Calendario

Marzo 2021


17 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

Teatro Koreja

Come amore Canta


18 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra


19 lug

Tourneè

Teatro Koreja in collaborazione con Potenziali Evocati Multimediali

X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

dj set a cura di Enrico Stefanelli

Frequenze naturali


20 lug

Emanuela Pisicchio ed Enrico Stefanelli

Ánemos Nóos

I nuovi scalzi/crest

La Ridiculosa commedia


21 lug

Roberto Latini

Paradiso Perduto

Gianluca De Rubertis (Il Genio)

Discorsi suonati su Paolo Conte


22 lug

Brigitte Cirla & Sébastien Béranger

Recettes Immorales

Brigitte Cirla & Sébastien Béranger

Recettes Immorales


23 lug

Carlotta Viscovo

Il corpo della Lotta

Gianni Blasi e Vincenzo Pentassuglia

Eco Liquido

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH


24 lug

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

Atalaya de Musicas

Resistencia Arbórea


25 lug

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

Teatro Koreja

Modugno, prima di Volare

Atalaya de Musicas

Suite Flamenca

immagine di copertina Al margine della città, c’è un luogo

Al margine della città, c’è un luogo

Visioni
di Massimo Grecuccio*

Al margine della città, c’è un luogo alieno e familiare. Per entrarvi, guado un piccolo giardino. Ultime sigarette svaporano con i rumori del giorno. Varco la soglia, sono nel foyer,una piazza e una navicella.

__________________________

Qui attendo. Nella china dei giorni finché morte non ci separi sto sempre. Qui invece, per fatale appuntamento, aspetto i simulacri di giorni qualunque.

————————————————

Entro in una zona franca. In scena sospinte da correnti sotterranee un andirivieni di maschere. I corpi e le voci mi inondano, sciolgono il tempo, dragano l’anima. Su tutto aleggia un cimitero sospeso di quadri spenti senza rimedio.

———————————————–

Le ombre dei convenuti si mescolano nella penombra amniotica una comunità fugace mi circonda. Posso infine giocare – con scadenza breve – il ruolo del guardone impunito.

*ASSENTI, PRESENTI – Progetto di scrittura e drammaturgia partecipata con gli spettatori

Guarda il video https://vimeo.com/521344407

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17, 18 lug

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Il suono della caduta

17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina DDT

DDT

Visioni
di Guido de Liguoro*

Ettore Guardafico era Commissario al Dipartimento Divertimenti per Tutti, meglio conosciuto come DDT. Quella mattina era molto preoccupato ma cercava di nasconderlo all’occhio attento delle telecamere. E ci
riusciva benissimo. Era un grande esperto della simulazione, d’altra parte non si poteva arrivare ad un posto così importante, così ambito, superando decine di eliminazioni, senza essere un grande simulatore.

Era finalmente arrivato a un passo dalla realizzazione di tutti i suoi sogni, non poteva permettersi neppure il più piccolo errore, la più piccola disattenzione. Le telecamere che lo seguivano ogni momento erano
implacabili. Guidate da un sistema incorruttibile di intelligenza artificiale erano pronte a cogliere ogni sua debolezza, ogni espressione fragile, ogni sillaba impropria. La settimana prossima il televoto avrebbe finalmente consacrato il nuovo Grande Imbonitore, Insuperabile Buffone, Fonte di Tutte le Emozioni e di Tutte le Lacrime. In gara erano rimasti in due; lui e Serena Allegrini, attuale Commissaria al Dipartimento Affetti Vissuti Intensamente, DAVI in sigla.

I sondaggi prima di tutti i televoto nazionali erano ormai vietati da anni ma tutti continuavano a realizzarli clandestinamente; secondo le sue informazioni era ancora saldamente in testa, la sua strategia aveva portato i risultati attesi e anche più.

L’idea era semplice, gli anni passati come Commissario gli avevano permesso di metterla in pratica in modo diffuso: estendere la partecipazione attiva del pubblico, gli spettattivattori, a tutti i settori dai quali era ancora, ingiustamente, esclusa. Aveva in fondo solamente seguito l’esempio dei vari Master Chef o X Factor senza parlare della Casa del Grande Fratello.

Aveva cominciato dai musei con i concorsi Vinci la Tela, chi avesse votato la più votata tra le opere esposte ne avrebbe ricevuto una riproduzione a grandezza naturale. Tra chi invece aveva votato la meno votata, veniva sorteggiato un fortunato che avrebbe ricevuto un vero falso d’autore appositamente realizzato dal vincitore del concorso complementare “Fallo vero!” tra i falsari più reputati del mercato. Tra i suoi mille progetti c’era quello di un concorso Via la maschera per chi avesse indovinato chi si nascondeva dietro i falsi vincenti. Il fatto che i falsi vincenti andassero ai vincenti veri a lui sembrava filosoficamente sublime soprattutto perché sapeva che una simile considerazione non era politicamente corretta, non era adatta agli spettativattori. Era una delle sue piccole forme di ribellione al sistema che gli consentivano di sentirsene abbastanza estraneo per scalarne consapevolmente i gradini.

Quest’anno era in corso per la prima volta il concorso nazionale Museo Diffuso che affidava alcune opere di grande notorietà a famiglie estratte a sorte che le avrebbero esposte nelle loro case dove sarebbero state mostrate agli spettattivattori naturalmente insieme ad ogni pur minimo accadimento della famiglia. Le famiglie con figlie e figli adolescenti erano orgogliose di metterne in mostra la nascente sessualità, sempre nei limiti della decenza, beninteso. Famiglie fino allora monotonamente affiatate scoprivano hobby strampalati e relazioni sospette. Un enorme successo! Le sei famiglie rimaste in gara dopo mesi di trasmissione ininterrotta su un canale dedicato dove venivano proiettate affiancate, ospitavano: L’origine del mondo di Gustave Courbet, La toilette di Henri de Toulouse-Lautrec, Il David di Donatello (quello di Michelangelo avrebbe posto qualche problema logistico), Marilyn Monroe di Andy Warhol, Il bevitore di Giuseppe De Curtis (Teomondo Scrofalo) e Untitled (for you, Leo, in long respect and affection) 3 di Dan Flavin.

Con lo sport era stato più delicato: aveva cominciato affidando al pubblico, in veste di giudice, la valutazione delle prove degli sport di abilità, pattinaggio, ginnastica, tuffi, poi sostituito con giudizi le misurazioni di salti e lanci, mutuato dal golf il sistema degli handicap per tutti gli sport a punti, dove però l’handicap era attribuito a fine gara grazie ad apposite App. Stava aspettando a breve proposte da un comitato di esperti che stava lavorando sugli sport cronometrati.

Aveva poi fatto rivivere l’esperienza di Masterpiece per una scrittura partecipata dal pubblico di racconti e romanzi, per i saggi non c’era problema, nessuno li leggeva più, e aperto al pubblico la proclamazione
dei vincitori dei premi letterari. Il suo capolavoro era stato eliminare la necessità di leggere i testi in gara per poter votare.

Che cosa lo preoccupava dunque? Quella mattina Giacomo de’ Canti, il suo fedele segretario che aspirava a sostituirlo nella carica, gli aveva sussurrato all’orecchio, lontano dai microfoni la parola chiave che
indicava grane grosse in arrivo.

Guardafico si era infilato nel bagno dell’ufficio non appena l’aveva ritenuto innocuo agli occhi degli spettatori, in fondo andare in bagno non era ancora un segno di debolezza, e sebbene in bagno l’uso delle telecamere fosse assolutamente proibito, si era premurato di infilarsi le cuffiette del telefono simulando un improbabile balletto seduto sul water come stesse ascoltando una delle hit del momento mentre la voce sintetica gli leggeva il rapporto inquietante dei suoi servizi di informazione.

Riguardava i teatri. Non il teatro, quello era ormai rientrato nel novero dell’offerta di intrattenimento diffuso e di valutazione partecipata dagli spettattivattori. Proprio i teatri; i teatri come luoghi fisici. Nonostante le offerte di ingaggi, di sovvenzioni, di partecipazione ai più seguiti programmi, i teatranti si rifiutavano di accettare il buon senso comune e sfidavano il potere del DDT, il suo potere, continuando a costruire possibilità di incontro fisico con il pubblico. Nelle cantine, nei cortili, sulle spiagge, nei posti più improbabili, i teatranti c’erano. Si esibivano. In pubblico. Senza voto!

Ma la cosa più grave che il rapporto gli segnalava era che attorno a queste cosiddette Rappresentazioni Libere si stavano cominciando a notare gruppetti di persone, bambini ma anche adulti, che giocavano a nascondino. Ragazzi ma anche anziani che parlavano di libri letti per davvero, che li leggevano insieme perfino. Vecchie signore che sembravano uscite dai ricordi di sognatori nostalgici cucinavano piatti banali ma, dicevano, buoni, buoni davvero. Ragazzi si baciavano, di nascosto! C’erano pittori che trasportavano su cartoncini ad acquarello quelle scene indecenti. Sembrava che i teatri fossero al centro di una crescente rivolta.

Guardafico si alzò, gli occhi furiosi, dimenticando ogni necessità di simulazione a beneficio di eventuali telecamere abusive. E un imperativo ben chiaro in testa. Bisognava farla finita con i teatri! Prima che la gente cominciasse a voler pensare!

*ASSENTI, PRESENTI – Progetto di scrittura e drammaturgia partecipata con gli spettatori

Guarda il video https://vimeo.com/521344407

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Il suono della caduta

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Teatro Koreja

Come amore Canta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina Vedere le parole con gli occhiali maschili

Vedere le parole con gli occhiali maschili

Visioni
di Gigi Mangia

Luigi Romani, direttore della sezione “Sinonimi della lingua Italiana” dell’enciclopedia Treccani online, dizionario della lingua italiana più conosciuto nel mondo, vede le parole con gli occhiali maschili e fa un gravissimo errore, da studioso e da uomo di mancanza di intelligenza perché si rifiuta di correggere il suo errore richiesto con una lettera indirizzata alla Treccani firmata da oltre 100 donne impegnate nella cultura.

È un modello, quello di Luigi Romani, maschile, sessista, razzista, superato dalla storia archiviato dalle lotte per l’emancipazione delle donne, dalla dichiarazione di tutte le convenzioni internazionali sul rispetto dei diritti e sul riconoscimento della parità di genere.

Voler considerare sinonimi della parola Donna: “donna da marciapiede, cagna, zoccola, serva” significa perdere il senso della cultura e soprattutto essere fuori dalla storia. Queste parole dovrebbero essere superate. La donna si è liberata di questi stigmi infamanti e si è affermata, superando l’uomo nei ruoli più importanti della scienza, della cultura, della politica, dell’economia. Le donne del XXI secolo sono impegnate nelle missioni spaziali, nella direzione dei centri di ricerca, sono rettori nelle università e sono arrivate anche alla vicepresidenza degli Stati Uniti, con una donna nera, Kamala Harris la quale, ha ragione, ha affermato di non essere la prima. Le parole danno vita al pensiero, lo rappresentano. Le parole sono la sintassi che animano il “genius loci” e rappresentano i volti e i luoghi e promuovono e regolano i rapporti sociali. Le parole hanno scadenza, perdono il significato rappresentativo, sono superate dalla storia, perché sono figlie del tempo.

Nella Francia del secolo scorso, fu una donna ad inventare un sinonimo, molto più elegante di quelli della Treccani: “Donna squillo”. Si chiamava Madame Claude. Il suo talento imprenditoriale fu quello di avere l’idea di sfruttare il telefono per evitare ai clienti noti di esporsi di persona nel recarsi nei bordelli. Fu lei a coniare il termine “ragazze squillo” molto adatto al sistema di prostituzione nato per garantire la massima discrezione sia ai clienti, sia alle “squillo”. La storia di Madame Claude ci insegna che spesso le parole sono la rappresentazione di comportamenti sociali significativi per la storia in cui hanno un tempo e che però non sono sempre valide, ma funzionali alla geografia sociale secondo i tempi e le tradizioni.

Le parole sono come i capelli, cadono o diventano bianche, a volte perdono di significato, altre volte diventano volgari e offensive, addirittura immorali.

Il dizionario Treccani non ha scuse, dovrebbe modificare l’errore commesso, poiché quelle parole non sono sinonimi di donna ma, più che altro, epiteti fuori dalla civiltà e dalla cultura, superate dalla storia.

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Il suono della caduta

17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

Koreja in tournée

immagine di copertina Il posto delle fragole

Il posto delle fragole

Visioni
di Koreja

“Chi è amato non conosce morte, perché l’amore è immortalità”. Questa notte Maria Teresa Dal Pero ci ha lasciato per fare un viaggio verso un luogo unico, il posto delle fragole , che tanto amava.

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Il suono della caduta

17 lug

Teatro Koreja

Come amore Canta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

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Koreja in tournée

immagine di copertina Quando la morte ci insegna a pensare

Quando la morte ci insegna a pensare

Visioni
di Gigi Mangia

La tragica storia di Luca Attanasio, diplomatico in Congo, ci fa molto pensare sul perché sia morto sfidando la paura, per affermare i valori della solidarietà e difendere i bambini in quella terra senza istruzione. La paura del Coronavirus ci ha chiusi dentro i confini sicuri degli Stati, ci ha disarmati dalla sensibilità e dalla capacità di fare il bene dell’altro, di accoglierlo e di saperlo ascoltare.

La paura è un muro alto ed insuperabile ai nostri occhi e ci impedisce di vedere la sofferenza degli ultimi, degli esclusi, degli emarginati, degli schiavi. Il giovane ambasciatore non si era chiuso. Non era prigioniero della paura. Ai confini chiusi aveva scelto di vivere sulla soglia, per avere gli occhi aperti sul mondo, per conoscere il disagio sociale, per combattere l’ingiustizia e liberare i bambini, gli innocenti senza colpa.

Luca Attanasio credeva nell’istruzione dei giovani e vedeva nella scuola la strada del futuro, per un mondo finalmente rispettoso dei diritti fondamentali della persona. Luca Attanasio è morto sul campo dell’impegno civile e solidale, la sua fine dolorosa ci ha insegnato a riflettere, ci ha esortato a non essere indifferenti, ma attenti all’ingiustizia. Attenti a non subire la paura che ci chiude gli occhi e non ci fa vedere il male.

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Il suono della caduta

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Teatro Koreja

Come amore Canta

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Koreja in tournée

immagine di copertina Franco Cassano

Franco Cassano

Visioni
di Koreja

“Occorre restituire al Sud l’antica dignità di soggetto del pensiero, interrompere una lunga sequenza in cui esso è stato pensato solo da altri […] nuovo centro di un’identità ricca e molteplice, autenticamente mediterranea” – da “Il pensiero meridiano”

Le nostre strade si sono incrociate tra Lecce e Skopje. Abbiamo condiviso progetti, ragionamenti e pensieri; l’idea di un Sud attivo, capace e pensante, la visione di un Mediterraneo come sconfinata risorsa strategica, luogo di cooperazione privilegiato e di incontro.

Scompare oggi Franco Cassano, intellettuale, scrittore, sociologo e politico italiano. Grazie Franco, la tua lezione è stata pensiero, ma soprattutto azione civile e innovatrice.

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Koreja in tournée

immagine di copertina Il silenzio al buio del teatro

Il silenzio al buio del teatro

Visioni
di Gigi Mangia

Il 22 Febbraio del 2020, il Coronavirus chiudeva i teatri, che avevano resistito anche alla grande guerra, restando aperti. Il Coronavirus è stato, più forte della guerra e per il teatro è iniziato il silenzio al buio.
Il teatro è la forza del pensiero, è il luogo privilegiato delle finzioni, ma il suo palcoscenico è il luogo del racconto della verità. La parola vive dentro il teatro ed è assente fuori. Non si vede, ma si sente.
È come l’aria, è la forza del pensiero, è la vita della città.
Il silenzio al buio del teatro, fa diventare mute le città. Di notte tutto è fermo, nelle strade cammina solo la paura: il silenzio è vuoto e fermo. Nelle città, i bronzi, i marmi, i portoni, sono immobili e muti, ridotti ad ombre di paura. La notte della città, senza luna, è cieca. Mancano anche i rumori, i profumi e gli odori, i semafori dei ciechi.

Il coronavirus ha cambiato le regole per vivere il tempo e abitare lo spazio. Per tutti è difficile mettere le mani nel buio e attraversare, di notte, la città. Il tempo scorre, la notte finisce e finalmente il sole e il cielo svelano il silenzio. Il sole è l’occhio del giorno. Alla luce tutto diventa più chiaro, anche la lotta contro la paura si fa più facile.
Il teatro è stato chiuso, ma non è morto, ha saputo lottare ed è stato il più penalizzato. Il teatro è vivo e questa notte del 22 Febbraio accenderà le sue luci per dire alla città di essere vivo e pronto a continuare ad ospitare la parola che è relazione, che è mezzo di ascolto dell’altro e soprattutto che è cura. Cura della mente e del cuore.
Il teatro chiede al Governo di superare l’incertezza e di avere invece tempi di certezza sull’apertura dei portoni al suo pubblico. L’incertezza fa morire anche le imprese migliori come il teatro che, nella sua storia, ha superato mille avversità, comprese le guerre mondiali. Il Presidente del Consiglio, Professor Mario Draghi, conosce la storia dell’Italia e soprattutto è esperto di economia, per questo ci aspettiamo fiducia e concretezza per far tornare in vita il teatro.

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Il suono della caduta

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Koreja in tournée

immagine di copertina Laboratori di sogni

Laboratori di sogni

Visioni
di Guido de Liguoro*

Sono tornato a teatro dopo quasi un anno.

No, non preoccupatevi, non vi siete persi niente, i teatri sono ancora chiusi al pubblico. Sono tornato perché avevo cose da fare, gente da vedere…

Sono entrato dalla porta degli artisti, passato dal corridoio degli uffici, ci sono persone, si muovono, girano, fanno cose, evanescenti, le persone, non le cose. Appaiono e spariscono leggere inseguendo dei sogni forse, progetti che immagino protesi oltre il mare. Sorrisi sopra la mascherina che valgono un abbraccio, un cenno rapido, non c’è tempo per le chiacchiere.

Movimento nel foyer, chi lavora a una struttura in legno (che sarà? Una scenografia, una cassaforte per le tracce fisiche di sogni messi lì di riserva?), chi fa laboratori a distanza per ragazzi (vi lascio cercare il gioco di parole. Un indizio: in inglese). Anche qui qualche sorriso lanciato nell’aria e mi stupisco dell’assenza di domande: che ci fai tu qui? Nel vorticoso turbinare delle attività che si inventano incessantemente non c’è spazio per la sorpresa, l’inaspettato è ospite quotidiano.

Un po’ incerto entro in sala. E’ piena! E’ piena di attesa. Posso vedere centinaia di occhi che aspettano di mettere a fuoco il palco nero, centinaia di mani frementi in un applauso troppo a lungo trattenuto, centinaia di cuori pronti a piangere, e a ridere, menti coltivate dai tempi pronte a ricevere semi fatti di gesti, luci e suoni, parole.

Sul palco una luce e un filo rosso, un altro progetto da svolgere. Come un gesto d’amore, penso. Per chi? Per chi di teatro e per il teatro vive e respira sogni da sognare insieme. Per tutti gli occhi e i cuori a casa che aspettano e non sanno ancora che il respiro del teatro anima sempre queste mura, per loro. Per me, che sono passato di qui perché avevo cose da fare, gente da vedere e proseguo sentendomi privilegiato, messo a parte di un segreto da raccontare: qui i sogni si realizzano, ogni giorno.

*Meridionale per nascita, lombardo per formazione,
cittadino d’Europa per scelta. Dopo una lunga vita di lavoro, viaggi e divertimenti vari, incontra l’ispirazione a Lecce. Curioso di tutto, appassionato di teatro e molto altro ancora, vive seguendo un motto: “c’è un solo modo per essere felici, fare solo cose appassionanti. E c’è un solo modo per fare solo cose appassionanti: appassionarsi di tutto quello che si deve fare!” Quasi attore in formazione, spettatore appassionato, attualmente cura il blog parolemiti.net

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Koreja in tournée

immagine di copertina La lezione di Umberto Eco

La lezione di Umberto Eco

Visioni
di Gigi Mangia

Il 19 febbraio di 5 anni ci lasciava Umberto Eco, grande intellettuale del ‘900 di cui avvertiamo, forte, la mancanza.

Di Umberto Eco ricordiamo tutti l’opera Il nome della rosa come esempio di scrittura e di costruzione di un romanzo storico.

La presenza “quotidiana” del grande intellettuale che più ci ha accompagnato è stata, però, La bustina di Minerva una rubrica culturale e ironica da lui curata, pubblicata dal 1985 al 2016 sull’ultima pagina del settimanale l’Espresso.

Il titolo della rubrica sottolineava l’occasionalità degli scritti, con riferimento alla nota bustina di fiammiferi, nella cui parte interna spesso si prendevano appunti o si annotano brevi considerazioni. Così il grande studioso letterato e semiologo della lingua, ci ha insegnato a riflettere sugli eventi e sulle grandi trasformazioni della società, del teatro e dell’arte, dove nascevano i progetti di ricerca delle avanguardie.

Umberto Eco è morto, ma la sua lezione è ancora viva. Ricordiamolo con questo sentimento.

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Koreja in tournée

immagine di copertina Il miracolo della semplicità

Il miracolo della semplicità

Aida Project. Intervista a Elena Bucci

Interviste
di Eleonora Tricarico

AIDA, un progetto alla ricerca dell’identità comune. Come
si può descrivere la fase sviluppata insieme?

Il lavoro in occasione del progetto AIDA è stato estremamente emozionante e ricco. Ancora una volta il potere del teatro, innestato su una realtà virtuosa come quella di Cantieri Teatrali Koreja, ha dato i suoi frutti. Persone e saperi, compiti e piaceri, vita quotidiana e vita artistica, pensiero, creazione, organizzazione e comunicazione con il pubblico si sono amalgamati con singolare armonia, rispettando le caratteristiche meravigliose della terra di origine e aprendo lo sguardo al mondo.

Ci siamo ritrovate a respirare e a creare insieme con molta
naturalezza, confermando quanto la frequentazione e le esperienze vissute con
intensità e reciproca partecipazione possano creare un terreno fertile per
nuove fioriture.

In virtù dell’attuale situazione, vi è stata una
discrepanza tra l’idea iniziale e quella sviluppata sul palco dei Cantieri
Teatrali Koreja, come avete affrontato il cambiamento?

Abbiamo accolto come elemento di ispirazione le difficoltà
del momento presente. La pandemia e l’emergenza sanitaria ci hanno privato dei
teatri, del pubblico, del nostro abituale ruolo all’interno della comunità, ma
allo stesso tempo ci hanno consegnato il compito prezioso e insostituibile di
trasformare la paura in energia, la tentazione alla chiusura in solidarietà, la
solitudine in raccoglimento pronto ad aprirsi a nuovi progetti. Ci siamo
trovati a considerare altri mezzi di comunicazione con il pubblico, a studiare
come tradurre in video il nostro lavoro in teatro, a scoprire come e quanto
possiamo trasmettere emozione attraverso i media, la scrittura, la fotografia,
il cinema. Ci siamo interrogate se e quanto debba trasformarsi l’arte della recitazione
per adattarsi a questi mezzi di comunicazione e abbiamo immaginato nuove forme
di spettacolo che raccontino anche a un pubblico distante e disabituato la
bellezza e il fascino del lavoro creativo.

Su cosa si è concentrato, in particolare, il vostro
lavoro?

Abbiamo lavorato intorno al pensiero e alla pratica
dell’autenticità e della qualità, concetti e risultati assai difficili da
definire e raggiungere. Abbiamo convenuto e messo in prova il fatto
inequivocabile che la loro ricerca garantisce il passaggio dell’emozione,
almeno in parte, attraverso qualsiasi mezzo.

Nel nuovo silenzio delle clausure, nel recinto delle
limitazioni e nell’obbligo alla distanza abbiamo riscoperto il calore della
vita comunitaria e dell’empatia, la fortuna di avere un teatro a disposizione
per lo studio, la preziosità di ritrovare il tempo del pensiero, della riflessione,
della scrittura.

Abbiamo subito ritrovato la capacità di ascolto e reazione
del gruppo che facilita lo slancio creativo del singolo già sperimentata nel
corso del lavoro precedente e l’abbiamo approfondita cercandone tutte le
possibili sfumature al presente.

Abbiamo sentito la necessità naturale di praticare tutti i
linguaggi e di mescolarli, allenandoci a non porci barriere mentali ma
lasciandoli scivolare gli uni negli altri: canto, danza, scrittura, dialetti,
lingue di origine, lingue straniere e inventate sono diventate l’idioma
condiviso di questa compagnia.

Abbiamo aperto i nostri quaderni di appunti comunicandone il
contenuto e trasformandolo.

Elena Bucci è un nome noto e un punto di riferimento sia
a livello nazionale che a livello internazionale. Inoltre, anche un richiamo importante
quando si parla di “Heroides”, il lavoro sviluppato in precedenza con il
direttore artistico di Koreja, Salvatore Tramacere. Quanto ciò ha influenzato
gli approcci futuri?

Ho invitato e incoraggiato le attrici autrici a sentirsi
Heroides, eroine della contemporaneità che non scrivono soltanto agli amati, ma
a tutto il mondo.

Ne sono usciti racconti che ho trovato molto originali e
sinceri e allo stesso tempo pieni di potenzialità drammaturgiche. 

Ho definito così, con indicazioni diverse per ogni autrice,
alcuni percorsi di studio che potranno essere realizzati sia singolarmente, sia
intrecciati gli uni agli altri.

Abbiamo tracciato una mappa di racconti sospesi tra
invenzione e autobiografia che potranno espandersi in molteplici direzioni
sviluppando la speciale qualità che abbiamo afferrato che ci ha permesso di
ridere fino alle lacrime e poi commuoverci, sentendo con forza la funzione
catartica del teatro e la sua capacità di generare immagini e scritture che,
partendo dal particolare, diventano storia di tutti.

Qualcuno ha cominciato una ricerca sulle origini del
linguaggio e degli alfabeti comparando più lingue praticate e amate, sia nella
vita che nel teatro, ricavandone un racconto imprevedibile, qualcuno ha
disegnato un ritratto tragico e comico di una giovane artista in cerca di lavoro,
qualcuno ha sfiorato il mistero del silenzio e della parola ritrovando racconti
del passato, qualcuno ha scritto e agito il mistero dell’attesa e dello sguardo
poetico che diventa scrittura, qualcuno ha rivissuto attraverso figure mitiche
drammi e paure personali e universali. Nello spazio vuoto, con l’aiuto di
pochissimi elementi, ho visto disegnarsi il potenziale di molti inaspettati
spettacoli.

Ho invitato le artiste a prendere nota di ogni momento di
studio e di pensiero facendone un diario aperto da consultare, approfondire,
continuare e le ho invitate a portare a termine, anche in differenti esiti e
direzioni, la drammaturgia d parole, gesti, silenzi, canti che abbiamo
cominciato insieme.

Non vedo l’ora di tornare ad incontrarle, mentre continuiamo
a vivere il regalo di quei giorni magici attraverso lettere, lavoro, pensieri
che si intrecciano a distanza, facendoci sentire vicine e parte della infinita tribù
viaggiante del teatro.

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