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immagine di copertina DDT

DDT

Visioni
di Guido de Liguoro*

Ettore Guardafico era Commissario al Dipartimento Divertimenti per Tutti, meglio conosciuto come DDT. Quella mattina era molto preoccupato ma cercava di nasconderlo all’occhio attento delle telecamere. E ci
riusciva benissimo. Era un grande esperto della simulazione, d’altra parte non si poteva arrivare ad un posto così importante, così ambito, superando decine di eliminazioni, senza essere un grande simulatore.

Era finalmente arrivato a un passo dalla realizzazione di tutti i suoi sogni, non poteva permettersi neppure il più piccolo errore, la più piccola disattenzione. Le telecamere che lo seguivano ogni momento erano
implacabili. Guidate da un sistema incorruttibile di intelligenza artificiale erano pronte a cogliere ogni sua debolezza, ogni espressione fragile, ogni sillaba impropria. La settimana prossima il televoto avrebbe finalmente consacrato il nuovo Grande Imbonitore, Insuperabile Buffone, Fonte di Tutte le Emozioni e di Tutte le Lacrime. In gara erano rimasti in due; lui e Serena Allegrini, attuale Commissaria al Dipartimento Affetti Vissuti Intensamente, DAVI in sigla.

I sondaggi prima di tutti i televoto nazionali erano ormai vietati da anni ma tutti continuavano a realizzarli clandestinamente; secondo le sue informazioni era ancora saldamente in testa, la sua strategia aveva portato i risultati attesi e anche più.

L’idea era semplice, gli anni passati come Commissario gli avevano permesso di metterla in pratica in modo diffuso: estendere la partecipazione attiva del pubblico, gli spettattivattori, a tutti i settori dai quali era ancora, ingiustamente, esclusa. Aveva in fondo solamente seguito l’esempio dei vari Master Chef o X Factor senza parlare della Casa del Grande Fratello.

Aveva cominciato dai musei con i concorsi Vinci la Tela, chi avesse votato la più votata tra le opere esposte ne avrebbe ricevuto una riproduzione a grandezza naturale. Tra chi invece aveva votato la meno votata, veniva sorteggiato un fortunato che avrebbe ricevuto un vero falso d’autore appositamente realizzato dal vincitore del concorso complementare “Fallo vero!” tra i falsari più reputati del mercato. Tra i suoi mille progetti c’era quello di un concorso Via la maschera per chi avesse indovinato chi si nascondeva dietro i falsi vincenti. Il fatto che i falsi vincenti andassero ai vincenti veri a lui sembrava filosoficamente sublime soprattutto perché sapeva che una simile considerazione non era politicamente corretta, non era adatta agli spettativattori. Era una delle sue piccole forme di ribellione al sistema che gli consentivano di sentirsene abbastanza estraneo per scalarne consapevolmente i gradini.

Quest’anno era in corso per la prima volta il concorso nazionale Museo Diffuso che affidava alcune opere di grande notorietà a famiglie estratte a sorte che le avrebbero esposte nelle loro case dove sarebbero state mostrate agli spettattivattori naturalmente insieme ad ogni pur minimo accadimento della famiglia. Le famiglie con figlie e figli adolescenti erano orgogliose di metterne in mostra la nascente sessualità, sempre nei limiti della decenza, beninteso. Famiglie fino allora monotonamente affiatate scoprivano hobby strampalati e relazioni sospette. Un enorme successo! Le sei famiglie rimaste in gara dopo mesi di trasmissione ininterrotta su un canale dedicato dove venivano proiettate affiancate, ospitavano: L’origine del mondo di Gustave Courbet, La toilette di Henri de Toulouse-Lautrec, Il David di Donatello (quello di Michelangelo avrebbe posto qualche problema logistico), Marilyn Monroe di Andy Warhol, Il bevitore di Giuseppe De Curtis (Teomondo Scrofalo) e Untitled (for you, Leo, in long respect and affection) 3 di Dan Flavin.

Con lo sport era stato più delicato: aveva cominciato affidando al pubblico, in veste di giudice, la valutazione delle prove degli sport di abilità, pattinaggio, ginnastica, tuffi, poi sostituito con giudizi le misurazioni di salti e lanci, mutuato dal golf il sistema degli handicap per tutti gli sport a punti, dove però l’handicap era attribuito a fine gara grazie ad apposite App. Stava aspettando a breve proposte da un comitato di esperti che stava lavorando sugli sport cronometrati.

Aveva poi fatto rivivere l’esperienza di Masterpiece per una scrittura partecipata dal pubblico di racconti e romanzi, per i saggi non c’era problema, nessuno li leggeva più, e aperto al pubblico la proclamazione
dei vincitori dei premi letterari. Il suo capolavoro era stato eliminare la necessità di leggere i testi in gara per poter votare.

Che cosa lo preoccupava dunque? Quella mattina Giacomo de’ Canti, il suo fedele segretario che aspirava a sostituirlo nella carica, gli aveva sussurrato all’orecchio, lontano dai microfoni la parola chiave che
indicava grane grosse in arrivo.

Guardafico si era infilato nel bagno dell’ufficio non appena l’aveva ritenuto innocuo agli occhi degli spettatori, in fondo andare in bagno non era ancora un segno di debolezza, e sebbene in bagno l’uso delle telecamere fosse assolutamente proibito, si era premurato di infilarsi le cuffiette del telefono simulando un improbabile balletto seduto sul water come stesse ascoltando una delle hit del momento mentre la voce sintetica gli leggeva il rapporto inquietante dei suoi servizi di informazione.

Riguardava i teatri. Non il teatro, quello era ormai rientrato nel novero dell’offerta di intrattenimento diffuso e di valutazione partecipata dagli spettattivattori. Proprio i teatri; i teatri come luoghi fisici. Nonostante le offerte di ingaggi, di sovvenzioni, di partecipazione ai più seguiti programmi, i teatranti si rifiutavano di accettare il buon senso comune e sfidavano il potere del DDT, il suo potere, continuando a costruire possibilità di incontro fisico con il pubblico. Nelle cantine, nei cortili, sulle spiagge, nei posti più improbabili, i teatranti c’erano. Si esibivano. In pubblico. Senza voto!

Ma la cosa più grave che il rapporto gli segnalava era che attorno a queste cosiddette Rappresentazioni Libere si stavano cominciando a notare gruppetti di persone, bambini ma anche adulti, che giocavano a nascondino. Ragazzi ma anche anziani che parlavano di libri letti per davvero, che li leggevano insieme perfino. Vecchie signore che sembravano uscite dai ricordi di sognatori nostalgici cucinavano piatti banali ma, dicevano, buoni, buoni davvero. Ragazzi si baciavano, di nascosto! C’erano pittori che trasportavano su cartoncini ad acquarello quelle scene indecenti. Sembrava che i teatri fossero al centro di una crescente rivolta.

Guardafico si alzò, gli occhi furiosi, dimenticando ogni necessità di simulazione a beneficio di eventuali telecamere abusive. E un imperativo ben chiaro in testa. Bisognava farla finita con i teatri! Prima che la gente cominciasse a voler pensare!

*ASSENTI, PRESENTI – Progetto di scrittura e drammaturgia partecipata con gli spettatori

Guarda il video https://vimeo.com/521344407

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