Calendario

Ottobre 2022


09 lug

Tourneè


17 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

Teatro Koreja

Come amore Canta


18 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra


19 lug

Tourneè

Teatro Koreja in collaborazione con Potenziali Evocati Multimediali

X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

dj set a cura di Enrico Stefanelli

Frequenze naturali


20 lug

Emanuela Pisicchio ed Enrico Stefanelli

Ánemos Nóos

I nuovi scalzi/crest

La Ridiculosa commedia


21 lug

Roberto Latini

Paradiso Perduto

Gianluca De Rubertis (Il Genio)

Discorsi suonati su Paolo Conte


22 lug

Brigitte Cirla & Sébastien Béranger

Recettes Immorales

Brigitte Cirla & Sébastien Béranger

Recettes Immorales


23 lug

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

Carlotta Viscovo

Il corpo della Lotta

Gianni Blasi e Vincenzo Pentassuglia

Eco Liquido


24 lug

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

Atalaya de Musicas

Resistencia Arbórea


25 lug

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

Teatro Koreja

Modugno, prima di Volare

Atalaya de Musicas

Suite Flamenca

immagine di copertina Hijab

Hijab

Visioni
di Gigi Mangia

Il Rifiuto di indossare il velo lo Hijab non è solo un atto di ribellione è di più, è l’inizio di una rivoluzione

Nell’intero Iran le donne si spogliano degli “hijab” dando fuoco ai veli e si tagliano i capelli in segno di protesta contro il regime che reprime le loro libertà. La protesta è iniziata con la morte della giovane Masha Amini ed è proseguita con la morte della giovane liceale Asra Panahi, uccisa dalle mani della polizia morale per essersi rifiutata di cantare l’inno nazionale e per arrivare all’anziana donna (di 80 anni) Gohar Eshghi, la quale si è spogliata del velo, mostrando la foto del figlio ucciso dal regime. Il Kurdistan iraniano è stato il primo terreno di scontro delle giovani donne. Le proteste contro il velo hanno superato presto i confini della regione: dalla provincia del Gilan, a quello di Yazd , per arrivare alla capitale Teheran. Così è cresciuto il conflitto fra le donne e la polizia. Le scuole e le università sono diventate luoghi di duri scontri, ma le donne non sono state lasciate sole nella lotta, a loro infatti si sono uniti i giovani e le donne anziane.

A questa lotta si sono uniti gli artisti, i poeti, la musica e il teatro. La lotta contro il velo ha unito più generazioni ed è diventato un movimento internazionale. Il corpo delle donne è al centro della protesta che prende forma per le strade dell’Iran e si arriva poi nei canali social. I falò del velo illuminano le notti dell’Iran ed indicano con forza il diritto delle donne del proprio corpo, il quale non è nella disposizione dei maschi, dello stato, della religione: è della donna. Le donne bruciano il velo e lo sventolano nel vento come se fosse la bandiera della libertà del loro corpo. Il corpo, infatti, è vita e libertà. La ribellione contro il velo, iniziata con la morte di Masha Amini, si carica di significato politico e coinvolge tutte le donne dell’ Islam e vede la partecipazione di molte generazioni di donne, per questo forse è il tempo di parlare dell’inizio di una rivoluzione contro un assurdo costume medioevale che nega alle donne di essere libere di vivere il proprio corpo. Le rivoluzioni non si affermano con le guerre e le armi, ma con le lotte delle classi sociali che contestano e non riconoscono il potere. Coi falò del velo delle giovani donne iraniane la festa dell’8 Marzo del ‘900 cambia significato, non è più quella del lavoro ma quella del diritto di avere rispetto del corpo, del ruolo e soprattutto delle donne, a vivere la vita con il viso scoperto e con gli occhi per vedere e godere del paesaggio del mondo.

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17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina Mahsa Amini

Mahsa Amini

Visioni
di Gigi Mangia

Per il governo iraniano la giovane Mahsa Amini è morta perchè aveva un tumore. È una notizia falsa, incivile, assurda che oltre a negare le responsabilità offende la verità di cui l’Iran ha paura. Mahsa Amini è morta perchè è stata massacrata di botte. La sua morte ha acceso la rivoluzione delle giovani donne infatti in Iran sono in mobilitazione i licei, le università per lottare per i diritti fondamentali che l’Iran non vuole riconoscere alle donne. Questa lotta assume un grande valore politico e culturale perchè chiarisce il principio che il corpo delle donne è delle donne e non è della religione, dei maschi, dei tiranni. La morte di tante donne e giovani non sarà inutile perchè è nato finalmente un movimento che afferma il principio del diritto di vivere la vita libera senza essere costrette a subire la schiavitù, l’emarginazione, l’annullamento della persona.

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17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

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Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina Il Palazzo litiga, l’Italia prega

Il Palazzo litiga, l’Italia prega

Visioni
di Gigi Mangia

Mentre nel Palazzo i partiti litigano e si fanno guerra rispetto alla crisi causata dalla sfiducia al Decreto Aiuti dei grillini, l’Italia e tutta la società civile, pregano affinché Mario Draghi ritiri le dimissioni per continuare a governare l’Italia. Il 15 luglio, quando la Senatrice Castellone capogruppo al Senato dei grillini, ha dichiarato la sfiducia a Draghi, tutti i senatori grillini hanno applaudito, hanno battuto la mani e si sono abbracciati, sembrava come se si fossero librati da un incubo. Tornava negli slogan conosciuti il populismo. Anche nel Centro Destra c’è disorientamento e incertezza.

Matteo Salvini si preoccupa di marcare la Meloni per evitare che Fratelli d’Italia capitalizzi la sfiducia e l’incredulità popolare della crisi causata dai grillini. Tutta l’Italia, al contrario, fuori dal palazzo della politica, prega e sono tanti gli appelli rivolti a Mario Draghi perché rimanga al Governo. Sono i Sindaci e i Presidenti di Regione, che conoscono bene le conseguenze della crisi rispetto ai soldi del PNRR dei progetti già in essere che si perderebbero. Sono anche i sindacati, compreso Maurizio Landini della CGL e il mondo delle imprese Carlo Bonomi, a fare pressione su Draghi. Sono le capitali d’Europa e le diplomazie d’oltre America ad invitare Draghi a restare a Palazzo Chigi perché la sua figura non serve solo all’Italia, ma all’Europa e al Mondo.

È il settore della cultura, sono i direttori dei musei e dei teatri, delle orchestre e delle accademie, a fare pressione affinché il Presidente Draghi ritiri le sue dimissioni. È il momento difficile, fatto dalla crisi energetica, dalla pandemia, dall’inflazione che colpisce le fasce sociali deboli ed infine della guerra della Russia contro l’Ucraina, che impongono a Draghi di ripensare e fare un passo indietro. Le quattro righe delle dimissioni di Mario Draghi sono chiare e scritte con parole trasparenti, manca però una parola che lascia aperta una finestra al ripensamento ed è quella di “IRREVOCABILI”, quindi Draghi ritirando le dimissioni, non tradisce la parola data e non perde la faccia. Il mio invito al Presidente Draghi è quello di ripensare, orientando il suo pensiero e le sue decisioni nell’orizzonte degli insegnamenti che ha avuto da Federico Caffè, quando era studente universitario. Federico Caffè nelle sue lezioni e con i suoi libri ci ha insegnato che: lo Stato non deve mai lasciare soli i cittadini, in particolare quelli deboli che devono lottare per avere lavoro, tutela della salute e istruzione.”

La responsabilità e la soluzione della crisi è nelle mani di Mario Draghi, che saprà essere responsabile dimostrando tutta la sua capacità di essere un grande Statista per l’Italia e per l’Europa.

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17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

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Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina Pensare verde, vivere la città felice.

Pensare verde, vivere la città felice.

per l'apertura del CTK Alzheimer Cafè

Visioni
di Gigi Mangia

La bellezza guarisce la mente e la libera dall’alzheimer, che non è una disabilità ma una condizione umana che interroga la città coinvolge la società, pone il problema dell’integrazione.

Il tempo è fatto dagli anni, che passano, ma gli anni passando tolgono all’uomo il mondo dalle loro mani. Il corpo si fa sempre più vuoto. I sentimenti perdono i colori, la memoria non trova più i profumi, perché sono dimenticati. La solitudine diventa vita inutile e l’emarginazione la stanza della vita senza bellezza. I ricordi non hanno più la grammatica dei sentimenti. La solitudine è la strada della fragilità, dove dimenticare anche di aver amato. Non si puó amare senza conoscere. La bellezza aiuta a conoscere, apre gli occhi, ritrova i volti, ricorda i luoghi, la mente vive del pensiero verde e dalla finestra entra il sole e l’aria del respiro imparato negli anni vissuti. L’origano e il rosmarino, il basilico e la menta, il timo e la salvia, sono sapori e profumi, sono la storia di compagnia nel piatto, sono ricordi di vita sociale.

L’alzheimer si combatte con la socialità, si vince con la bellezza della natura da cui veniamo ma ci siamo persi e ci siamo allontanati. La lontananza è la nostalgia di un fiore dimenticato.
La fragilità non è una una disabilità ma una condizione umana dell’uomo invecchiato che interroga la città e coinvolge la società impegnandola nell’integrazione. Il teatro Koreja sente questo impegno e cerca di rispondere combattendo la solitudine proponendo la cultura come cura della fragilità.

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17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

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Il suono della caduta

18 lug

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Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina Il salone internazionale del libro: “Cuore selvaggio”

Il salone internazionale del libro: “Cuore selvaggio”

Visioni
di Gigi Mangia

C’è il cuore di Alessandro Leograndre con il teatro Koreja.
Alessandro Leogrande è stato un intellettuale col cuore selvaggio perchè nei suoi libri ha saputo raccontare la vita in lotta degli esclusi, delle persone che vivono solo perchè il loro cuore è selvaggio. Alessandro Leogrande è stato l’intellettuale di una narrazione che ha saputo rispettare le parole perchè sapeva ascoltare e sentire. Rimane per noi la sua ricerca nella rivista “Lo straniero”, la sua indagine sul caporalato, la sua visione della frontiera, infine la sua lezione sull’affondamento della Kater I Rades nel canale d’Otranto, dove più di ottanta albanesi trovarono la morte annegando nelle acque nel mare che divide le due sponde. Alessandro Leogrande fu un narratore particolare di quel naufragio, perchè ebbe la capacitá di mettere in evidenza l’affondamento della nave, che non fu causato dalle forze del mare, ma dalla vedetta sibilla dello stato italiano. La responsabilità infatti fu quella del governo che per evitare agli albanesi il raggiungimento dell’Italia, non ebbe pudore nell’affondarla. È questa una macchia che pesa sulla politica ed in particolare sul governo dell’Italia, il paese che fa dell’accoglienza un’ideologia e non invece un progetto di integrazione.
Alessandro Leogrande è stato un maestro della parola e dell’ascolto, per questo era amato ed apprezzato ed è anche per questo che è ancora una voce viva nel teatro. Per Koreja portare al salone internazionale del libro Leogrande non è soltanto un grande traguardo di ricerca e di lavoro teatrale, ma è l’impegno di tenere alta la voce di chi sapeva usare le parole e ascoltare le persone.

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17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

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Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina La verità nascosta

La verità nascosta

Visioni
di Gigi Mangia

Il 23 maggio per l’Italia non deve essere il giorno della ricorrenza della strage di mafia di Capaci in cui furono uccisi il giudice Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morbillo, perché è il capitolo di storia della deviazione dei servizi segreti che hanno ostacolato la verità e quindi la giustizia, sia ai famigliari sia alle nuove generazioni. Fra mafia e politica c’è stata convivenza, lo dice la sentenza di condanna per mafia del Senatore Marcello Dell’Utri. La mafia interessa anche l’economia e controlla gli appalti. Ricordiamo che ci fu chi sostenne che era necessario convivere con la mafia. Noi al contrario, sosteniamo che contro la mafia non bisogna mai ridurre la lotta ma sollecitare la società, investire la cultura, coinvolgere la scuola, il teatro dell’educazione dei giovani alla legalità. La cultura, il teatro come il cinema, sono i presidi dove conoscere la storia e dove educarsi a rifiutare l’arroganza e la prepotenza della corruzione. Sono la strada che porta le giovani generazioni a vivere e a liberare l’Italia dalla mafia che pesa nella storia e nega la verità ai giovani.

Lottare contro la mafia vuol dire, lottare per avere la verità negata; vuol dire anche onorare e difendere il sacrificio di chi ha perso la vita per aver servito lo Stato come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La loro morte ci insegna a resistere e non chinare la testa.

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17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

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Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina L’eternità della voce: …semplicemente, Koreja

L’eternità della voce: …semplicemente, Koreja

Critica
di Daniela de Rosa*

Non sono personaggi in cerca d’autore quelli ammirati in scena durante un matinée di aprile ai Cantieri Koreja, ma donne fragili e forti allo stesso tempo  che, grazie alle loro lettere, condividono il loro vissuto di dolore col giovane pubblico in sala: abbiamo imparato a conoscere e immedesimarci in Fillide, Enone, Arianna, Fedra e Medea, le cui vite sono state portate in scena dalla compagnia leccese, nello spettacolo PER PRIMO AMORE.

Ogni racconto, affidato alla sapiente regia e allestimento site specific di Salvatore Tramacere, regista della compagnia, è così ben sintetizzato che anche chi non conosce nel dettaglio la storia delle singole eroine coinvolte può seguire la loro vicenda e immedesimarsi in essa. Le attrici, infatti, danno voce ad ognuna di loro col sapiente supporto dell’allestimento scenico: con le luci che le puntano nel momento della declamazione e così anche il coro che le sostiene; gli abiti di scena, il cui colore (il bianco) sottolinea la purezza delle eroine, in contrasto con gli abiti neri e rossi che connotano, invece, il genere maschile, portatore di tenebra e sangue.

Le stesse donne abbandonate e tradite dai loro compagni, nel corso della rappresentazione, si trasformeranno per dare voce ad una sofferenza ancora attuale narrandola in lingue diverse, attraverso canti e racconti, rendendoci così partecipi di un destino a loro sfavorevole. E saranno
proprio questi canti, alcuni dei quali corali, che riporteranno in vita un coro, spesso zittito dalla Storia.

Forza dell’intero spettacolo sono le stesse attrici che, nonostante i diversi caratteri, sono accomunate da uno spirito di collaborazione e ascolto, che le rende così tenaci nel perseguire i loro scopi, tanto da accomunarle a tutte le donne che ancora si rivolgono a quegli uomini che le hanno profondamente ferite. È emblematico come, a tal proposito, al termine dello spettacolo, siano proprio loro a condurci verso un uomo seduto, con lo sguardo fisso nel vuoto, metaforicamente accasciato su se stesso, quasi a simboleggiare la sconfitta: un uomo che non ha nulla più da dire in risposta al grido di dolore che lo interpella.

Con questo spettacolo la compagnia ancora una volta vuole “essere un coro che fa eco lontano lontano’’: il fine di Koreja è quello di poter coinvolgere nella propria riflessione il più ampio pubblico possibile, come fecero già altri letterati, nel corso dei secoli, che affidarono all’eternità la loro vita, nella speranza di poter ritrovare se stessi, grazie alle tante domande suscitate in noi dal mistero infinito dell’amore narrando di donne annientate da questo sentimento.

Ma ci siamo mai chiesti come cambierebbe la società, traendone giovamento, se tutto questo amore potesse esprimersi appieno? Nonostante la sensibilizzazione che si sta cercando di portare avanti, ancora oggi vengono compiuti atti di violenza nei confronti del genere femminile che continua a lottare per occupare il posto che gli compete nella comunità. Ancora oggi, se abbiamo bisogno di sensibilizzare l’animo umano perché abbatta le barriere interiori, dovremmo riflettere ulteriormente su cosa è veramente l’amore: è ancora quel sentimento che ci trasforma, rendendoci fragili e forti allo stesso tempo, che ci apre la strada al cambiamento, che non significa egoismo ma altruismo? La speranza che ci anima, grazie agli spunti di riflessione offerti da Ovidio e Koreja è che Amore non sia involuzione ma ciò che può trasformarci in cittadini migliori, portatori degli stessi doveri e diritti.

A tal fine ringraziamo quanti hanno contribuito alla realizzazione dello spettacolo: Elena Bucci, a cui si deve la cura artistica; Giorgio Distante per le musiche originali; le attrici Giorgia Cocozza, Alessandra De Luca, Emanuela Pisicchio, Maria Rosaria Ponzetta, Anđelka Vulić e i tecnici Alessandro Cardinale e Mario Daniele. Questo per dare voce a tutti quegli uomini e quelle donne che fanno del Teatro la loro ragione
di vita, rimarcandone la funzione primaria che, ponendo al centro l’uomo, riscatta coloro che non hanno avuto la possibilità di esprimersi e vivere appieno la propria esistenza. Ricordiamo con le parole della stessa compagnia che “non ci sono nemici se non la paura e l’ignoranza’’: la bellezza dell’arte sarà quel balsamo che renderà più leggera la strada da percorrere nel perseguire i nostri obiettivi e ci arricchirà di nuovi stimoli.

Vogliamo quindi ringraziare Koreja e augurare buon cammino a tutti i viaggiatori dell’esistenza che, grazie al Teatro e insieme al Teatro, cambieranno il Mondo. D’altronde, come ci suggerisce Shakespeare in “As you like it’’: “All the world’s a stage and all the men and women merely players’’. Sia pertanto la nostra vita spunto di riflessione per costruire un mondo migliore.

*Daniela de Rosa è professoressa di lingua inglese presso il Liceo “Quinto Ennio” di Gallipoli e studentessa presso l’Università del Salento, CdL DAMS.

La recensione è pubblicata nell’ambito del Progetto Giovani sguardi

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Teatro Koreja

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Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina Resistenza e libertà

Resistenza e libertà

Visioni
di Gigi Mangia

Sono due le parole che caricano di significato politico e civile il 25 aprile e sono: libertà e resistenza.  Ed è proprio la libertà che ci porta alla resistenza, a legare il nostro presente al passato.

La giornata della liberazione, come festa, per la fine in Italia del Nazifascismo porta la firma del presidente Alcide De Gasperi, il grande padre dell’Italia del passato. La liberazione ormai ha fatto 77 anni, le nuove generazioni sono lontane e quindi non la conoscono approfonditamente non per colpa loro. A scuola, infatti, lo studio della storia molto spesso si ferma a quello delle due Grandi Guerre senza approfondire la resistenza.

La resistenza è stata una guerra difficile e sofferta, perché bisognava lottare sia il Nazifascismo di Hitler, sia il Totalitarismo di Benito Mussolini. Per una scuola di pensiero di storici, infatti, la resistenza è stata considerata guerra civile. La resistenza fu lotta sociale di coinvolgimento di giovani, di donne e di intellettuali. Il sacrificio di tutti fu eroico, la libertà il loro canto di Bella Ciao.

L’unità dei valori della resistenza guidò il pensiero dei costituenti, i quali scrissero la Costituzione, la quale è ancora il fondamento del nostro Stato. La Costituzione italiana è un patto e un progetto di società inclusivo sia dei valori sia delle identità. La resistenza tiene vive le nostre radici e la parola libertà continua ancora ad unire il nostro presente al passato della storia. La Festa della Liberazione del 2022 però ha due bandiere, quella italiana, bianca, rossa e verde, e quello arcobaleno della pace, perché per vivere in pace bisogna essere liberi, ma noi siamo coinvolti in una guerra che minaccia l’Europa ed è rivolta contro i valori dell’Occidente. La guerra di Putin è una guerra che mette in pericolo la libertà

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Teatro Koreja

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Koreja in tournée

immagine di copertina La Russia fuori dalla biennale di Venezia

La Russia fuori dalla biennale di Venezia

Visioni
di Gigi Mangia

Con un comunicato stampa, la Biennale di Venezia ha comunicato che la Russia è fuori dalla Biennale d’Arte Contemporanea, che sarà inaugurata il 24 aprile, ma il padiglione russo sarà chiuso. La ragione dell’esclusione degli artisti russi è stata quella della guerra feroce e violenta di Vladimir Putin, il quale ha agito violando le norme del Diritto Internazionale che vietano l’invasione degli Stati con atti di guerra.

La guerra è contraria alla creatività. Uccide i bambini e stupra le donne, bombarda teatri e monumenti, scuole e biblioteche. L’arte, universale e bene dell’umanità non è indifferente alla guerra. I teatri, i musei, le biennali come i festival, non sono neutrali. L’arte non è neutrale. Già nel 1500 l’arte era l’arma critica contro la guerra, ma il suo ruolo politico divenne importante nella politica con l’Illuminismo francese. L’arte contemporanea si esprime spesso con istallazioni, che prevedono la partecipazione e il coinvolgimento della società.

L’arte contemporanea, infatti, è coinvolgimento e partecipazione e non è licitazione di opere in sale di esposizione. Le immagini dei palazzi sventrati dai missili, di donne e bambini in fuga sotto i colpi dell’artiglieria dei cecchini e di città rase al suolo, come le notizie di esecuzione sommarie e fosse comuni, provenienti dai territori conquistati dalle forze ucraine, intorno a Kiev, ci hanno sconvolti tutti per la crudeltà efferata. Vladimir Putin ha negato la sua responsabilità, ma è evidente invece, che davanti a questi crimini di guerra egli deve essere portato ad essere giudicato dalla Giustizia Internazionale. Vladimir Putin vuole distruggere l’intera Ucraina.

A Bucha, città a 60 km da Kiev, l’esercito russo ha compiuto un massacro di civili, ha usato forni crematori mobili per far scomparire i corpi dei morti al fine di cancellare le prove del massacro. Sono stati trovati 410 corpi in una fossa comune. Il massacro di Bucha riporta indietro la nostra memoria a quello avvenuto 25 anni fa Srebrenica dove le forze bosniache e quelle russe massacrarono migliaia di civili musulmani. 25 anni fa l’Europa fu debole e non volle vedere, ora invece l’Europa vuole reagire e non ripetere l’errore. Il disegno geopolitico di Vladimir Putin è fuori dal tempo, nella gloriosa follia della Russia di oggi, potenza coi piedi di argilla che vive e cerca un ritorno al vecchio nazionalismo del passato. La Russia di Putin non merita la Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia. Merita invece il suo Presidente di essere portato davanti alla Corte Penale Internazionale per essere giudicato dei crimini di guerra contro l’umanità.

La Biennale di Venezia, con i suoi 127 anni di storia, ha avuto il coraggio di escludere gli artisti russi dalla Biennale d’Arte Contemporanea per portare all’attenzione delle diplomazie il tema della pace, del rispetto del Diritto Internazionale che vieta l’aggressione di espansione con la guerra.

L’arte e la scienza sono universali e sono soprattutto il bene dell’umanità.

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Teatro Koreja

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Koreja in tournée

immagine di copertina Tutto nasce da un’ immagine <br>Intervista a Marco Martinelli

Tutto nasce da un’ immagine
Intervista a Marco Martinelli

Interviste
di Annarita Risola

Marco Martinelli, regista e drammaturgo tra i più importanti nel panorama del teatro italiano, autore di testi teatrali e di opere cinematografiche fonda, nel 1983, il Teatro delle Albe insieme a Ermanna Montanari, Luigi Dadina e Marcella Nonni. Nel 1991 fonda la non-scuola del Teatro delle Albe e, dal 1991 al 2011, è direttore artistico di Ravenna Teatro.

È vincitore di sette Premi Ubu per la drammaturgia, del Premio Hystrio per la regia e di altri premi internazionali, fra cui il Mess di Sarajevo, il premio alla carriera del Festival de Carthage a Tunisi e il premio come “miglior libro sul teatro” per Aristophanes dans le banlieus, assegnato dall’Associazione Nazionale dei Critici in Francia.

D: Perché il “Teatro delle Albe” e perché questo nome?

R:Volevamo un nome che significasse “rinascita” in un fine secolo segnato da tragedie planetarie, come due guerre mondiali, lo sterminio del popolo ebraico, l’uso della bomba atomica, e un senso diffuso e maligno, nella produzione culturale, di disincanto, di assenza di prospettive. In una parola, di morte. E quindi ancor più mi sembra pieno di luce continuare a chiamarci Albe oggi, quando spettri come quelli del secolo scorso si ripresentano puntuali.

D:Cosa o chi ha davvero inciso sulla sua crescita personale e lavorativa?

R: Prima di tutto l’essermi innamorato a vent’anni di Ermanna, e aver condiviso tutto con lei: arte, vita, fatiche, allegrezza. Siamo stati maestri l’uno all’altra, abbiamo imparato dai nostri errori. 

D: “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole…” lei percepisce una “volontà altra” che la guida nel suo percorso?

R: Da sempre mi misuro con l’invisibile. Con un Senso, una Luce che sorregga il nostro vagare su questa terra. Cresciuto in una famiglia cattolica, negli anni ho perso e ritrovato la fede, che non è un gioiello, un oggetto materiale che si può perdere e ritrovare, ma il terreno sul quale ho combattuto, e combatto, la “buona battaglia”, sul quale mi gioco, ci giochiamo, le ragioni della speranza. Lo dice come sempre genialmente Dante nel Paradiso: “fede è sostanza di cose sperate, e argomento delle non parventi.”

D: Come riesce a tenere accesa quella luce che Nietzsche chiama giovinezza”?

R: Lo avevano già detto millenni prima i Vangeli: se non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno. Occorre tornare sempre all’origine, alimentarne la fiamma. E’ un lavoro quotidiano e paziente, che ci rinnova lo sguardo, ce lo pulisce dalle incrostazioni del tempo e dell’invecchiare.

D: Si è mai pentito per aver seguito (come lei dice) “logiche eretiche e non-istituzionali”?

R: Mai. L’eredità non si baratta con un piatto di lenticchie. Non ne vale la pena.

D: Come costruisce il suo rapporto con lo spettatore?

R: Penso prima di tutto a me stesso come spettatore. A me che vorrei ogni volta divertirmi e gridare come allo stadio e contemplare in silenzio come in un tempio. 

D: In merito allo spettacolo “Madre” di cui lei firma il testo e la regia, presentato ai Cantieri teatrali Koreja lo scorso 19 Marzo 22. Il vuoto è assenza ma anche potenzialità, l’oscurità di un crepaccio, la profondità di un lago da cui emergono segni di vita inattesa. Quanta speranza e quante incognite presenta questo lavoro?

R: Il nostro mondo è sempre stato pieno di violenza, l’umanità è sempre stata il “legno storto” cui accennava il filosofo Immanuel Kant. E in questa nostra epoca alle guerre e agli stermini si è aggiunta la possibilità di una catastrofe ecologica, della fine di tutte le fini. Madre si misura con questo orizzonte di distruzione: non lo fa col taglio del saggio o del discorso politico, al contrario, lo fa con la delicatezza di una favola antica, una madre contadina che cade dentro un pozzo, un figlio ossessionato dalla tecnologia che vuol tirarla fuori, o forse non vuole, o forse è proprio lui che ce l’ha buttata dentro. E’ un apologo in cui lo spettatore può entrare da diverse porte, e attraversarlo in maniere diverse. Dal mio punto di vista, che vale per quel che vale, visto che una volta scritta una storia appartiene solo a chi l’ascolta e la percorre con la propria vita, Madre è una macchia di azzurro nel nero.

D: Sempre in “Madre” tanti gli elementi che interessano la fitta trama di questa storia dall’apparente semplicità: la biscia d’acqua che evoca sessualità e fertilità, il buio, la paura dell’ignoto e l’incapacità (in questo caso del figlio) di ascoltare, il dubbio che s’insinua, la natura, la tecnologia e poi i suoni e i corpi, espressione di differenti arti che si uniscono in un solo corpo, trino e uno, che incanta ed emoziona. Come è nato e come si è sviluppato il suo processo creativo?

R: Tutto nasce da un’ immagine: un pozzo, una donna che ci è caduta dentro. Poi ci si mette a scrivere, ed è impossibile spiegare come il tutto prenda “quella” forma. Succede. Dietro la penna che scrive, c’è una vita intera, quella dello “scrivano”, per citare Testori, che tanto ha sofferto, esultato, che tanti libri e quadri e film e spettacoli ha divorato e digerito, che tanti perché si è domandato e continua a domandarsi.

D:Il teatro del’900 si distingue per l’esigenza di una costante ricerca di originalità. Lei ha definito il suo “Politttttttico” perché?

R: Io e Ermanna non amavamo il teatro politico autoritario, arrogante, il “so-tutto-io” che dominava alla fine degli anni Settanta del secolo scorso. E al tempo stesso volevamo un teatro che ancora avesse a cuore la polis, che fosse politico nel senso più alto e nobile del termine. Da lì l’invenzione bislacca e patafisica del politttttttico con sette t.

D: Nel suo libro “Nel nome di Dante” cita San Tommaso D’Aquino, il quale parte dal dato reale, quello evidente che ha sotto i propri occhi. Lei da cosa “parte” per scrivere una storia?

R: E’ la storia stessa che mi invade, e all’inizio si manifesta in forme diverse: può essere un’immagine tra sogno e veglia, come nel caso dell’incipit di Madre citato in precedenza, oppure può presentarsi attraverso una vicenda di cronaca, come quella del vigile urbano Donato Ungaro che nel cuore dell’Emilia, a Brescello, ha avuto il coraggio di mettersi contro la ‘ndrangheta. Ogni volta lo spunto è diverso, ma un aspetto resta sempre uguale, le storie mi si parano davanti con piglio deciso e mi dicono: raccontami.

D: Alla luce dei nuovi e drammatici episodi di cronaca. Lei pensa che il Teatro possa essere ancora utile per smuovere le coscienze e sviluppare una nuova sensibilità/umanità?

R: Sempre. Anche se sembra una battaglia persa. Ma non lo è. 

prossimi Appuntamenti

17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée