Calendario

Marzo 2021


17 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

Teatro Koreja

Come amore Canta


18 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra


19 lug

Tourneè

Teatro Koreja in collaborazione con Potenziali Evocati Multimediali

X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

dj set a cura di Enrico Stefanelli

Frequenze naturali


20 lug

Emanuela Pisicchio ed Enrico Stefanelli

Ánemos Nóos

I nuovi scalzi/crest

La Ridiculosa commedia


21 lug

Roberto Latini

Paradiso Perduto

Gianluca De Rubertis (Il Genio)

Discorsi suonati su Paolo Conte


22 lug

Brigitte Cirla & Sébastien Béranger

Recettes Immorales

Brigitte Cirla & Sébastien Béranger

Recettes Immorales


23 lug

Carlotta Viscovo

Il corpo della Lotta

Gianni Blasi e Vincenzo Pentassuglia

Eco Liquido

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH


24 lug

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

Atalaya de Musicas

Resistencia Arbórea


25 lug

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

Teatro Koreja

Modugno, prima di Volare

Atalaya de Musicas

Suite Flamenca

immagine di copertina Liberamente  ispirato a  “Discorso  drammatico in un palco vuoto in una notte già avanzata ”

Liberamente ispirato a “Discorso drammatico in un palco vuoto in una notte già avanzata ”

(Matteo Bonvicino)

Visioni
di Anna Giaffreda*

Non c’è nulla!

Non c’è vita!

Eppure esisto, incarno, sconfino, mutevole dilago

Racconto con parole nuove,

Mi esprimo attraversando moderni canali!

Non c’è nulla. Non c’è vita

Il palco è vuoto!

Ma c’è energia che si sprigiona da qui e trascina con forza tutto quanto,

Travolgo, ferisco,

Trafiggo, agito, scuoto

Questo è sempre stato il punto di contatto tra queste realtà e le altre

L’unico locus ubiquo

L’unica soglia che attraversa le realtà

Tutte, compresa questa,

la cui natura varia

a seconda del punto da cui la si guarda: il vostro, il mio

Ma non c’è più nulla qui

Non c’è più vita qui

Nessuno, né niente è mai stato qui, ultimamente

Niente sarà più questo posto ormai!

Questo palco è tutta un’illusione?

È tutto finito?

È tutto in un vortice !

Un enorme buco nero che ha attirato e distrutto tutto qui

Non c’è vita qui, non c’è nulla qui.

Eppure IO ESISTO!

Resto in ascolto, osservo i movimenti dei vostri occhi

L’espressione di quei volti di coloro che una volta mi sedevano di fronte

L’altra faccia di questa medaglia

Quella faccia misteriosa che sorrideva, si divertiva e assisteva al buio

Perché, per ogni storia raccontata,

ne esiste un’altra legata intimamente alla prima

È quella di chi guarda, si rallegra o si strugge in un flusso di energia che scorre nel senso opposto

Una forza uguale e contraria

E il tempo … il tempo è dalla mia parte

Indissolubile, consumato, stremato ma VINTO MAI!

Mentre qui, non c’è più nulla, non c’è più vita

Non qui, né altrove, né mai

Ma io ESISTO!

*ASSENTI, PRESENTI – Progetto di scrittura e drammaturgia partecipata con gli spettatori Guarda il video https://vimeo.com/521344407

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17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina Il teatro è la mia chiesa

Il teatro è la mia chiesa

Visioni
di Annarita Risola*

Il teatro è la mia chiesa,

il mio rifugio,

la mia libertà.

Qui osservo,

penso,

sogno,

mi apro all’immaginazione

e senza pregiudizio mi abbandono

all’ascolto.

Mi disseto di racconti possibili.

rifletto,

come la luce che giunge dal proscenio,

incontro me stessa,

l’altro accanto a me,

in quella comunione del piacere,

partecipato e semplice.

Sì, 

io sono una spettatrice,

educata al silenzio,

al rispetto dell’altro.

Abituata ad aspettare,

a non aver paura del buio,

a fidarsi…

Sì, 

è questo il punto!

Noi, 

Fedeli del Teatro siamo così:

educati, silenziosi,fiduciosi…

Ma ora basta!

Riaprite i teatri!

Riaprite.

*ASSENTI, PRESENTI – Progetto di scrittura e drammaturgia partecipata con gli spettatori Guarda il video https://vimeo.com/521344

Foto di Antonio Giannuzzi

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17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina Teatro, io ti prometto di essere sincera

Teatro, io ti prometto di essere sincera

Visioni
di Eleonora Lezzi*

Credo di avere un problema. Quando parlo di teatro sprofondo in un complesso disturbo dissociativo della personalità. Sento di avere personalità multiple che fanno un gran baccano e cercano di parlare senza alzata di mano. Allora oggi proverò a silenziare tutte le altre voci e a far parlare solo l’Eleonora spettatrice, spettatrice abituale, coinvolta ma solo spettatrice.

Questa Eleonora dice che non le manca il teatro. Mi dispiace ma ci ha pensato bene, tanto, e non le manca proprio il teatro.

Perché? Domanda del secolo… perché il teatro troppo spesso la delude. Probabilmente in queste parole c’è il rancore di chi c’ha provato e non è riuscito o, forse, non ci ha provato abbastanza…ma psicologismi a parte, da spettatrice, da pura spettatrice il teatro non le manca perché non la soddisfa, nella maggior parte dei casi non la emoziona e non le piace; riesce a trasmetterle solo come una cronaca asettica messaggi certamente interessanti, ma che non fanno breccia più di quanto possano fare i giornalisti di un tg e questo per lei non è sufficiente. Ciò non vuol dire che non le manca la relazione, il contatto, il confronto ma quell’entrata in sala, quel momento lì seduta sulla poltrona…troppe volte si configura come un momento di…noia. E allora si chiede “è perché sono troppo stupida io o c’è anche qualcosa che non va dall’altra parte?”. Io sarò anche abbastanza stupida ma, in verità, quello che penso realmente è che il teatro è sommerso da una montagna di mediocrità, una proliferazione di tanta, tanta, tanta buona volontà ma poca attitudine (ammetto che nella mia prima stesura la prima parola sgusciata fuori è stato talento).

Sia chiaro, con questo discorso non voglio mettere in discussione il valore sociologico e antropologico del teatro, la sua valenza pedagogica, poi, assolutamente no! Ma non ci posso fare nulla se tutta l’eccitazione che mi pervade all’inizio, quando sto per varcare quella soglia alla fine si trasforma molto spesso in un “mmh carino…andiamo a mangiare?” Non sempre è così, sia chiaro, ma lo è spesso. Troppo spesso. Forse però deve
essere così? Forse sono io che con la mia sensibilità sufficientemente cinica e abbastanza fredda non riesco a farmi coinvolgere? Più vado avanti più mi vengono domande alle quali riesco a dare solo risposte che si contraddicono le une con le altre.

Ma poi andando oltre, se è così importante mi chiedo, perché alla gente non interessa (se non ai soliti pochi).

Di chi è a quel punto il problema, della gente che non è educata ? È un problema di identità? È un problema di ruolo? Di obiettivi, di qualità, di contenuti ? Ancora domande.

Penso poi al fatto che il teatro da secoli si interroga su quale sia la sua identità, il suo ruolo ed è fuori di dubbio che questa sua continua ricerca sia il riflesso nello specchio di quella più profonda che è propria dell’individuo stesso, ma forse bisogna riflettere sul fatto che non tutti hanno la pazienza o la voglia di portare avanti questa ricerca e di farsi determinate e scomode domande. Allo spettatore medio di questa crisi di identità costante non importa. Se chiedo a mia madre di venire a teatro con me, lei mi risponde di no, perché si annoia, perché non lo capisce, perché ha già tanti problemi e ha già tante domande a cui dover cercare risposta, che non ha bisogno di farsene delle altre. Ecco, forse la grande differenza tra il teatro e la religione, tra il silenzio degli spettatori di teatro e la gran voce dei fedeli che, durante questo periodo di pandemia hanno chiesto la riaperture della Chiese, è anche questa; il teatro crea domande, la Chiesa dà risposte e anche piuttosto confortanti.

Comunque, tornando al motivo per il quale alla me spettatrice, a lei personalmente, il teatro non manca è perché semplicemente spesso la lascia indifferente.

Mi viene in mente allora una frase che ho letto di Peter Brook e che dice “la forma teatrale non esiste per permettere a un gruppo di persone di raccontare, di dire, non è una forma di comunicazione attraverso la quale una persona possa spiegare qualcosa a un’altra, un forma in
cui esiste chi emette un messaggio e chi lo riceve (…) Credo che il teatro sia una possibilità data all’uomo di accrescere durante un certo tempo l’intensità delle sue percezioni. È tutto qua ma è enorme.” Ripeto forse è un mio problema di sensibilità, anzi di insensibilità, ma quanti riescono a creare realmente questa condizione? Per me pochi. Il resto è un semplice apprezzare lo sforzo, passare una serata diversa senza troppe emozioni e senza troppe pretese, tanto vale andare ad una conferenza, un incontro per discutere di certi temi piuttosto che di altri. Ed è qui il problema: come posso desiderare qualcosa che non mi genera emozioni e sentimenti, almeno non di solito. Ecco perché per me l’andare a teatro, se escludo tutte le altre motivazioni più legate alla mia personale storia, diventa un’attività accessoria rispetto alla quale possono trovare altri e più facili surrogati.

Quando vado a teatro vorrei ogni volta poter toccare le rughe che si formano attorno alla bocca durante un sorriso o una risata, sentire la tensione sulle tempie e attorno agli occhi mentre penso e rifletto su quello che vedo, vorrei sentire il naso umido perché mi sto commuovendo, stringere tra labbra le lacrime salate e non riuscire più a mettere a fuoco per gli occhi umidi; vorrei vedere il mio corpo che si protende in avanti per ascoltare meglio, che reagisce, che si contrae e si rilassa, si contrae e si rilassa e ancora e ancora. Ecco vorrei che il teatro fosse sempre contrazione e rilassamento. Vorrei che il teatro, anche da spettatrice, fosse un desiderio. Bene, questa è la confessione di una cinica insensibile che ha scelto di fare del teatro la propria ragione di vita, amandolo e odiandolo profondamente.

Ma si sa, le più intense relazioni sono anche quelle più complicate.

Magari domani dirò altro, magari domani dirò il contrario, magari un giorno io e il teatro faremo pace. Certo è che le relazioni più solide si basano sulla sincerità. E allora d’ora in avanti, teatro, io ti prometto di essere sincera.

In foto: Fifty kids di Elliott Erwitt

*ASSENTI, PRESENTI – Progetto di scrittura e drammaturgia partecipata con gli spettatori . Guarda il video https://vimeo.com/521344407

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17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina Giornata internazionale della poesia

Giornata internazionale della poesia

Visioni
di Gigi Mangia

Il Teatro Koreja ha, nel suo nome, la figura di una giovane danzatrice: così, nella “Giornata dei poeti”, il pensiero corre al sommo poeta, Dante Alighieri, il quale fece della donna la figura angelo, “intelletto d’amore”, assegnandole il ruolo di guida e quindi di salvezza dell’umanità.

Nella “Vita Nova” il poeta fiorentino disegna la figura della donna e nel Paradiso della Commedia le assegna il compito di guidare il poeta verso la visione di Dio. La donna angelo diventa purezza, “intelletto d’amore”, principio di salvezza. .

Sono passati settecento anni dalla morte del poeta che diede all’Italia la lingua. Rimangono ancora vive le sue idee sulle debolezze umane e le vie per superarle.

La ricerca della conoscenza della natura dell’uomo è senza tempo e non ha un calendario. Dante, nel suo messaggio, non è stato ancora superato, per questo porta ancora in scena la storia dell’uomo.

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17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

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Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina Il mio posto a teatro

Il mio posto a teatro

Visioni
di Gianni Pignataro*

Il mio posto a teatro è il C16, fila C poltrona numero 16 della platea di Koreja. O meglio, lo era prima della pandemia. Mi ci sarei potuto andare a sedere sopra anche al buio, lo avrei trovato comunque ad
occhi chiusi prima della pandemia. Poi la pandemia ha cambiato le cose, ha fatto da spartiacque. C’è un prima e ci sarà un dopo, come per l’anno del Signore.

Di più, la pandemia ha avuto un impatto sull’umanità superiore alla venuta del Cristo, almeno nel breve periodo. Dopo trentatré anni di vita di Gesù erano in pochi a conoscerne l’esistenza, a poterne apprezzare la grandezza e la portata rivoluzionaria del pensiero e del vissuto. Certamente i suoi discepoli si prodigavano nel diffondere il Verbo, ma sarebbero stati necessari molti e molti anni perché le sue parabole, la sua predicazione, il suo esempio raggiungessero un numero rilevante di abitanti del pianeta.

Quanto alla pandemia invece sono passati appena una cinquantina di giorni da quando si sono diffuse le prime notizie relative al virus fino al momento, in cui tutti abbiamo imparato nostro malgrado a conoscere il significato della parola lockdown. E una nazione dopo l’altra miliardi di persone (praticamente il mondo intero con poche, fortunate eccezioni)si sono visti improvvisamente, inaspettatamente costretti a vivere una vita nuova, tutta diversa rispetto a prima.

Un’esistenza privata della sua consueta pienezza, per certi versi anche eccessiva. Questo non si può più fare, quest’altro è proibito, questo comportamento è assolutamente vietato, questo invece è da
evitare. Le nostre vite si sono di colpo come svuotate. A dirla tutta anche di tanta roba inutile, sia pure vendutaci dal sistema in confezione regalo. Insieme a tanti orpelli siamo stati tuttavia obbligati a rinunciare anche a quanto rappresenta ciò, per cui vale la pena vivere. Le nostre attuali esistenze sono innegabilmente impoverite, assottigliate, rarefatte. Sono come asfittiche, sospese.

Il mio posto a teatro Koreja non esiste più. La platea è stata modificata, in ottemperanza a uno dei vari Dpcm. Con uno zelo forse anche maggiore di quello richiesto, tanta la voglia di non mettere a rischio la salute del pubblico e di scongiurare la chiusura del teatro, salvaguardando il proprio lavoro. Con senso della responsabilità e scrupolo la capienza del teatro è stata ridotta per ottenere il necessario distanziamento fisico e pur di proporre lo spettacolo in assoluta sicurezza un certo numero di posti è stato cancellato. Tra questi il mio caro C16, dopo tanti anni di fedeltà reciproca. Dire che ci ero affezionato non rende a pieno l’idea. Neanche dire che ci ero molto affezionato. E’ che quello era proprio il mio posto, il mio punto di vista sul teatro.

Ma tant’è, “così vanno le cose, così devono andare” canta il poeta. Me ne sarei fatta una ragione, avrei scelto un altro posto pur di continuare a vedere il teatro. O meglio a fare il teatro, sia pure da semplice spettatore. Perché non è un segreto che il pubblico guardi l’attore che a sua volta lo guarda, ascolti chi sta sul palco, il quale reciprocamente lo ascolta. Magicamente si crea un fluido, si genera uno scambio di energia. Il teatro accade soltanto se a qualcuno sul palcoscenico corrisponde qualcuno in platea, altrimenti non accade.

Dunque non può esistere quella sorta di Netflix del teatro (come si chiama, Chili?), una vera e propria bestemmia pronunciata improvvidamente da chi evidentemente non conosce neanche per sentito dire la sacralità del rito teatrale. Perché chi vi ha assistito anche una volta soltanto sa bene che quello visto in tv non è teatro. Sa perfettamente che certe emozioni, certi incanti prendono forma solo in presenza, quando può realizzarsi l’alchimia tra attori e spetta(t)tori.

Per favore, rivoglio il mio C16 a Koreja, il mio posto a teatro. La mia fame spirituale non è diversa da quella del praticante, che la domenica ha ripreso tranquillamente da mesi a frequentare il suo luogo di culto preferito. La mia voglia di bellezza non è inferiore a quella di chi visita i musei, oramai riaperti da tempo, almeno in zona gialla. La mia esigenza di ricrearmi (si, anche questo significa andare a teatro) non ha meno importanza rispetto al discotecaro, che ha ballato tutta l’estate al ritmo di UNZ UNZ UNZ a 120 bpm. Se ci sono obblighi di carattere sanitario, necessità di evitare gli assembramenti, ci siano per tutti. Se ci sono possibilità di rinfrancare lo spirito, parimenti ci siano per tutti. Senza deroghe. Non è tollerabile che attività di comunità, assolutamente assimilabili sul piano del rischio epidemiologico, vengano regolamentate in maniera diversa. Sarebbe come accettare la distinzione tra cittadini di serie A e di serie B. E questo è evidentemente irricevibile.

Del resto la cultura e l’arte, nell’immaginario collettivo di questo nostro strambo paese, non vengono affatto incluse tra i bisogni primari. E’ opinione comune che si tratti di una sorta di hobby, che banalmente non ci si mangi, come ebbe a dire un ministro dell’economia fortunatamente appartenente al passato. La sensazione sgradevole è che si tratti di un miserevole calcolo della serva, che si misurino le ragioni e gli argomenti degli uni e degli altri in funzione del numero di voti potenziali, vale a dire in base al consenso elettorale. Che tristezza, se i teatri restano chiusi esclusivamente perché i teatranti non riescono a fare lobby come i gestori delle sale da ballo e i ristoratori oppure perché i fruitori del teatro sono numericamente meno dei fedeli di Santa Romana Chiesa.

Scriveva Julian Beck (senza maiuscole e senza punteggiatura) che “la gente va a teatro per la lampada di omar dove altro la troverebbe la gente va a teatro per vedere il drago sconfitto la gente va a teatro per mescolarsi al vento la gente va a teatro per le chiavi della salvezza la gente va a teatro per imparare a respirare la gente va a teatro per la liberazione sessuale per la liberazione spirituale per il messaggio la gente va a teatro non per cattive intenzioni”

Siate ragionevoli o almeno siate gentili, ridatemi il mio caro vecchio C16 a Koreja.

In foto: Vita nel 2022 – Illustrazione di Walter
Molino (1962)

*ASSENTI, PRESENTI – Progetto di scrittura e drammaturgia partecipata con gli spettatori Guarda il video https://vimeo.com/521344407

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17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

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Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina Il corpo è l’unico teatro che mi resta

Il corpo è l’unico teatro che mi resta

Visioni
di Veronica Miceli*

Seduta sulla panchina opposta vi guardo:  cosa avete da non dire?

Il corpo è l’unico teatro che mi resta, per guardarvi, per non sgretolarmi, nonostante i continui lock down e quarantene.

Vi vedo attraverso me, senza la quarta parete. Come in teatro. Come quando mi sedevo in Platea, fila B, Posto 16 accanto alla mia amica Tina, sognatrice come me. Vi sento attraverso il corpo che non dice, distanziato e in autocombustione. Occhi al vento e bocca coperta. Qui sembra non esserci niente, invece, i loro corpi, davanti a me, parlano. Sono silenzi incarnati.

“Pensavo che questo Covid ci avesse messo a pensare, ripulire le anime per farci capire i veri principi e valori della vita. Dovevamo essere più vicini, sorridere, capire che la vita è bellissima. Dovevamo iniziare a pensare che una passeggiata poteva essere importante, vedere i fiori…esplorare le case abbandonate, come quando ero piccolino”.

“Invece, abbiamo tutti aumentato la nostra invidia del prossimo, delatori e segnalatori, ragioniamo di economia fingendo di capirne, ci lamentiamo…ma questo lo facevamo già, solo che ci lamentiamo di più…mentre i poveri restano più poveri e i ricchi ancora più ricchi…”

Mentre vi guardo parlare in silenzio, stringo il mio “Teatro in tasca”, l’ultimo della Stagione Teatrale 2019/2020.Lo porto sempre con me, come un amuleto, nel portafoglio sguarnito di denaro e pieno di tessere fedeltà.

L’assenza di quarta parete mi manca. Mi manca la sua presenza di ombra, il percepire la continuità emozionale tra me e gli attori. Mi manca il travaso di me sul palcoscenico.

Sento la mancanza quando ci sono, quando sono presente a me stessa e fuggo dalle video chiamate e chat varie che popolano la mia giornata. Il mio corpo teatro è diventato troppo pieno di personaggi e storie. Tracima. Come l’acqua in una brocca, mentre rimango a guardare assetata, mi sento disabitata, svuotata dalle miei emozioni che hanno bisogno di ricevere un nome. Il teatro dava loro un nome. Aveva la magia di svuotarmi e riempirmi di nuovo, in una fluidità catartica.

Aveva la capacità di rendere materiale la mia fantasia e darmi gli strumenti per comprendere il nuovo volto di chi incontravo, gli avvenimenti della vita e i miei sogni.

Sento ancora di più la mancanza nell’incomunicabilità delle mascherine, che lasciano in vista solo occhi impauriti come foglie marroni al vento gelido del nord. Le pupille agitate dal mare in burrasca e la barca sociale alla deriva.

Ma l’agitazione di quel mare negli occhi, chi la vede? Se non ci sono
contenitori simbolici, come il teatro, per trattenere la sua effervescenza. La schiuma frizzante si disperde, mentre il teatro rende vivo nel tempo anche ciò che non vediamo immediatamente, ma abbiamo visto e ci portiamo dentro come archetipo.

Non pensate che il teatro è il luogo dell’archetipo? Sì, il luogo in
cui il lupo, il falco, l’aquila, l’istrice, il serpente, la libellula, l’elefante, la balena, la volpe, il fuoco, l’acqua, tutta la materia visibile e il suo collante, concentrano la loro forza nell’uomo. Intendo le forze terrestri e universali della vita, del non detto e del tutto esplicito, dell’umanità che ci abita a partire dai sentimenti di odio fino all’amore più sublime.

Sento l’assenza del teatro quando vedendo i miei più cari amici comincio a sentirli estranei mentre, al contrario di prima, si sta erigendo nella realtà, quella quarta parete tra attore e spettatore, che non volevamo di certo.

Adesso vivo questo nel mio corpo, deprivata dello spazio esterno da
abitare socialmente e in cui travasare le emozioni e le narrazioni generatrici di cultura.

Che siamo senza cultura, senza effervescenza e prossimità emotiva?
Senza contatto, la vostra bocca mi è estranea, insieme ai vostri pensieri. Vi percepisco come distanze, seppure siete due metri da me, seduti su quella panchina, annoiati dalla vita.

Seppur lo stato politico e di “igiene publica” di sicurezza adesso ce
ne vuole privare, io abito il teatro nel mio corpo, in strada, in casa, a
lavoro, a scuola, nella bottega vicina. Io abito l’assenza di quarta parete in teatro e in strada, nel teatro della vita. Qui sembra che la quarta parete si stia formando. La vediamo tutti la divisione: tutti lì nell’ombra un po’ smarriti, con la sensazione di essere prigionieri in una gabbia aperta.

Questo è il teatro ora, la strada, la vita reale: voi che non comunicate seppur seduti vicini, in una panchina.

In foto: Setting,
Opera di Steinumm Thòrarnsdòttir in Westlake Park, Seattle.

*ASSENTI, PRESENTI – Progetto di scrittura e drammaturgia partecipata con gli spettatori

Guarda il video https://vimeo.com/521344407

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Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

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18 lug

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Koreja in tournée

immagine di copertina Il 27 Marzo il sipario chiuso i palchi vuoti

Il 27 Marzo il sipario chiuso i palchi vuoti

Visioni
di Gigi Mangia

Da qualche giorno mezza Italia è in zona rossa ed è sicuro che i teatri non potranno aprire.

Il presidente Mario Draghi, nelle comunicazioni al Senato e alla Camera per chiedere la fiducia al suo Governo, argomentando l’importanza della cultura ha affermato che l’Italia vanta un patrimonio culturale unico nel mondo, ciò comporta che la cultura meriti importanti investimenti. Nella cultura, dice Draghi, l’Italia è l’Italia, cioè il nostro paese è forza strategica per cambiare e superare la crisi causata dall’epidemia la quale ha cambiato radicalmente sia la società sia l’economia. Il Presidente Mario Draghi conosce molto bene il ruolo della cultura italiana nel mondo e quindi sente l’importanza e il valore economico che l’Italia può sfruttare utilizzando al meglio proprio la cultura, il 27 marzo, giornata mondiale del Teatro, i palchi saranno vuoti e il sipario chiuso, il teatro continuerà ad essere senza pubblico.

Sarebbe importante utilizzare il 27 marzo come giornata di discussione per approfondire il valore e il ruolo del teatro in un modello di rapporti sociali che si incarica di superare la crisi mettendo in agenda il tema di un nuovo modello di organizzare la città e la partecipazione agli eventi culturali. Sarebbe utile studiare come sfruttare con intelligenza i fondi europei del recovery plan e infine chiedere a Draghi di ascoltare le imprese culturali per progettare nuovi interventi, valorizzando l’esperienza di chi lavora su campo.

Il mondo della cultura per sostenere il turismo organizza 1500 Festival: non è solo una grande operazione di promozione dei valori e delle tradizioni del nostro Paese, ma sono anche miliardi di euro per l’economia, lavoro buono che premia la lunghissima tradizione dell’Italia nel fare e nel promuovere cultura.

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Teatro Koreja

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Koreja in tournée

immagine di copertina Se la finta realtà è concreta fantasia

Se la finta realtà è concreta fantasia

Visioni
di Marinella Miceli*

Essendo un’appassionata, una spettatrice ed un’ insegnante di scuola dell’infanzia, provo una grande malinconia. Sono convinta che gli spettacoli teatrali insegnino a superare le paure, come quella del buio. Per questo accompagnavo spesso i miei piccoli al Teatro Koreja di Lecce.

Ricordo i loro abbracci e le strette di mano quado si spegnevano le luci della sala, le loro faccine di stupore nel vedere gli effetti dei fari luminosi e le grasse risate per i mostri finti o i pagliacci buffi.

Ritengo che la chiusura prolungata dei teatri abbia negato ai nostri bambini la possibilità di immaginare e di entusiasmarsi di fronte a realtà spettacolari intimamente vissute. Il mondo favoloso, le trame fiabesche, il mescolarsi dei colori ed i dialoghi filtrati dalla loro fantasia soggettiva capace di trasformare la finta realtà in “concreta fantasia”, sono spunti educativi indispensabili per consentire lo sviluppo di una sana creatività.

Mi auguro che i teatri possano essere riaperti al più presto, garantendo contemporaneamente sicurezza e presenza, per consentire a grandi e piccini di tornare ad occupare le sale e godere dell’apertura del sipario, ormai da  troppo tempo abbassato.

Fra foto e video abbiamo raccontato che il teatro ci manca:

*ASSENTI, PRESENTI – Progetto di scrittura e drammaturgia partecipata con gli spettatori Guarda il video https://vimeo.com/521344407

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Teatro Koreja

Come amore Canta

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Il suono della caduta

18 lug

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Koreja in tournée

immagine di copertina L’arte non può andare a dormire

L’arte non può andare a dormire

Visioni
di Paride Napolitano*

Pensando alla chiusura dei teatri e a quello che tutti gli operatori di questo settore stanno vivendo, mi vengono in mente, chiare e lampanti, le parole di Konstantin Stanislavskij. Attore, regista e pedagogo, egli visse appieno la Rivoluzione del 1917 e in quel periodo di tumulti e guerre civili, definì i doveri dell’artista in una società.

Nei suoi appunti per un articolo, “L’educazione estetica delle masse popolari”, lanciava un messaggio ai leader della Rivoluzione e asseriva: “Uno dei sensi più importanti dell’uomo, un senso che lo distingue dagli animali e lo innalza al cielo, è quello estetico” riferendosi ovviamente all’arte. Ma nel 1922 egli si dimostrò ancora più risoluto, lanciando un appello che, oggi, risuona potente:

“Teatro per gli affamati! Fame e teatro! Non c’è alcuna contraddizione in questo. L’arte non è un lusso nella vita della gente, ma una necessità quotidiana. E’ qualcosa di cui non si può fare a meno, qualcosa di assolutamente necessario per un grande popolo. Il teatro non è uno svago dei perditempo o un gioco piacevole, ma un’impresa culturale della massima importanza… Non si può mettere da parte il teatro per un po’, chiudere le porte ai suoi lavori, fermarne la vita. L’arte non può andare a dormire per essere risvegliata quando ci pare e piace. La morte dell’Arte è un disastro nazionale …Il tempo passerà e la fame verrà sconfitta. Le ferite si rimargineranno. E allora dovremmo essere ringraziati per aver salvato l’Arte in un periodo di martirio. Siamo tutti felicissimi di offrire oggi l’Arte che salviamo per la gente, l’arte che aiuta la gente che muore di fame”.

Certo, la chiusura dei teatri è dovuta a una pandemia, non abbiamo a che fare con guerre civili. Ma personalmente trovo particolarmente attuale il discorso di Stanislavskij.

*ASSENTI, PRESENTI – Progetto di scrittura e drammaturgia partecipata con gli spettatori

Guarda il video https://vimeo.com/521344407

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Teatro Koreja

Come amore Canta

17, 18 lug

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Il suono della caduta

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Koreja in tournée

immagine di copertina La goccia che scava la roccia

La goccia che scava la roccia

Visioni
di Valeria De Rinaldis*

Vorrei presentare la mia storia relazionale con il teatro, prima di esprimere una riflessione sulla sua attuale situazione. Sembra che io sia messa così per caso tra il gruppo degli spettatori. Infatti, non vado a teatro da chissà quanti anni!

Lontana per diversi motivi, personali, familiari, economici.

E’ da tanto che non godo del buio e del silenzio che arrivano sfumati in sala con il sottofondo di “shh shh”. Quel buio e quel silenzio che mi facevano chiedere “mi piacerà?”

Alla fine, ho sempre salvato qualsiasi opera, anche la più noiosa (mi consentiva un sonnellino in santa pace!), anche la peggio interpretata (miglioreranno le loro performance!!), anche la più provocatoria (potrei scandalizzarmi!!!), perché tutte mi avevano trasmesso un’emozione, sia essa positiva o negativa.

E’ proprio questo che mi manca: emozionarmi! Emozionarmi senza conseguenze, provare sensazioni profonde nel buio e nel silenzio, per poi uscire nella luce e pian piano ristabilizzare il cuore e il respiro sul ritmo quotidiano della vita, che è tutt’altra cosa.

E posso ora partire con la mia riflessione, iniziando proprio dall’emozione. La crisi partita nel 2020, ha stravolto tutti gli aspetti della nostra vita, a partire dalla quotidianità, per colpire la socialità, l’economia, il lavoro, la salute e gli affetti.

Dunque, il ritmo quotidiano della vita, che è tutt’altra cosa dal teatro, durante la pandemia ci ha riservato emozioni fortissime, per lo più negative, di grande incertezza, spesso dolore e perdita, paura e scoraggiamento, intervallate da quelle di speranza, di raccoglimento, di ripresa dal dolore e dalla perdita. In questo contesto, lo spettacolo, sia esso serio, semiserio o comico, sia esso cinema, danza o teatro, sia esso all’aperto o al chiuso, sarebbe medicina per l’anima.

In questo contesto, lo spettacolo, sia esso serio, semiserio o comico, sia esso cinema, danza o teatro, sia esso all’aperto o al chiuso, sarebbe medicina per l’anima.

Ma è una terapia non somministrabile in un contesto socio-politico in crisi, perché la cultura è sottile e delicata e, davanti al macigno dei mass media, si ritira all’angolino; la storia però ci insegna che, essa, come goccia che scava la roccia, è capace di dilagare nuovamente con la sua forza intelligente. Ma ancora non è il momento! Ora…c’è crisi!

Concludo, ancora con la mia esperienza. Avevo 8 anni quando morì mio nonno. Era il 1980.

Nello stesso periodo, morì anche il cinema nazionale e internazionale e la piccola sala cinematografica del paese, il cui titolare era proprio mio nonno. Dopo essere stata ceduta a chi, senza scrupoli, mise il manifesto di un film pornografico accanto al manifesto del suo funerale, chiuse definitivamente i battenti e noi ci chiudemmo nelle nostre case con la TV accesa a tutte le ore a fare zapping!

Poi, il cinema si è ripreso e oggi…è di nuovo in crisi. E’ in crisi anche la televisione e vince su tutto internet, i social e i piccoli schermi degli smartphone. Ho divagato sul cinema, ma il teatro ha avuto e ha tutt’ora la stessa, se non peggiore, sorte.

A questo punto, confido nella goccia che scava la roccia e nel fatto che possa dilagare nuovamente;alla riconquista dei suoi spazi.

Volete sapere perché i fedeli chiedono (e ottengono) la riapertura delle Chiese e i tifosi chiedono (e ottengono) la ripresa del campionato? Perché la Chiesa è potere e il calcio è soldi. Il teatro è “solo” cultura!

*ASSENTI, PRESENTI – Progetto di scrittura e drammaturgia partecipata con gli spettatori

Guarda il video https://vimeo.com/521344407

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