Calendario

Febbraio 2021


11 mag

Tourneè


12 mag

Tourneè


16 mag

Tourneè


17 mag

Tourneè


23 mag


24 mag

immagine di copertina Laboratori di sogni

Laboratori di sogni

Visioni
di Guido de Liguoro*

Sono tornato a teatro dopo quasi un anno.

No, non preoccupatevi, non vi siete persi niente, i teatri sono ancora chiusi al pubblico. Sono tornato perché avevo cose da fare, gente da vedere…

Sono entrato dalla porta degli artisti, passato dal corridoio degli uffici, ci sono persone, si muovono, girano, fanno cose, evanescenti, le persone, non le cose. Appaiono e spariscono leggere inseguendo dei sogni forse, progetti che immagino protesi oltre il mare. Sorrisi sopra la mascherina che valgono un abbraccio, un cenno rapido, non c’è tempo per le chiacchiere.

Movimento nel foyer, chi lavora a una struttura in legno (che sarà? Una scenografia, una cassaforte per le tracce fisiche di sogni messi lì di riserva?), chi fa laboratori a distanza per ragazzi (vi lascio cercare il gioco di parole. Un indizio: in inglese). Anche qui qualche sorriso lanciato nell’aria e mi stupisco dell’assenza di domande: che ci fai tu qui? Nel vorticoso turbinare delle attività che si inventano incessantemente non c’è spazio per la sorpresa, l’inaspettato è ospite quotidiano.

Un po’ incerto entro in sala. E’ piena! E’ piena di attesa. Posso vedere centinaia di occhi che aspettano di mettere a fuoco il palco nero, centinaia di mani frementi in un applauso troppo a lungo trattenuto, centinaia di cuori pronti a piangere, e a ridere, menti coltivate dai tempi pronte a ricevere semi fatti di gesti, luci e suoni, parole.

Sul palco una luce e un filo rosso, un altro progetto da svolgere. Come un gesto d’amore, penso. Per chi? Per chi di teatro e per il teatro vive e respira sogni da sognare insieme. Per tutti gli occhi e i cuori a casa che aspettano e non sanno ancora che il respiro del teatro anima sempre queste mura, per loro. Per me, che sono passato di qui perché avevo cose da fare, gente da vedere e proseguo sentendomi privilegiato, messo a parte di un segreto da raccontare: qui i sogni si realizzano, ogni giorno.

*Meridionale per nascita, lombardo per formazione,
cittadino d’Europa per scelta. Dopo una lunga vita di lavoro, viaggi e divertimenti vari, incontra l’ispirazione a Lecce. Curioso di tutto, appassionato di teatro e molto altro ancora, vive seguendo un motto: “c’è un solo modo per essere felici, fare solo cose appassionanti. E c’è un solo modo per fare solo cose appassionanti: appassionarsi di tutto quello che si deve fare!” Quasi attore in formazione, spettatore appassionato, attualmente cura il blog parolemiti.net

prossimi Appuntamenti

17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

Koreja in tournée

11 mag

LàQua

12 mag

LàQua

16 mag

LàQua

immagine di copertina La lezione di Umberto Eco

La lezione di Umberto Eco

Visioni
di Gigi Mangia

Il 19 febbraio di 5 anni ci lasciava Umberto Eco, grande intellettuale del ‘900 di cui avvertiamo, forte, la mancanza.

Di Umberto Eco ricordiamo tutti l’opera Il nome della rosa come esempio di scrittura e di costruzione di un romanzo storico.

La presenza “quotidiana” del grande intellettuale che più ci ha accompagnato è stata, però, La bustina di Minerva una rubrica culturale e ironica da lui curata, pubblicata dal 1985 al 2016 sull’ultima pagina del settimanale l’Espresso.

Il titolo della rubrica sottolineava l’occasionalità degli scritti, con riferimento alla nota bustina di fiammiferi, nella cui parte interna spesso si prendevano appunti o si annotano brevi considerazioni. Così il grande studioso letterato e semiologo della lingua, ci ha insegnato a riflettere sugli eventi e sulle grandi trasformazioni della società, del teatro e dell’arte, dove nascevano i progetti di ricerca delle avanguardie.

Umberto Eco è morto, ma la sua lezione è ancora viva. Ricordiamolo con questo sentimento.

prossimi Appuntamenti

17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

Koreja in tournée

11 mag

LàQua

12 mag

LàQua

16 mag

LàQua

immagine di copertina Il miracolo della semplicità

Il miracolo della semplicità

Aida Project. Intervista a Elena Bucci

Interviste
di Eleonora Tricarico

AIDA, un progetto alla ricerca dell’identità comune. Come
si può descrivere la fase sviluppata insieme?

Il lavoro in occasione del progetto AIDA è stato estremamente emozionante e ricco. Ancora una volta il potere del teatro, innestato su una realtà virtuosa come quella di Cantieri Teatrali Koreja, ha dato i suoi frutti. Persone e saperi, compiti e piaceri, vita quotidiana e vita artistica, pensiero, creazione, organizzazione e comunicazione con il pubblico si sono amalgamati con singolare armonia, rispettando le caratteristiche meravigliose della terra di origine e aprendo lo sguardo al mondo.

Ci siamo ritrovate a respirare e a creare insieme con molta
naturalezza, confermando quanto la frequentazione e le esperienze vissute con
intensità e reciproca partecipazione possano creare un terreno fertile per
nuove fioriture.

In virtù dell’attuale situazione, vi è stata una
discrepanza tra l’idea iniziale e quella sviluppata sul palco dei Cantieri
Teatrali Koreja, come avete affrontato il cambiamento?

Abbiamo accolto come elemento di ispirazione le difficoltà
del momento presente. La pandemia e l’emergenza sanitaria ci hanno privato dei
teatri, del pubblico, del nostro abituale ruolo all’interno della comunità, ma
allo stesso tempo ci hanno consegnato il compito prezioso e insostituibile di
trasformare la paura in energia, la tentazione alla chiusura in solidarietà, la
solitudine in raccoglimento pronto ad aprirsi a nuovi progetti. Ci siamo
trovati a considerare altri mezzi di comunicazione con il pubblico, a studiare
come tradurre in video il nostro lavoro in teatro, a scoprire come e quanto
possiamo trasmettere emozione attraverso i media, la scrittura, la fotografia,
il cinema. Ci siamo interrogate se e quanto debba trasformarsi l’arte della recitazione
per adattarsi a questi mezzi di comunicazione e abbiamo immaginato nuove forme
di spettacolo che raccontino anche a un pubblico distante e disabituato la
bellezza e il fascino del lavoro creativo.

Su cosa si è concentrato, in particolare, il vostro
lavoro?

Abbiamo lavorato intorno al pensiero e alla pratica
dell’autenticità e della qualità, concetti e risultati assai difficili da
definire e raggiungere. Abbiamo convenuto e messo in prova il fatto
inequivocabile che la loro ricerca garantisce il passaggio dell’emozione,
almeno in parte, attraverso qualsiasi mezzo.

Nel nuovo silenzio delle clausure, nel recinto delle
limitazioni e nell’obbligo alla distanza abbiamo riscoperto il calore della
vita comunitaria e dell’empatia, la fortuna di avere un teatro a disposizione
per lo studio, la preziosità di ritrovare il tempo del pensiero, della riflessione,
della scrittura.

Abbiamo subito ritrovato la capacità di ascolto e reazione
del gruppo che facilita lo slancio creativo del singolo già sperimentata nel
corso del lavoro precedente e l’abbiamo approfondita cercandone tutte le
possibili sfumature al presente.

Abbiamo sentito la necessità naturale di praticare tutti i
linguaggi e di mescolarli, allenandoci a non porci barriere mentali ma
lasciandoli scivolare gli uni negli altri: canto, danza, scrittura, dialetti,
lingue di origine, lingue straniere e inventate sono diventate l’idioma
condiviso di questa compagnia.

Abbiamo aperto i nostri quaderni di appunti comunicandone il
contenuto e trasformandolo.

Elena Bucci è un nome noto e un punto di riferimento sia
a livello nazionale che a livello internazionale. Inoltre, anche un richiamo importante
quando si parla di “Heroides”, il lavoro sviluppato in precedenza con il
direttore artistico di Koreja, Salvatore Tramacere. Quanto ciò ha influenzato
gli approcci futuri?

Ho invitato e incoraggiato le attrici autrici a sentirsi
Heroides, eroine della contemporaneità che non scrivono soltanto agli amati, ma
a tutto il mondo.

Ne sono usciti racconti che ho trovato molto originali e
sinceri e allo stesso tempo pieni di potenzialità drammaturgiche. 

Ho definito così, con indicazioni diverse per ogni autrice,
alcuni percorsi di studio che potranno essere realizzati sia singolarmente, sia
intrecciati gli uni agli altri.

Abbiamo tracciato una mappa di racconti sospesi tra
invenzione e autobiografia che potranno espandersi in molteplici direzioni
sviluppando la speciale qualità che abbiamo afferrato che ci ha permesso di
ridere fino alle lacrime e poi commuoverci, sentendo con forza la funzione
catartica del teatro e la sua capacità di generare immagini e scritture che,
partendo dal particolare, diventano storia di tutti.

Qualcuno ha cominciato una ricerca sulle origini del
linguaggio e degli alfabeti comparando più lingue praticate e amate, sia nella
vita che nel teatro, ricavandone un racconto imprevedibile, qualcuno ha
disegnato un ritratto tragico e comico di una giovane artista in cerca di lavoro,
qualcuno ha sfiorato il mistero del silenzio e della parola ritrovando racconti
del passato, qualcuno ha scritto e agito il mistero dell’attesa e dello sguardo
poetico che diventa scrittura, qualcuno ha rivissuto attraverso figure mitiche
drammi e paure personali e universali. Nello spazio vuoto, con l’aiuto di
pochissimi elementi, ho visto disegnarsi il potenziale di molti inaspettati
spettacoli.

Ho invitato le artiste a prendere nota di ogni momento di
studio e di pensiero facendone un diario aperto da consultare, approfondire,
continuare e le ho invitate a portare a termine, anche in differenti esiti e
direzioni, la drammaturgia d parole, gesti, silenzi, canti che abbiamo
cominciato insieme.

Non vedo l’ora di tornare ad incontrarle, mentre continuiamo
a vivere il regalo di quei giorni magici attraverso lettere, lavoro, pensieri
che si intrecciano a distanza, facendoci sentire vicine e parte della infinita tribù
viaggiante del teatro.

prossimi Appuntamenti

17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

Koreja in tournée

11 mag

LàQua

12 mag

LàQua

16 mag

LàQua

immagine di copertina Opinioni  di un virus

Opinioni di un virus

Interviste
di Gianni Pignataro*

“Non era un realista e io neppure, e sapevamo entrambi che gli altri, con tutta la loro banalità, erano soltanto dei realisti, stupidi come tutte le marionette che si toccano mille volte il colletto ma non riescono mai a scoprire il filo che le fa muovere”. 

(da Opinioni di un clown di Heinrich Böll)

G: Mi chiamo Gianni. E tu chi sei?

V: Il mio nome è Covid, Covid 19.

G: Così sei tu il famigerato Covid 19?

V: In persona, anzi in coronavirus. A dirla tutta il mio nome per intero sarebbe SARS CoV 2, ma puoi chiamarmi semplicemente Covid.

G: Ah, grazie. Sei piuttosto gentile per essere un assassino.

V: Assassino io? E perché mai?

G: Allora dimmi come definiresti uno che fin qui ha infettato e ucciso due milioni e mezzo di persone.

V: Uno che ha semplicemente fatto il proprio dovere.

G: Ecco, la tipica giustificazione dei nazisti a Norimberga.

V: Con la “piccola” differenza che loro avrebbero potuto scegliere diversamente, mentre io no.

G: Ah, no? Quindi tu non avresti libertà di scelta.

V: No, non posso che assecondare la mia natura.

G: Dunque la tua natura è quella di uccidere?

V: Non esattamente. Voglio soltanto replicarmi e perpetuare la mia specie.

G: A danno della specie umana?

V: Purtroppo la morte degli organismi viventi, che mi ospitano, è uno spiacevole effetto collaterale.

G: Uno spiacevole effetto collaterale. Stai dicendo che sei pentito?

V: Niente affatto. Sto dicendo che farei volentieri a meno di uccidere, potendo.

G: Non capisco. Spiegati meglio.

V: Devi sapere che non ho alcun interesse a uccidere gli umani. Anzi, mi diffonderei molto più rapidamente, se chi mi ospita non perdesse la vita.

G: Qualcosa di simile a quanto accade con l’influenza, intendi?

V: Precisamente. Piuttosto voi umani mi state facendo la guerra con tutte le armi a vostra disposizione, dalla distanza sociale ad una batteria di vaccini quanti non se ne sono mai visti prima.

G: Scusaci, se proviamo a sopravvivere. Perciò addirittura adesso saresti tu la vittima?

V: Non esiste alcuna vittima. E allo stesso modo non esiste alcun carnefice.

G: Tutto nella norma allora?

V: Più o meno. Questa pandemia non è la prima nella storia del mondo, non sarà l’ultima.

G: Se ti riesce, potresti essere giusto un filo meno cinico?

V: Non sono cinico. Semplicemente non giudico e a mia volta vorrei non essere giudicato.

G: Formazione cristiana, direi. Così, a naso.

V: Se ti fa piacere, mettila pure in questi termini.

G: Dunque sbaglio a considerarti come il nemico pubblico numero uno?

V: Ti ringrazio di avermi posto questa domanda, perché mi consente di esplicitare che oggettivamente entrambi abbiamo interesse alla sopravvivenza della rispettiva specie. Dispiace che al momento innegabilmente le nostre comuni esigenze appaiano inconciliabili l’un l’altra. Tuttavia mi sento di non escludere che in futuro si possa addivenire ad una soluzione di compromesso, che risulti soddisfacente per la totalità degli attori in campo.

G: Ma ti senti? Parli come un vecchio notabile democristiano.

V: Non mi pare di aver usato l’espressione “convergenze parallele”, come pure avrei potuto.

G: Bene, vedo che non ti manca un certo senso dell’umorismo.

V: Il senso dell’umorismo, il cinismo e tutte le altre “etichette” che mi hai appioppato finora sono nient’altro che categorie umane.

G: Spiacente, ma non ho altri strumenti.

V: Appunto, la tua è la classica visione antropocentrica.

G: Stai a vedere che alla fine della fiera quello sbagliato sono io.

V: Ancora insisti su questo tasto. Te l’ho già detto, in questa vicenda nessuno è sbagliato, nessuno è giusto.

G: Tu però hai già causato la morte di due milioni e mezzo di persone. Per me sei come Hitler.

V: Mi permetto sommessamente di ricordarti che Hitler non era un virus, ma un essere umano.

G: Per caso stai velatamente sostenendo che gli esseri umani siano i peggiori nemici di loro stessi?

V: Questi sono affari vostri. Personalmente ho altro, a cui pensare.

G: Come infettare il maggior numero possibile di miei simili?

V: Per l’appunto. Mi sa che ho già perso troppo tempo.

G: Con me caschi male. Indosso sempre la mascherina, mi lavo spesso le mani, pratico il distanziamento sociale e non vedo l’ora di farmi vaccinare.

V: Buon per te, amico mio. Vorrà dire che troverò qualcuno meno attento di te.

G: Ma, in conclusione, che razza di mostro sei?

V: Sono il Covid, te l’ho detto. E faccio collezione di umani.

Azzerare i pregiudizi, demolire le sovrastrutture. A questo ci abitua il teatro. Perché il teatro ha un altro tempo e uno sguardo diverso. Osservare il mondo con gli occhi degli altri è un esercizio difficile. Alcune volte doloroso, altre perfino divertente. Sempre interessante e utile, anzi assolutamente necessario.

* Gianni Pignataro è un addetto stampa con la passione del teatro. Di sé dice: “nato appena prima dell’anno che cambiò il mondo, posso vantarmi dicendo: io c’ero!”

prossimi Appuntamenti

17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

Koreja in tournée

11 mag

LàQua

12 mag

LàQua

16 mag

LàQua

immagine di copertina Un fenomeno  ancora da sconfiggere: il cyberbullismo

Un fenomeno ancora da sconfiggere: il cyberbullismo

Visioni
di Gigi Mangia

Dal 2017 in Italia vige la legge n°71 di Elena Ferrara, che fissa le linee generali di lotta al cyberbullismo, ma il fenomeno non è ancora stato sconfitto, anzi, forse si è aggravato.

Gli studi più recenti relativi alla condizione giovanile, le neuroscienze, hanno dimostrato che il dolore sociale è più forte, più difficile, di quello fisico. Ieri abbiamo ragionato sul disagio, oggi invece, dobbiamo ragionare sul dolore e cambiare, quindi, il registro di studio sui nativi digitali.

Nel cambiamento è coinvolta la scuola, le procure minorili, i servizi sociali, il cinema, il teatro, la famiglia. Il grande problema, dei nativi digitali è quello della fragilità; la scommessa pedagogica è su come insegnare loro la gestione corretta delle emozioni e su come poterli difendere dai pericoli nella rete. Sappiamo che la biologia favorisce i comportamenti di cura verso i figli, ma sappiamo anche che la cultura esercita una forte influenza.

Le nuove generazioni hanno già nelle loro mani lo smartphone sin da tenera età; lo sanno usare senza essere consapevoli delle grandi difficoltà e dei pericoli dello strumento. In rete, l’amicizia, la conoscenza dell’altro sono virtuali.

Nell’articolo “Essere genitori sufficientemente buoni” della rivista “Psicologia contemporanea” n.283 del 2020, Silvia Buonino scrive:

Tutti gli esseri umani, sia maschi che femmine, sono dotati biologicamente di capacità di condivisione dello stato emotivo di un’altra persona. Questa capacità si fonda sul riconoscimento delle emozioni altrui e si concretizza in forme diverse di condivisione, lungo un continuo che va dal contagio emotivo, automatico e riflesso, fino all’empatia vera e propria; quest’ultima è cognitivamente mediata dalla capacità di rappresentarsi il vissuto di un’altra persona, anche quando è molto diversa dal proprio”. La difficoltà di essere genitore nasce proprio dall’assalto educativo causato dalla rete e dalle tecnologie digitali che trovano impreparate le famiglie, spesso lasciate sole nella lotta contro il bullismo. 

Il cyberbullismo non è un problema solo della famiglia, ma della Polis, che rappresenta il carattere di chi la vive e la abita. La scuola come il teatro, il tribunale dei minori come i servizi sociali, sono tutti coinvolti nella lotta al cyberbullismo, condividendo un vero progetto formativo ed educativo del cittadino digitale per il qual si prefigura una società diversa dalla nostra.

Il 7 febbraio, giornata nazionale di lotta al bullismo e al cyberbullismo, è stata tutta la città ad essere blu, un contributo per ripercorrere l’origine dell’iniziativa della campagna nazionale ideata dal MIUR e denominata “Il nodo blu contro il bullismo”

prossimi Appuntamenti

17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

Koreja in tournée

11 mag

LàQua

12 mag

LàQua

16 mag

LàQua

immagine di copertina La memoria non è convenienza

La memoria non è convenienza

ma conoscenza della storia e rispetto delle parole

Visioni
di Gigi Mangia

Il Corriere della Sera di Venerdì 29 Gennaio 2021 riporta nell’articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo: nessuna giustizia per Pearl. Il Pakistan libera i 4 killer. La famiglia: un’ infamia. È un’amara notizia quella della corte suprema di Islamabad, organismo supremo del Pakistan, l’ aver liberato i terroristi motivando che nessuno di loro doveva restare in carcere.

Ahmed Omar Saeed Sheikh, ed altri, avevano decapitato il giornalista Daniel Pearl in un video e lo avevano postato in rete per informare l’opinione pubblica del sangue terroristico politico e soprattutto, di come usare la paura come arma di ricatto.

Il sacrificio e la morte del giornalista , inviato in Pakistan, per il Wall Street Journal e il suo essere ebreo, carica ancora di ulteriore veleno e sdegno l’atto terroristico . Con la morte in video del giornalista Pearl, è iniziata una delle pagine più oscure, più violente, più criminogene della comunicazione, perché ha dato inizio al “teleterrore” e alla “telepaura”. E’ iniziata così, la campagna terroristica della Jihad di Al Quaeda.

Il mondo occidentale è stato sconfitto e reso impotente davanti alla paura perché non è stato capace di imporre il potere di far rispettare i diritti civili delle persone.

La decisione della Corte di Islamabad di liberare i terroristi criminali, sanguinari, è un’offesa irragionevole, politicamente irricevibile dai Paesi Occidentali, dai quali chiediamo, ci aspettiamo di vedere una reazione ferma e irremovibile contro questa decisione.

Non si tratta solo di un’offesa ad un giornalista ebreo da parte degli arabi terroristi, ma di un vero pericolo contro la libertà di stampa e verso la vita di tutti i giornalisti, che cercano di informare la politica violenta e repressiva subita dagli innocenti .

Non possiamo dimenticare il giornalista Jamal Khassoggi tagliato a pezzi con una sega dentro al consolato saudita e poi fatto trovare nella città di Istanbul in una valigia, solo perché con le parole aveva cercato di informare l’opinione pubblica mondiale della politica violenta e repressiva del principe dell’Arabia Saudita Bin Salman.

Conoscenza della storia e rispetto delle parole

Con quale rispetto della memoria e delle parole si parla di rinascimento in Arabia Saudita del Principe Bin Salman, il quale è noto in Occidente per la sua politica autoritaria e repressiva e per essere stato protagonista della sospensione dei diritti civili e di avere messo al bando le forze sindacali?
Si può essere falsi verso la memoria e scorretti verso le parole?
La memoria è fatica e studio, il rispetto delle parole è corretta educazione civile. La memoria non è convenienza, ma conoscenza della storia e corretto rispetto dell’uso delle parole.

prossimi Appuntamenti

17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

Koreja in tournée

11 mag

LàQua

12 mag

LàQua

16 mag

LàQua

immagine di copertina La memoria aiuta a fare il futuro

La memoria aiuta a fare il futuro

Visioni
di Gigi Mangia

Il 27 gennaio la Giornata della Memoria fa 20 anni, fu istituita dal presidente Carlo Azeglio Ciampi e approvata dal Parlamento nel 2000.

Una scelta importante che ha tenuta viva la memoria sulla storia; è stata una finestra aperta sugli eventi più scuri e più duri dell’Europa ed è servita, soprattutto, a far conoscere anche ai giovani gli “specialisti dell’odio”.

La Giornata della Memoria si è avvalsa di molte testimonianze: ricordiamo quella del carabiniere Vito di Palma, oggi centenario, nato a Turi nel 1920 e residente a Roma. Di Palma fu un inviato come carabiniere speciale ad Atene, nel ’43 si rifiutò di aderire al nazismo e per questo fu rinchiuso in un lager in Austria.

La storia è ricca degli “specialisti dell’odio” che in Italia non ebbero opposizione. Benito Mussolini era a conoscenza dello sterminio degli ebrei, come anche il suo Ministro degli Interni Guido Buffarini Guidi, ma nessuno disse una parola per impedire che i treni carichi di ebrei raggiungessero Auschwitz.

La storia è ricca di figure ambigue: ricordiamo lo scienziato nato a Noicattaro nel 1880-1970 che sottoscrisse e partecipò alla stesura delle leggi raziali del 1938. Nicola Pende oggi si trova sepolto al centro dell’altare della Chiesa Matrice, l’Istituto Comprensivo del paese porta il suo nome.

La memoria serve per conoscere e serve soprattutto per prendere le distanze da quei personaggi che hanno mortificato e macchiato la storia dell’Italia. Oggi il tema delle testimonianze diventa importante perché i testimoni stanno per “finire”. Ci resteranno le testimonianze del digitale, del cinema, dei musei e dei teatri.

La musica, la poesia, la pittura, la letteratura sono le leve attraverso cui costruire la memoria della conoscenza e sono anche le discipline attraverso cui capire che la nuova identità dell’Europa nacque dalle macerie dell’Europa.

L’identità del nazifascismo era quella dell’individuo puro e perfetto, rappresentato dalla figura militare il cui corpo manifestava tutta la sua forza nell’eleganza della divisa, nel lucido degli stivali. Il nazismo, infatti, per realizzare il mito dell’io, doveva de-umanizzare l’uomo e difenderlo dall’inquinamento raziale e, quindi, dall’uomo ebreo di cui dichiarò la distruzione.

Il nuovo modello di identità dell’Europa rinata, risiede nell’individuo che deve trovare in sé la capacità di relazionarsi con l’altro di rispettarlo e di vivere con lui la libertà. La Giornata della Memoria serve proprio per fare questa esperienza e soprattutto per trovare la forza di non cadere mai nella banalità del male.

Hannah Arendt ci ha insegnato che l’uomo responsabile è anche l’uomo della libertà.

prossimi Appuntamenti

17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

Koreja in tournée

11 mag

LàQua

12 mag

LàQua

16 mag

LàQua

immagine di copertina Teatro, Agorà della parola

Teatro, Agorà della parola

Visioni
di Gigi Mangia

Il 21 gennaio di cent’anni fa, a Livorno, nel Teatro
“Carlo Goldoni”, nasceva il Partito Comunista Italiano.

Il movimento operaio nelle fabbriche aveva vissuto il
biennio rosso (1919-1920) e aveva fatto esperienza dei limiti della politica e
vissuto il tormento del ruolo della politica nell’organizzazione della società,
svolto dagli intellettuali di cui Antonio Gramsci fu tra i primi maestri.

Il partito comunista nasceva in un teatro, nella casa
della cultura. Il teatro nella storia ha sempre rappresentato l’uomo, ha
accolto i suoi sogni, si è fatto carico della sua educazione e ha guidato la
sua emancipazione.

Il teatro, per le classi sociali deboli, è stato
sempre uno spazio libero e accessibile, è stato L’Agorà della parola, dove i
maestri hanno potuto insegnare agli oppressi, agli esclusi, come sognare una
vita migliore.

Nel ‘900, secolo dei totalitarismi e delle due grandi
guerre mondiali, il teatro è stato l’istituzione di riferimento, di riflessione
e di ricerca per vincere il tormento della cultura, che però, ha resistito al
nazifascismo e alla distruzione della violenza delle grandi guerre.

Il teatro non ha mai chiuso le sue porte all’uomo, ha
sempre favorito il suo bisogno di sapere e quello di essere ricercatore di
felicità nell’arte e con l’arte.

Per fare teatro bisogna conoscere l’uomo e bisogna
avere la capacità di accompagnare il suo cammino. I cent’anni di storia del
Partito Comunista, oggi profondamente cambiato, appartengono alla storia del
teatro, dove è nato, perché il tormento del ruolo della cultura nella società
non è finito, anzi, forse, si è fatto più complicato, più complesso e più impegnativo
rispetto al passato.

La chiusura dei teatri ha portato silenzio e ha fatto
diventare mute le città.

prossimi Appuntamenti

17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

Koreja in tournée

11 mag

LàQua

12 mag

LàQua

16 mag

LàQua

immagine di copertina Non tutto il male…

Non tutto il male…

Visioni
di Guido de Liguoro*

Questa mattina ho sentito in radio Massimo Recalcati che
argomentava sulla Didattica A Distanza da un punto di vista, per me, nuovo e
che spero di sintetizzare correttamente: Perché concentrarsi solo su quello che
la DAD fa perdere e non su quello che fa guadagnare? Non vuol dire che tutto va
bene ma che non tutto il male… Speriamo e cerchiamo di avere i ragazzi in
classe al più presto ma facciamo tesoro di tutto quello che abbiamo scoperto,
inventato, imparato con la DAD.

Per me i tempi della didattica, a distanza o in presenza,
sono finiti da tempo; quello che mi manca in presenza, molto, è il teatro. E
vivo con disagio le alternative a distanza che i professionisti del settore mi
propongono. Forse anche io devo cambiare punto di vista sul TAD.

Mi sono visto proporre decine di spettacoli online,
offerta generosa, credo faticosa per chi la propone, dolorosa anche ma in
fondo, banale.

Ma ho visto anche molto di più, di diverso, di nuovo.
Molto che, forse perché concentrato su ciò che mi mancava, non sono riuscito ad
apprezzare.

Ho visto spettacoli in scatola, spettacoli consegnati a
domicilio nei cortili, spettacoli a sorpresa come in un caccia al tesoro,
spettacoli site specific in siti tanto improbabili per me da essere spettacolo
in sé, spettacoli proposti da palchi distribuiti su più città e più continenti.

Certo rimane la mancanza del contatto con il pubblico e
non solo per gli interpreti, anche per gli spettatori, quell’essere parte di.

Normalmente non guardo i talent alla televisione ma una
sera, capitatoci per caso, anche lo zapping ha un suo perché, mi sono trovato,
quasi, a teatro.

Di fronte al palco c’era una parete di schermi, su ogni
schermo il viso di uno spettatore collegato in diretta che diventava quindi
parte dello spettacolo, per gli interpreti e gli spettatori a casa, o a caso,
come me.

Il teatro uscito dai teatri ha saputo inventare nuovi modi di integrare la tecnologia e nuovi spazi di espressione. Sono certo che i professionisti sapranno farne tesoro anche quando gli applausi torneranno a viaggiare nell’aria della sala. 

*Meridionale per nascita, lombardo per formazione,
cittadino d’Europa per scelta. Dopo una lunga vita di lavoro, viaggi e
divertimenti vari, incontra l’ispirazione a Lecce. Curioso di tutto,
appassionato di teatro e molto altro ancora, vive seguendo un motto: “c’è un
solo modo per essere felici, fare solo cose appassionanti. E c’è un solo modo
per fare solo cose

appassionanti: appassionarsi di tutto quello che si deve
fare!” Quasi attore in formazione, spettatore appassionato, attualmente cura il
blog parolemiti.net

prossimi Appuntamenti

17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

Koreja in tournée

11 mag

LàQua

12 mag

LàQua

16 mag

LàQua

immagine di copertina Il ritardo del governo sulla scuola

Il ritardo del governo sulla scuola

Visioni
di Gigi Mangia

Il ritardo del governo sulla scuola nasce fra aprile e maggio del 2020 quando non si è capito che il Covid-19 stava portando dei cambiamenti profondi nell’organizzazione sociale e quindi nelle relazioni personali.

Si è perso tempo di studio prezioso per i giovani: meno si studia e più si è vulnerabili. A torto si è pensato che, superata la crisi, tutto sarebbe tornato alla vecchia normalità. È stato un gravissimo errore non vedere i ritardi della scuola, soprattutto i ritardi nella tecnologia digitale e ancor di più non aver avuto un’idea di scuola capace di rispondere ai bisogni formativi ed educativi del futuro delle nuove generazioni.

Si è perso tempo prezioso e soldi spesi inutilmente per i banchi a rotelle e non si è pensato invece a come far arrivare in sicurezza gli studenti a scuola. Nonostante la scuola sia la priorità del Paese, di essa si è solo parlato, senza ragionamenti né programmazioni.

La scuola del futuro

La scuola che non lascia indietro nessuno deve avere spazi aperti e accessibili, senza barriere e deve essere in rete con i musi, biblioteche, teatri e fondazioni culturali per imparare il mestiere delle arti e della scrittura per diventare generazione matura. Per cambiare la scuola servono soldi, molti soldi, per portare la rete della fibra ottica, tutti gli istituti devono essere cablati e interconnessi, ma soprattutto serve una “visione culturale” della scuola di domani. Anche il tempo della scuola deve cambiare: non può più essere quello del tempo delle lezioni con i professori, ma quello dello studio, della ricerca, dello scambio e della condivisione fra gli studenti.

La scuola del futuro è quella che non chiude mai, rimane sempre attiva, comunica sapere e promuove socialità. La nuova scuola ha bisogno di personale preparato al cambiamento. L’Italia nella conoscenza e nell’uso delle competenze tecnologiche è ultima in Europa. La scuola nuova deve essere quella di uno spazio sociale libero dal mercato e lontano dal capitalismo. La scuola deve essere l’incontro dei Maestri da seguire e ascoltare. I Maestri aiutano ad essere liberi e capaci di rispettare la vita degli altri.

La scuola siamo noi, nostro è il dovere di
lottare, di partecipare e di ascoltare. Nella scuola si cresce, si diventa
maturi e da essa dipende il futuro che vogliamo.

prossimi Appuntamenti

17 mag

Fabrizio Gifuni

Con il vostro irridente silenzio

23, 24 mag

FORTY!

Koreja in tournée

11 mag

LàQua

12 mag

LàQua

16 mag

LàQua