Calendario

Ottobre 2025


17 dic

Sfera Editore /Teatro koreja

Forty.40 il libro dei mutamenti


18 dic

Cristina Kristal Rizzo/ Diana Anselmo

MONUMENTUM DA


19 dic

Sfera Editore /Teatro koreja

Forty.40 il libro dei mutamenti


20 dic

Federica Rosellini

IVAN E I CANI


21 dic

Teatro Koreja in collaborazione con Babilonia Teatri

ESSERE O NON ESSERE

immagine di copertina rassegna IVAN E I CANI

Strade Maestre 25_26 //

...affinché tu ti meravigli

2025_2026

Federica Rosellini

IVAN E I CANI

foto IVAN E I CANI

Una fiaba nera di solitudine e violenza, ma anche un grande e inatteso amore. Ivan racconta una storia successa quando aveva quattro anni. La racconta come fosse una fiaba dei fratelli Grimm. È una storia vera, invece, accaduta ad un bambino nella Russia degli anni Novanta, la Russia poverissima di Boris Eltsin.

La gente era così povera, racconta Ivan, che i padri e le madri cominciarono a sbarazzarsi di quello che nelle case mangiava, beveva e aveva bisogno di cure. I primi a essere abbandonati furono i cani. La madre di Ivan ha un uomo che la picchia quando si riempie di vodka fino agli occhi. Ivan è un incomodo, quest’uomo vorrebbe che se ne andasse e un giorno Ivan lo fa. Indossa un cappotto pesante, i guanti di lana, si mette in tasca due pacchetti di patatine ed esce per le strade di Mosca. Trovare un posto dove dormire è difficile. Fa freddo, la gente che gira sembra ti voglia sbranare. Nessuno fa più l’elemosina, non c’è più spazio per la pietà. Comincia un’odissea che si concluderebbe presto con la morte, se Ivan non incontrasse delle creature buone, anime affini che lo accolgono tra loro e gli regalano la sopravvivenza ogni giorno. Una muta di cani randagi. Ma è solo l’inizio della storia.

Hattie Naylor è una drammaturga inglese, co-fondatrice della compagnia Gallivant. Ivan e i cani, candidato all’Olivier Award nella categoria Outstanding Achievement, è stato rappresentato in Inghilterra, Olanda, Belgio, Stati Uniti, Georgia, Grecia e Brasile. 

Federica Rosellini, musicista e performer, sola sul palco con la sua strumentazione elettronica, dice e compone, contemporaneamente, mescida la voce della propria madre registrata in russo con melodie, nenie e pulsazioni ritmiche, traccia con le dita la partitura sonora nella quale si perde con le parole e con il corpo. 

Fa di “Ivan e i cani” un “a solo” dolce e disperato; uno spettacolo sporco, solitario, tenerissimo; un canto d’anima intimo, personale, ma capace di raccontare, inaspettatamente, l’infanzia di tutti noi.


testo Hattie Naylor; traduzione Monica Capuani; voce registrata in russo Laura Pasut Rosellini; light design Simona Gallo; scenografia Paola Villani; costumi Simona D’Amico; aiuto regia Elvira Berarducci;  performer, sound design e regia Federica Rosellini


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immagine di copertina rassegna ALTRI LIBERTINI di Pier Vittorio Tondelli

Strade Maestre 25_26 //

...affinché tu ti meravigli

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Licia Lanera/Albe, Ravenna Teatro

ALTRI LIBERTINI di Pier Vittorio Tondelli

foto ALTRI LIBERTINI di Pier Vittorio Tondelli

Pubblicata per la prima volta nel 1980 da Feltrinelli, Altri libertini è l’opera prima di Tondelli. Poco dopo la sua pubblicazione, il testo fu sequestrato per oscenità; l’autore fu processato e, in seguito, assolto. Dei sei racconti che compongono il romanzo, Licia Lanera intreccia con rigore ed efficacia teatrale Viaggio, Altri libertini e Autobahn, creando un unico racconto

NOTE DI REGIA

“Perché ho scelto Altri libertini?
Al di là del piacere puramente letterario nell’affrontare questi personaggi con la loro lingua meticciata e regressiva, e quello teatrale di occuparmi di personaggi in tumulto, ci doveva essere dell’altro; qualcosa di più profondo che avesse a che fare con me, con la mia vita, con i miei quarant’anni, con le mie origini.
Questo qualcosa che oggi provo a definire, si è rispecchiato un giorno, come un’epifania, in quelle parole tondelliane e ha deciso di appropriarsene.

Innanzitutto un aspetto politico: due saggi di Paolo Morando ’78-’79 Dancing days e ’80 , che raccontano gli avvenimenti degli anni titolati, insieme ad una ricerca video (molto importante è stato il documentario di Comencini L’amore in Italia) mi hanno messa in relazione con la parola ‘reflusso’ (o riflusso a seconda delle fonti), cioè il momento esatto in cui è cominciato quel processo in cui la politica perde terreno, il capitalismo avanza e la cosa pubblica viene sostituita dal privato.

Questo processo è arrivato dritto fino a noi e ci pone davanti a due macro temi: la fine dell’ideologia e la presenza totalizzante del privato nelle narrazioni contemporanee.
Ed è questo processo che condanno, che soffro ma di cui sono totalmente parte, in cui soccombe anche la mia di narrazione, dai social al teatro.

Che cos’è questo punto di non ritorno?
Che cos’ero io?
Che cosa mia madre? Quel suo sguardo ritrovato in alcune descrizioni pasoliniane, quanto può assomigliare al mio?
Come guardo i giovani oggi? Quello spirito reazionario da giovane scapestrata degli anni 90 quanto mi fa puntare l’indice con giudizio e a volte disprezzo per le nuove generazioni e la loro ‘assenza di un corpo’.
Come sono invecchiata? Sono invecchiata?

Io e i miei compagni di viaggio ci siamo messi addosso l’etichetta di altri libertini, vitelloni nati nel secolo scorso, senza figli, animali notturni, poca grazia nel nostro stare al mondo, bestie solitarie terrorizzati dalla solitudine, incapaci di essere genitori, condannati ad essere eternamente figli, figli dai capelli bianchi, figli coi drink in mano e la droga nel portafogli da usare rigorosamente in occasioni speciali.
Dunque questo spettacolo mette in scena Altri libertini, ma fugge dalla rappresentazione continuamente, gli attori si appropriano (anche grazie ad un periodo di prove che dura un anno) di quelle parole e alla fine Pier Vittorio Tondelli non esiste più se non nei corpi nella carne negli sputi degli attori, nelle loro biografie.
Io, con il mio corpo in scena, sono lì ‘in borghese’ a combattere questa personale guerra alla rappresentazione, sono lì a confondere, sono lì a ricordare continuamente allo spettatore che siamo in un teatro a rievocare i morti attraverso il corpo dei vivi. Siamo qui a memento della storia. Siamo qui a raccontare le miserie di una generazione che si perpetua sempre uguale da almeno quarant’anni.”

Licia Lanera


di Pier Vittorio Tondelli; adattamento e regia Licia Lanera; con Giandomenico Cupaiuolo, Danilo Giuva, Licia Lanera, Roberto Magnani

immagine di copertina rassegna L’IMPUTATO NON È COLPEVOLE

Strade Maestre 25_26 //

...affinché tu ti meravigli

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Compagnia Giardino Chiuso

L’IMPUTATO NON È COLPEVOLE

foto L’IMPUTATO NON È COLPEVOLE

Lo spettacolo ricostruisce il processo del 1921 a Berlino contro Soghomon Tehlirian, che assassinò e fu poi assolto, Talaat Pascià, già Ministro degli Interni responsabile del genocidio armeno. Una riflessione necessaria, che racconta il bisogno di interrogarsi, di ascoltare le voci della storia e di confrontarsi con le proprie domande più intime.

Rassegna Stampa Imputato pres_21

“…la parola fedele alla sua vita reale, liberamente tratto dagli atti del processo Talaat Pascià in cui fu assolto l’assassino, nel 1921, di Talaat Lascia, ministro turco e responsabile del genocidio degli Armeni. Ammazzato per mano di un giovane studente, dichiarato non colpevole. La sala ricreata in un’aula di tribunale; gli spettatori disposti come dei giurati, nel corridoio tra un attore e un altro, giudice e imputato, nel canale vocale della recitazione. L’assetto dello sguardo dislocato riproduce una diversa attenzione all’ascolto, caratterizzata da un dinamismo coinvolgente l’intero apparato teatrale (pubblico e scena), ché la parola perda teatralità, aderisca alla ragione, poco mediata dall’immaginifico.”

Emilio Nigro – PERSINSALA luglio 2019

“L’imputato non è colpevole è ispirato agli atti del processo a carico di un giovane armeno Soghomon Tehliran accusato (è lui stesso reo confesso) di aver ucciso a Berlino nel ‘21 l ‘ex ministro degli interni turco, responsabile del genocidio degli armeni e rifugiato in Germania, paese che all’epoca sostenne la Turchia. Testo interessante e documento di importanza storica che testimonia la crudeltà subita dal popolo armeno, scarno e drammatico. La messa in scena mantiene l’essenzialità del testo. Due attori, seduti, il giudice e l’imputato, l’uno davanti all’altro, a distanza. Il pubblico seduto ai due lati della stanza come ad assistere a un vero processo. Una recitazione senza fronzoli, compatta e a momenti implosiva.”

Francesca Stampone – MEGLIO MENO, luglio 2019

“Il teatro deve sempre raccontare qualcosa, comunicare. Solo così può assolvere alla sua funzione di cambiamento e crescita. Il merito di questo spettacolo è aver scelto un racconto potente, poco conosciuto eppure esemplare. Dentro il Mistero del Novecento: l’uomo omicida di se stesso con qualità industriale. Dentro le mille sfaccettature del concetto di giustizia. Dentro la Storia (non fa mai male…). Dentro la dignità di un popolo, quello armeno, cui dobbiamo memoria. Dentro il viaggio come ricerca – novello Ulisse, non per tornare ma per avere l’illusione di sanare l’insanabile tra erbe velenose e gente straniera. Dentro lo sconvolgimento dell’uomo solo con i propri ricordi, i propri fantasmi – la madre a muovere come nel tradimento a Radames, larva degli incubi a chiamare i figli ad essere all’altezza del proprio popolo, delle proprie radici. Drammaturgia asciutta ed implacabile. Regia che inchioda alla sedia, fa pensare e costringe a scambi di tennis volutamente inquietanti. Atti di tribunale come macigni.”

N. G. 06/07/2019

Imputato pres_21

Francesca Joppolo | Wall Street International Magazine

https://wsimag.com/it/spettacoli/65177-armenia-limputato-non-e-colpevole


Nuovo allestimento 2025 – Prima Nazionale messa in scena Tuccio Guicciardini, Patrizia de Bari
riduzione teatrale Tuccio Guicciardini
interpreti Michele Andrei, Matteo Nigi
voci off Igor Horvat, Alessio Martinoli
costumi Marilù Sasso
consulenza storico documentaristica Fulvio Cortese
consulenza per la lingua armena Elen Adamyan
foto Francesca Di Giuseppe, Sofia Giuntini
produzione Compagnia Giardino Chiuso, Fondazione Fabbrica Europa
con il contributo di MiC Ministero della cultura, Regione Toscana, Comune di San Gimignano_Assessorato
alla Cultura
con il patrocinio di Ambasciata della Repubblica di Armenia in Italia e Unione degli Armeni d’Italia

immagine di copertina rassegna LO SPETTATORE CONDANNATO A MORTE

Strade Maestre 25_26 //

...affinché tu ti meravigli

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Ama Factory

LO SPETTATORE CONDANNATO A MORTE

foto LO SPETTATORE CONDANNATO A MORTE

Un’esilarante parodia della giustizia in cui intravedere il funzionamento delle dittature presenti e passate, nonché i loro avatar nelle nostre “democrazie” contemporanee. Uno spettacolo “partecipato” con quattro attori professionisti e alcune cittadine e cittadini, che di volta in volta, si alterneranno nell’interpretare la parte dei testimoni in questo assurdo e interessante “processo”.


di Matei Visniec; regia Beppe Rosso; con Lorenzo Bartoli, Francesco Gargiulo, Andrea Triaca, Angelo Tronca e con alcuni cittadini nel ruolo dei testimoni

immagine di copertina rassegna CARI SPETTATORI

Strade Maestre 25_26 //

...affinché tu ti meravigli

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Danio Manfredini/Sardegna teatro

CARI SPETTATORI

foto CARI SPETTATORI

Tra lamentele, ironia, slanci visionari e disincanto, Arturo e Gino, due ex pazienti psichiatrici che condividono un appartamento della Caritas, attraversano i giorni evocando memorie della realtà da cui provengono. Un atto d’amore e memoria firmato da Danio Manfredini

Note
Nel 1997 un paziente della comunità psichiatrica, si propose di dettarmi un copione diviso in più tempi teatrali.
Cominciò a lanciare in aria frasi, argomenti, pensieri, premonizioni, predicazioni, invocazioni.
Per almeno un mese, l’ho seguito con un block notes in cucina, nell’androne, nel giardino, cercando di fissare su carta il suo flusso di coscienza.

Nel 2010 un altro paziente con aspirazioni di regista cinematografico, mi diede una serie di dvd che riprendevano diversi momenti di vita in comunità: una festa di natale, una cena nel giardino, il cortometraggio da lui realizzato, “il treno delle stelle”, mi disse: li consegno a lei, forse un giorno ne farà qualcosa.

Il più giovane della comunità, che si addentrava in discorsi filosofici sull’uomo, sulla condizione del paziente psichiatrico, sull’andamento del mondo, mi ha lasciato discorsi esaltati, infervorati, rabbiosi, malinconici, carichi dell’ inquietudindi chi sente di avere un potenziale e non comprende come esprimerlo.

Per quasi trent’anni questo materiale è rimasto nel cassetto.
Con CARI SPETTATORI, ringrazio ancora coloro che sono stati per me un’ispirazione per il teatro e la vita
.

Danio Manfredini


regia, scene, costumi, testo e banda sonora  Danio Manfredini; con Vincenzo Del Prete e Giuseppe Semeraro

immagine di copertina rassegna BRUTTEZZA

Teatro dei luoghi festival internazionale 2025 // incontro

Senza ferire il mondo

2025

Moshtari Hilal

BRUTTEZZA

foto BRUTTEZZA

Festival Conversazioni sul futuro, Associazione Diffondiamo idee di valore

In questo saggio dirompente e suggestivo, l’artista tedesca di origine afghana Moshtari Hilal prosegue in forma scritta – ma anche attraverso disegni, fotografie e stranianti autoritratti – la sua indagine sugli aspetti sociali e politici delle categorie estetiche. Secondo Hilal, infatti, la “bruttezza” è un fatto sociale, politico, persino economico, indissolubilmente legato alla “razzializzazione” degli individui.

Presentazione a cura di Margherita Macrì, editor e insegnante

immagine di copertina rassegna Bambu 2025> serata di danza e teatro contemporanei dal continente africano

Teatro dei luoghi festival internazionale 2025 // Danza

Senza ferire il mondo

2025

Aldes

Bambu 2025> serata di danza e teatro contemporanei dal continente africano

foto Bambu 2025> serata di danza e teatro contemporanei dal continente africano

Il progetto ideato da Roberto Castello e ispirato al pensiero di Ngugi Wa Thiong’o, propone tre assoli di danza contemporanea firmati da artisti africani. Un ponte che promuove lo sviluppo delle relazioni culturali con l ’Africa su basi di vero e concreto reciproco rispetto, offrendo al pubblico l’occasione di incontrare anche il pensiero di artisti che creano le loro opere in contesti culturali e sociali profondamente diversi da quelli europei.

•⁠ ⁠J ul ie L arisoa ( M ad agascar )
UN VOYAGE AUT OUR DE MON NOMBRIL
L’assolo esplora il tema della solitudine e dell’isolamento, usando l’isola come metafora della condizione umana. Su un palco segnato da barchette di carta, simbolo delle migrazioni, un corpo immobile si anima progressivamente fino a esplodere in movimenti intensi. Tra danza e musica, si alternano frenesia e sospensione, in un dialogo costante tra speranza e disillusione.

•⁠ ⁠Aziz Zo und i ( Burk in a Faso)
C HUT E PE RPE T UE L LE

In Burkina Faso, intraprendere la strada dell’arte è complesso, ancor più quando la famiglia si oppone. La performance mette in scena la fragilità delle scelte di vita e il peso delle loro conseguenze: il lavoro diventa gesto di memoria e cura, testimonianza viva di una ferita che si fa linguaggio espressivo.

•⁠ ⁠Humphrey M aleka ( Sud af r ica )
NAKA T ŠA GO RWE ŠWA

L’assolo parte dalla parola scoperta: le scoperte fatte dagli stranieri in Africa e dalla violenza simbolica e concreta con cui, dopo tali scoperte, venivano imposti nuovi nomi a persone, luoghi e oggetti. Nomi che intendevano cancellare storie, significati, identità.

idea Roberto Castello; produzione esecutiva ALDES; coordinamento organizzativo Kyra Castello; distribuzione Beatrice Tani; comunicazione Alessandra Moretti


idea Roberto Castello; produzione esecutiva ALDES; coordinamento organizzativo Kyra Castello; distribuzione Beatrice Tani; comunicazione Alessandra Moretti

immagine di copertina rassegna Trans

Teatro dei luoghi festival internazionale 2025 // Danza

Senza ferire il mondo

2025

Annamaria De Filippi /Compagnia Elektra

Trans

foto Trans

Trans è un caleidoscopio irriverente che narra di chi rifiuta l’ordinarietà dei costumi e di chi, andando oltre, cerca di scoprirsi diverso o, forse, semplicemente di conoscersi. Questo attraversamento non investe solo chi percorre un viaggio di trasmutazione interiore, ma tutta quell’umanità disorientata e angosciata che si snatura passivamente sotto le deformità della tecnica e del progresso, che si crede ancora libera e risulta, invece, solo misera e consumata.


regia e coreografia Annamaria De Filippi; Compagnia Elektra con Mariliana Bergamo, Francesca Nuzzo, Francesca Sansò, Martina Nuzzo, Gaia Quarta, Gianluca Rollo; drammaturgia Gabriele Spina; Scenografia Piero Andrea Pati; costumi Alessandra Strano; musiche originali e suono Emanuele Perrone, Gabriele Spi

immagine di copertina rassegna Figura Figura

Teatro dei luoghi festival internazionale 2025 // Danza

Senza ferire il mondo

2025

Paola Bedoni /Compagnia Xe

Figura Figura

foto Figura Figura

“Ho perforato e scalpellato. Ho usato la punta come una trivella. Mille e mille segni a rendere nera di colpi di matita la faccia che rappresento e percuoto, che non posso più arrivare a vedere, copiata, cancellata, ricopiata, rifatta, innumerevoli volte per innumerevoli anni…” – Alberto Giacometti –

l segno grafico indaga e traccia figure alla disperata ricerca della verità. Come può l’atto pittorico trovare spazio nel corpo, nel gesto e nella presenza? Due corpi in scena raccontano lo sforzo e la ricerca dell’annerire, del tracciare, del cancellare. Disossano, rimpiccioliscono, fanno emergere e raggiungono il reale. Un tentativo di raggiungere e fissare sul corpo quello che sono, che siamo.


coreografia Paola Bedoni; interpretazione Paola Bedoni, Marcello Malchiodi; consulenza musicale Emanuele De Checchi; consulenza costumi Nunzia Lazzaro e Fabiola Soldano; musiche Olivier Messiaen, Alfred Schnittke, Maurice Ravel, Georges Aperghis; produzione Compagnia Xe  

immagine di copertina rassegna Butchers

Teatro dei luoghi festival internazionale 2025 // AnteprimaDanza

Senza ferire il mondo

2025

Gloria Dorliguzzo

Butchers

foto Butchers

“Butchers” e` una performance che nasce dalla scoperta casuale di un’etimologia, quella della danza popolare greca Hasapikos– tuttora diffusa e praticata – che letteralmente significa danza dei macellai. ”Butchers” vuole tentare di affondare radicalmente in questa etimologia che affida la danza ritmica ai macellai. Sottraendo ogni oggetto della pratica e ogni immagine dell’oggetto del taglio, cioè della carne, il lavoro intende concentrarsi su corpi che portano i segni di una pratica corporativa facendoli diventare esecutori della danza.

In un saggio breve ma dimenticato dagli studi accademici e tradizionali, il grecista e filologo Jesper Svenbro, ha analizzato le analogie tra il lessico della metrica nella poesia e i termini inerenti al campo semantico della macelleria sacrificale. Il ‘taglio’ è ciò che accomuna il gesto del sacerdote che fa a pezzi il corpo dell’animale sacrificato e il gesto del poeta che letteralmente fa a pezzi il corpo della parola per farne poesia: dunque secondo questa ipotesi la metrica in poesia ha un’origine organica e sacrificale e la sua scansione è ciò che nella trama del corpo del testo genera il ritmo.

“Butchers”vuole mettersi sulle tracce organiche di una pratica rituale e cercare nella pratica attuale del taglio della carne quel gesto remotissimo, riportando la danza ai macellai stessi, come nell’etimologia di Hasapikos, e cercando ciò che resta di quel gesto rituale.

Ciò che è inconsapevole per i macellai, perché interiorizzato nell`abitudine della pratica quotidiana, nel momento in cui si astrae prende maggiore coscienza e diventa materiale coreografico.

L’obiettivo di Butchers è infatti quello di estrarre e astrarre i gesti dalla pratica in sé isolandoli e enfatizzandone ritmo ed efficacia.

In questo progetto, la ricerca ritmica e timbrica si concentra maggiormente sulla materia del gesto e sulla ricerca in corpi già abitati e impressi da una pratica concreta come il taglio della carne e la macellazione. L’obiettivo è quello di estrarre e astrarre il gesto della pratica stessa e isolarlo per enfatizzarne il ritmo e l’efficacia come gesto.
Il performer si relaziona con un “fantasma”. Quanto cambia il ritmo e l’intensità di questo gesto nella sua ripetizione? E quanto è trasmissibile nel momento in cui viene codificato? Ciò che è inconscio perché interiorizzato nell’abitudine della pratica, nel momento in cui viene astratto, diventa più consapevole e diventa materiale coreografico.


concept, regia e cura dei movimenti: Gloria Dorliguzzo macellai: Asella Gilmore e Marco Piccinno maestro di Hasapikos: Antonis Papazoglou musica: Manfredi Clemente disegno luci: Isabela Giuntini drammaturgia: Lucia Amara maschere: Plastikart produzione INDEX con il supporto di MiC – Ministero della Cultura