, lavoro e speranze, che oggi porto avanti insieme ai miei colleghi e compagni di viaggio.

Pubblicato su Quotidiano di
Puglia (ed. Lecce), il 13 novembre 2021

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