Calendario

Maggio 2023


18 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra


19 lug

Tourneè

Teatro Koreja in collaborazione con Potenziali Evocati Multimediali

X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

dj set a cura di Enrico Stefanelli

Frequenze naturali


20 lug

Emanuela Pisicchio ed Enrico Stefanelli

Ánemos Nóos

I nuovi scalzi/crest

La Ridiculosa commedia


21 lug

Roberto Latini

Paradiso Perduto

Gianluca De Rubertis (Il Genio)

Discorsi suonati su Paolo Conte


22 lug

Brigitte Cirla & Sébastien Béranger

Recettes Immorales

Brigitte Cirla & Sébastien Béranger

Recettes Immorales


23 lug

Carlotta Viscovo

Il corpo della Lotta

Gianni Blasi e Vincenzo Pentassuglia

Eco Liquido

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH


24 lug

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

Atalaya de Musicas

Resistencia Arbórea


25 lug

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

Teatro Koreja

Modugno, prima di Volare

Atalaya de Musicas

Suite Flamenca

immagine di copertina rassegna LA NUOVA ABITUDINE

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Societas/Compagnia Mòra/Claudia Castellucci

LA NUOVA ABITUDINE

foto LA NUOVA ABITUDINE

Entriamo da spettatori nell’humus delle regioni europee settentrionali; un humus rivolto a oriente; un humus russo. Ciò che avviciniamo è il canto Znamenny, un antico canto liturgico ortodosso, di impronta greca, che si fonde con la tradizione rurale della musica russa. In questo contesto ci situiamo concretamente, con la tecnica di una danza intuitiva; con una conoscenza corporale primitiva; con la tecnica di una assimilazione che vuole mantenersi spettatrice, con discrezione e riguardo. Una nuova Abitudine, un abito nuovo. Avremo riguardo di una musica che è entrata a far parte della vita concreta delle persone al punto da farsi liturgia. Soprattutto lo avremo nell’utilizzare questa musica come basamento di una danza che cammina e che impara il movimento dai moti del fumo e dagli assalti spirituali della notte.

Quando l’assalto contro le condizioni più alienanti dell’esistenza è condannato a essere vano nel luogo dove esse vigono, è decisivo fuoriuscire dalla loro sfera d’azione, dal momento che dal loro interno sono in grado di assorbire ogni opposizione. L’abbandono spaziale di simili luoghi è la ‘nuova abitudine’, che aspira a conferire alla propria esistenza lineamenti radicalmente mutati. Cambiare posto, andare in altri spazi, è questa anche l’ottica di un’atmosfera metafisica che orienta ora la nostra danza, cui partecipano anche alcuni Cantori del Coro di musicaAeterna di San Pietroburgo. Danzatori e Cantori abitano insieme sul palco, a coronamento di una lunga preparazione nel cuore di questa secolare tradizione corale dell’Europa Orientale.

La possibilità di collocare questa danza in una grande chiesa reca in sé un particolare valore. Innanzitutto la radice bizantina del canto Znamenny (знамёна, segni), che fiorisce in ambito slavo, fa parte di quello stesso fondamento che ha potuto concepire l’Europa come un’unità, tra Oriente e Occidente. Nella storia, inoltre, questo canto sutura l’Europa a Est, nel suo percorso che dal Mar Nero si spinge su, sino al Mar Baltico: Bulgaria, Ucraina e Russia sono le terre dove tuttora soffia il canto Znamenny, su cui la danza è stata costruita. Ora, questa storia profonda, conclusasi con la separazione netta, in ambito cristiano, tra due prospettive teologiche ed estetiche, riemerge in forma drammatica e attuale con un’altra gravissima divisione determinata dalla guerra della Russia contro l’Ucraina. La danza pone, come arte, e ripropone, come pratica, un linguaggio diverso sia dalle armi sia dalle parole, e agisce, come è suo solito, secondo il parametro della musica, la cui universalità in termini di conoscenza è qualcosa che appartiene alla psiche umana e non alla retorica. Rispetto al canto corale della tradizione ortodossa più nota, il canto Znamenny è rivestito di una semplice veste, assai lontana dalla pompa della liturgia slava. A causa del suo essenziale equilibrio esso appare modesto, dando a questo aggettivo tutto il suo significato originale, la cui radice è la stessa della parola ‘misura’. Ora, la collocazione di questa danza in una chiesa chiama in causa la coscienza del rapporto con la tradizione dei gesti liturgici: estremamente curati dal punto di vista estetico, ma altrettanto efficaci quale può dirsi un rito capace di realizzare una salvezza. Ora, accostare la danza alla liturgia, significa mantenere ben chiara questa distinzione, e indica la sola direzione possibile per una danza: la sequela di forme corali terse, euritmiche, all’unisono, e discrete, senza operare confusioni di rango. Danza e architettura, Oriente e Occidente, Passato e Presente saranno giudicati dagli archi euritmici di quell’opera umana che è l’edificazione di una chiesa, fatta per attraversare il tempo terreno.

La Compagnia Mòra (il nome è ispirato alla dicitura di Agostino nel suo De Musica, a indicare la più piccola pausa) ha soggiornato a San Pietroburgo, il principale Centro Studi dei Canti Znamenny, preso la sede di MusicAeterna, l’Orchestra diretta dal greco Teodor Currentzis, da lui invitata a costruire lì la danza, assieme a quattro Cantanti del suo prestigioso Coro. Lì vi restò un mese intero, nell’Ottobre del 2021, e si ebbe la prima esecuzione de La nuova Abitudine. Dopo lo scoppio della guerra non è stato più possibile proporre questa danza, sia per l’estrema difficoltà dei Cantanti di uscire dalla Russia, sia per il rifiuto generalizzato, che si incontra in molti teatri, nei confronti di qualsiasi artista e talvolta perfino di opere d’arte che siano di nazionalità russa.

Attualmente la danza è accompagnata dal Coro maschile bulgaro In Sacris di Sofia.


danza della Compagnia Mòra su Canti Znamenny della tradizione russa cantati dal vivo dal Coro In Sacris di Sofia, Bulgaria Coreografia Claudia Castellucc  co-produzione In Sacris Foundation Ph Andrea Macchia


© KOREJA soc. coop - Impresa Sociale
via GUIDO DORSO 48/50
73100 Lecce • Italia
+39 0832.242000
info@teatrokoreja.it
ctkoreja@pec.teatrokoreja.it
P.I. 01446600759

Seguici sui social

immagine di copertina rassegna STORIE D’ACQUA: MEDITAZIONE SUL CLIMA

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Gabriele Vacis/PEM

STORIE D’ACQUA: MEDITAZIONE SUL CLIMA

foto STORIE D’ACQUA: MEDITAZIONE SUL CLIMA

Il 15 maggio per l’Italia è scoccato l’Overshoot day per il 2022, il giorno nel quale l’umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta nell’intero anno. Nel 2020, complice la Pandemia, è stato il 20 agosto, nel 2020 il 29 luglio.

Che cosa resta quando non c’è più un dopo perché il dopo è già qui?

Generazioni di scienziati, mistici e scrittori hanno offerto in risposta le loro visioni di luce e tenebra. Ci hanno prospettato inferni d’acqua e di fuoco e aldilà celesti, fini irrevocabili e nuove nascite, ci hanno variamente affascinati o disgustati, rassicurati o atterriti.

MEDITAZIONE SUL CLIMA è una lecture show che affianca le risposte di scienziati, mistici e scrittori alle domande, paure e speranze della generazione che vive il cambiamento climatico come una battaglia mondiale da perseguire attraverso azioni quotidiane.

A partire da opere letterarie e testi scientifici, attraverso racconti e musica: Gabriele Vacis con alcuni attori della Compagnia Potenziali Evocati Multimediali, con le scenofonie di Roberto Tarasco accompagneranno il pubblico a riflettere sul tema.


Con Gabriele Vacis , Pietro Maccabei, Erica Nava, Scenofonia Roberto Tarasco  Ph Alain Battiloro

immagine di copertina rassegna PROMETEO

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Gabriele Vacis/PEM

PROMETEO

foto PROMETEO

La tragedia di Eschilo coglie il momento della punizione che Zeus infligge a Prometeo. Efesto, il dio del fuoco, incatena Prometeo alla rupe. Arrivano le Oceanine, che costituiscono il coro dell’opera. Le figlie di Oceano hanno pietà del titano incatenato alla rupe e vogliono conoscere la sua storia. Successivamente le raggiunge anche il padre, che si propone come mediatore tra lui e Zeus, ma Prometeo rifiuta. A questo punto fa irruzione Io, la bellissima vergine di cui si è invaghito Zeus ma Era, sua moglie, scoperto il tradimento del marito divino, si vendica sulla povera Io, trasformando metà del suo corpo in quello di una giovenca.
Io è condannata a vagare per il mondo afflitta dal morso di un tafano. Prometeo gli rivelerà il suo futuro: fra tredici generazioni partorirà un figlio che abbatterà la tirannide di Zeus e lo libererà. Questa profezia provocherà la visita di Ermes, il messaggero: Zeus pretende che gli sia rivelato il nome di colui che lo sottometterebbe. L’ultimo tentativo di pace cade nel vuoto e Prometeo viene sprofondato nel Tartaro.
Lo spettacolo comincia con un prologo tratto da Esiodo che racconta l’inizio di tutto, l’avvicendarsi delle generazioni. Prometeo appartiene alla generazione dei titani, che dà vita a Zeus e agli dei.

Ma quando la nuova generazione sfida la vecchia,Prometeo si schiera con i giovani, con Zeus. Anche grazie a lui gli dei hanno la meglio sui titani. Zeus, che riconosce il ruolo di Prometeo, gli affida il compito di creare l’uomo. Ma quando scopre che gli uomini assomigliano troppo agli stessi dei, vuole cancellarne l’esistenza. Prometeo li protegge donando loro il fuoco, cioè la tecnologia, la scienza. Quando Zeus scopre che il suo alleato gli ha rubato il fuoco per donarlo agli umani, si sente tradito e punisce Prometeo nel peggiore dei modi: lo spedisce ai confini del mondo, che per i Greci era il Caucaso, e lo fa incatenare a una rupe dove tutte le mattine un’aquila verrà a divorargli il fegato che ogni notte gli ricresce.
Prometeo nei secoli è stato il simbolo della ribellione, colui che abbandona i suoi perché non ne condivide i valori fondanti: la violenza e la sopraffazione. È quello che passa dalla parte della stirpe nuova, che crede nell’intelligenza e nell’astuzia.

Prometeo è anche il difficile rapporto tra le generazioni: lui sta con i giovani, ma quando i nuovi dei non lo comprendono si sente rinnegato. Prometeo, infatti, è il portatore della conoscenza tecnologica e scientifica, liberata dalle catene della superstizione e dell’ignoranza. Perché non c’è vera innovazione senza tradizione.


con Davide Antenucci, Andrea Caiazzo, Chiara Dello Iacovo, Pietro Maccabei, Eva MeskhiErica Nava, Enrica Rebaudo, Edoardo Roti, Letizia Russo, Lorenzo Tombesi, Gabriele Valchera scenografia Roberto Tarasco, regia Gabriele Vacis  

immagine di copertina rassegna ESSERE O NON ESSERE

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Teatro Koreja/ Babilonia Teatri

ESSERE O NON ESSERE

foto ESSERE O NON ESSERE

Essere o non essere racconta quattro piccole, semplici storie di ragazzi e ragazze che diventano esempi potenti ed emblemi delle infinite possibilità che ognuno contiene. Allo stesso tempo narra di quanto sia complesso essere liberamente se stessi.

Sono storie che ci fanno riflettere, commuovere e arrabbiare, storie che esprimono con parole ed immagini quanto sia necessario ascoltare e rispettare l’indole, il carattere, la sensibilità e l’unicità di ognuno.

Quattro enormi pance che aspettano un bambino gioiscono, litigano, si emozionano. Ci interrogano e ci fanno sorridere su quanto una gravidanza sia colorata fin dall’inizio di aspettative.

Un drone arriva sul palco da un altro pianeta per condividere l’idea che i mondi possibili sono molteplici e molteplici le angolazioni con cui possiamo guardare il mondo che abitiamo.

Ali luminose disegnano un arcobaleno e permettono ad ogni storia, ad ogni vita, ad ognuno di spiccare il volo.

Lo spettacolo procede per quadri: in scena due attrici e due attori danno vita a immagini, azioni e parole   che si inseguono e si rincorrono. I corpi degli attori divengono campo di gioco: si colorano, si vestono, si travestono, si scambiano di posto per dimostrare come ognuno di noi sia una serie infinita di sfumature di peculiarità, di possibilità e anche di contraddizioni. Non sempre e non tutto può essere ricondotto al bianco e al nero, molto spesso non possiamo e non vogliamo rinunciare al colore, ai colori, alle sfumature!


uno spettacolo di KOREJA
in collaborazione con Babilonia Teatri • di Valeria Raimondi e Enrico Castellani cura Valeria Raimondi
parole Enrico Castellani
con Carlo Durante, Barbara Petti, Enrico Stefanelli, Anđelka Vulić

immagine di copertina rassegna IL RONZIO DELLE VEDOVE

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Asfalto teatro /Aldo Augieri Simona Sansonetti

IL RONZIO DELLE VEDOVE

foto IL RONZIO DELLE VEDOVE

La finalità dello spettacolo che vede coinvolti alcuni degli utenti del Centro di Salute Mentale di Lecce,è proprio l’inclusione sociale di questi ultimi avvenuta grazie ad un casting che ha attirato all’interno della compagnia molte figure femminili tra cui attrici, cantanti e ballerine professioniste oltre che infermiere e casalinghe. A queste donne è stato chiesto di raccontare la loro storia d’amore più intensa e indimenticabile vissuta con un Don Giovanni.


scritto e diretto da Aldo  Augieri e Simona Sansonetti che lo interpretano insieme a Claudia Amoruso, Cinzia Aiuto, Silvia Bressan, Tommaso D’Amico, Rosa Linda D’Avenia, Ludovica Fallavena, Mafalda Greco, Raffaella Leone, Gabriella Luperto, Luisa Mancarella, Gabriella Margiotta, Eugenia Passeggi, Giuseppe Vergori scenografia di Daniele Sciolti. I costumi sono stati realizzati da Lilian Indraccolo. Il tecnico del suono è Vincenzo Procino.    

immagine di copertina rassegna CONFINI DISUMANI

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Equilibrio Dinamico Dance Company

CONFINI DISUMANI

foto CONFINI DISUMANI

“Noi siamo il rosso e il nero della terra, un oltremare di sandali sfondati, il polline e la polvere nel vento di stasera. Uno di noi, a nome di tutti, ha detto: “Non vi sbarazzerete di me. Va bene, muoio, ma in tre giorni resuscito e ritorno”.

Confini Disumani ispirato al testo ‘Solo Andata’ di E. De Luca è una preghiera fisica, una denuncia, un quadro nudo e svilito della nostra società odierna dove nazione e patria si sgretolano a causa della mancata umanità che il mondo subisce.

L’onestà dei corpi e il potente coinvolgimento drammaturgico fanno di ‘Confini Disumani’ un lavoro intenso e toccante che porta lo spettatore a riflettere e a tratti a sentirsi colpevole del mancato valore etico e morale dell’essere umano.

[…]I danzatori di Confini Disumani, guidati dalla coreografa Roberta Ferrara, hanno messo il pubblico di fronte ad una sfrontata e ripetuta frenesia, in cui anche il senso di appartenenza al proprio corpo viene meno. Da un quadro iniziale di gruppo, trii, assoli e duetti si susseguono a ritmi incalzanti in cui dramma, iperattività, senso di sradicamento da sé stessi vengono alla luce. Il problema attuale della nostra società è proprio la perdita del senso di appartenenza, l’essere migranti, profughi, privi di identità e quando queste condizioni arrivano a confini disumani allora scatta la follia, la frenesia continuativa. I danzatori, molto bravi e preparati tecnicamente, nonché dotati, sono stati molto incisivi in linea con tematica drammaturgica senza concedere nessun momento di pausa, riflessione o speranza:forse c’era bisogno di mostrare il limite per poi sperare in una reazione quasi di esigenza liberatoria da parte del pubblico.

Campa di danza – 4 febbraio 2016


Coreografie e Set Concept:
Roberta Ferrara

Disegno Luci: Roberto Colabufo

Costumi: Roberta Ferrara

Danzatori:

Claudia Vergari,

Anastasia Galati,

Davide Storto, Rocco  Vitulli,

Giuseppe Crognale,

Massimo Palumbo,

Lea My,

Aurora Profili,

Mattia Chiarelli

Produzione:

Equilibrio Dinamico

Con il sostegno di:

Teatro Koreja

Con il supporto delMinistero della Cultura

immagine di copertina rassegna VIRGINIA ALLO SPECCHIO

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Animalenta /Ilaria Cangialosi

VIRGINIA ALLO SPECCHIO

foto VIRGINIA ALLO SPECCHIO

Ispirato ad Orlando, una delle opere più d’avanguardia sulla fluidità di genere, scritta da V. Woolf nel 1928: “Cosa accade all’autrice mentre scrive Orlando? Cosa avviene in lei durante l’impulso creativo?


con Angela Iurilli e Rossana Cannone regia Ilaria Cangialosi

immagine di copertina rassegna ROBE DELL’ALTRO MONDO

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Carrozzeria Orfeo/Le Canaglie

ROBE DELL’ALTRO MONDO

foto ROBE DELL’ALTRO MONDO

In un mondo incrinato da una profonda crisi economica, sociale e umana, l’unica speranza di salvezza è rappresentata dagli Alieni, venuti sulla terra per aiutarci a risolvere i nostri problemi.

La contaminazione tra la drammaturgia originale dello spettacolo (per l’occasione completamente riadattata) e il linguaggio dell’illustrazione, permetteranno di sviluppare ed evocare i personaggi della storia spingendo il reale fino al paradosso del grottesco, per contaminare e confondere differenti piani narrativi. La costruzione, quindi, di un immaginario drammaturgico e di un insieme di atmosfere visive e musicali, che, pur non rinunciando alla volontà di raccontare il contemporaneo, proveranno
ad indagarlo e ad arricchirlo attraverso la fusione di mondi reali e mondi fantastici, con l’intento di rendere impercepibile il confine che li separa. La nuova versione di Robe dell’altro Mondo vedrà in scena Massimiliano Setti che “assemblerà” musiche elettroniche dal vivo e interpreterà i diversi personaggi della storia, insieme all’attore e musicista Sebastiano Bronzato; con loro anche Federico Bassi e Giacomo Trivellini, che disegneranno illustrazioni in diretta e daranno vita a sorprendenti animazioni, grazie ad una telecamera che catturerà le creazioni per proiettarle in diretta su uno schermo.


Uno spettacolo di CARROZZERIA ORFEO LE CANAGLIE Drammaturgia Gabriele Di Luca Regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti Con Federico Bassi Sebastiano Bronzato Massimiliano Setti Giacomo Trivellini Voci reporter Alessandro Tedeschi Valentina Picello Illustrazioni / Grafica / Animazioni Federico Bassi Giacomo Trivellini Musiche originali
Massimiliano Setti

immagine di copertina rassegna IN THE GUEST HOUSE

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Teatro Metropol/Tirana Folk Ensemble (Albania)

IN THE GUEST HOUSE

foto IN THE GUEST HOUSE

Il Tirana Folk Ensemble nasce nel 1978. Nasce da una lunga tradizione di folk ensemble ed è composto da un gruppo di giovani artisti che tengono viva, conservano e coltivano la musica popolare albanese, i canti e i balli tradizionali di ogni parte e regione dell’Albania .
Il Tirana Folk Ensemble è l’unica entità completa del suo genere nella regione e un importante bene culturale per la capitale. Il suo repertorio comprende un gruppo di ballo, una sezione strumentale e un registro di solisti e cantanti d’insieme. Musica, strumenti e costumi sono autentici dell’Albania. L’ensemble “Tirana” è vincitore di numerosi premi nazionali e internazionali. Questo ensemble tiene vari concerti a Tirana, ma partecipa anche a festival folcloristici nazionali e internazionali. Partecipa inoltre a tutte le attività artistiche organizzate sulla base del calendario artistico del Comune di Tirana e del Centro Culturale di Tirana.

a seguire

DJ Set Amor del Rey – musica balcania (Tirana)

immagine di copertina rassegna ANNA CAPPELLI<br>di Annibale Ruccello

Teatro dei luoghi >festival internazionale //

il passato è un paese straniero

2023

Renato Chiocca/Giada Prandi

ANNA CAPPELLI
di Annibale Ruccello

foto ANNA CAPPELLI<br>di Annibale Ruccello

Nell’ultimo lavoro drammaturgico di Annibale Ruccello, il monologo di una “deportata” della vita; una donna che prova, attraverso rinunce e compromessi, ad essere felice.

Latina, anni ’60. Trasferitasi da Orvieto per lavorare come impiegata comunale, Anna vive in affitto dalla signora Rosa Tavernini passando le sue giornate tra casa e lavoro, da sola. Le sue piccole certezze cominciano a crollare quando a casa suo padre vuole dare la sua camera a sua sorella Giuliana e quando, un giorno a lavoro, incontra Tonino, il ragionier Tonino Scarpa.

NOTE DI REGIA

Un testo, un’attrice e il teatro come spazio della mente. Ho sempre considerato questo testo di Ruccello un piccolo capolavoro contemporaneo per sintesi, poesia e complessità,   e quando finalmente Giada Prandi ha accettato la mia proposta di interpretarlo, la nostra Anna Cappelli ha cominciato a vivere, rivelandosi immediatamente per la sua universalità, fuori dal tempo.

Vive nell’Italia del boom, ma è vittima di un’implosione che la porta alla disperazione.

Come molti di noi oggi sovraesposti agli stimoli dei social network, della pubblicità e di modelli di vita esterni al nostro reale quotidiano, Anna ha una sovraesposizione mentale ed emotiva che contrasta con le sue capacità di elaborazione. E’ un’impiegata. La sua estrazione la costringe ad emigrare per lavoro, e dalla tradizionale Orvieto si muove a Latina, una città nuova (la nostra città, di Giada Prandi e mia) fondata dal Fascismo e allora priva di radici identitarie. Condivide quindi con molti di noi oggi uno stato d’animo di sradicamento. Si muove per lavoro con delle aspettative e dei desideri che non riuscirà a concretizzare e che faranno emergere in lei il suo lato più oscuro. Si attacca alla casa, all’amore, ma sprofonderà nell’abisso.

Nel nostro allestimento abbiamo cercato di entrare nella testa e nel corpo di Anna, per raccontarla in tutte le sue sfumature, nei suoi pensieri e nelle sue emozioni, stilizzandola ma andando oltre la maschera, mantenendo il palco come la scatola vuota che lei stessa vuole creare, teatro di un viaggio empatico e straniante nell’animo umano, che parte commedia e finisce in tragedia.


con Giada Prandi scene Massimo Palumbo  costumi Anna Coluccia  luci Gianluca Cappelletti  musiche Stefano Switala regia Renato Chiocca