Calendario

Maggio 2020


18 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra


19 lug

Tourneè

Teatro Koreja in collaborazione con Potenziali Evocati Multimediali

X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

dj set a cura di Enrico Stefanelli

Frequenze naturali


20 lug

Emanuela Pisicchio ed Enrico Stefanelli

Ánemos Nóos

I nuovi scalzi/crest

La Ridiculosa commedia


21 lug

Roberto Latini

Paradiso Perduto

Gianluca De Rubertis (Il Genio)

Discorsi suonati su Paolo Conte


22 lug

Brigitte Cirla & Sébastien Béranger

Recettes Immorales

Brigitte Cirla & Sébastien Béranger

Recettes Immorales


23 lug

Carlotta Viscovo

Il corpo della Lotta

Gianni Blasi e Vincenzo Pentassuglia

Eco Liquido

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH


24 lug

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

Atalaya de Musicas

Resistencia Arbórea


25 lug

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

A. Renda/ Albe, Ravenna Teatro

NEPHESH

Teatro Koreja

Modugno, prima di Volare

Atalaya de Musicas

Suite Flamenca

immagine di copertina Riaprire la scuola

Riaprire la scuola

Visioni
di Gigi Mangia

La paura è come un serpente, striscia e spaventa, genera comportamenti irrazionali che possono anche sfociare nella sindrome della tana, ovvero del preferire la sfera protettiva della propria dimensione domestica alla relazione/confronto con i propri simili. Sappiamo benissimo però che sia i bambini che gli adolescenti sono in condizioni normali naturalmente votati alla socialità e al confronto anche conflittuale con i propri pari età, e la scuola è fin dalla sua origine, lo spazio privilegiato in cui la socialità si sviluppa e si articola magari cercando con innumerevoli sforzi di essere inclusiva e propositiva. È evidente a tutti che le esigenze sanitarie e di sicurezza che hanno portato alla chiusura delle scuole se hanno salvato migliaia di vite hanno d’altro canto commissariato la crescita sociale dei minori e in molti (troppi per la verità) casi hanno negato anche l’accesso al sapere e alla conoscenza. Tra le tante distorsioni di questa situazione non possiamo trascurare anche il fatto che il lockdown ha isolato i bambini disabili, aggravando i problemi dei loro genitori a volte impossibilitati anche a partecipare alle lezioni a distanza. I diversamente abili sono pluriminorati, la loro partecipazione alle attività è difficile, complessa e perciò può svolgersi solo in presenza. Per un bambino disabile l’isolamento è una fatica inspiegabile così come per la famiglia invece è la prova più impegnativa perlopiù lasciata sulle spalle delle mamme, magari non esperte e capaci solo con la forza del cuore di corrispondere ai bisogni più evidenti. In questo senso molto poteva essere fatto e molto dovrà essere fatto quando le condizioni lo consentiranno così come dovrà essere fatto per recuperare i danni provocati anche verso un altro aspetto della questione.  L’Italia sulla scuola inclusiva ha la legislazione più avanzata, spesso però poco applicata e le lezioni a distanza hanno aumentato le differenze sociali a discapito dei soggetti più deboli, i figli senza né biblioteca né stanzetta e né tablet. Conseguenza inevitabile, come riscontrato nelle realtà sociali più difficili sia del Sud che del Nord è stato l’aumento della dispersione scolastica.

Condividiamo pertanto l’appello rivolto nei confronti del Governo Italiano da quanti, intellettuali, insegnanti e genitori pensano che sia quanto mai urgente rivedere l’impostazione conservativa e prudente finora adottata per studiare e adottare quelle soluzioni che garantendo sicurezza e qualità della vita consentano di riaprire le scuole. Il tablet non potrà mai surrogare il valore profondo della scuola in presenza.

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17, 18 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

19 lug

Teatro Koreja in collaborazione con Potenziali Evocati Multimediali

X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

Koreja in tournée

immagine di copertina Le parole ci cambiano

Le parole ci cambiano

Settimana nove

Visioni
di Giorgia Cocozza e Anđelka Vulić

Buongiorno ragazzi, sviluppiamo ulteriormente il nostro gioco: vorremmo movimentarlo un po’ ascoltando le vostre voci. L’attore e regista francese Jean-Louis Barrault diceva che “l’attore è colui che col suo corpo incide lo spazio e con la sua voce incide il silenzio”.

Ci avete mai pensato a quanto possa rivelarsi intimo l’ascolto di una voce? Con la nascita dei social, è molto facile scoprire il volto/corpo di qualcuno. Siamo bombardati da facce, di conoscenti e perfetti sconosciuti. È molto più raro e (forse) prezioso, invece, incontrare la voce di qualcuno. Sentir parlare una persona può stravolgere istantaneamente la percezione che abbiamo di lei o di lui. Infatti, attraverso il timbro vocale, il colore di una voce, la sua intensità e tono, il suo ritmo, le sue pause e respiri, il suo volume, le sue inflessioni regionali e, probabilmente, i suoi difetti di pronuncia, una voce può trasmetterci innumerevoli sensazioni. Una voce poi cambia nel tempo, così come cambia la pelle delle persone. Chi lo sa come sarà la voce dei nostri figli, se ne avremo. Bene. Da adesso giochiamo anche con le voci. Le vostre.

Il gioco è questo:

  1. Chiedersi: Come mi sento oggi ?
  2. Scegliere un’opera d’arte che racconti visivamente le mie sensazioni;
  3. Scegliere una parola che descriva il mio mondo interiore oggi e, quindi, l’opera d’arte scelta.

*Pratica in Cerca di Teoria under 17 – esperimento di
laboratorio a distanza per la costruzione di pensiero.

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17, 18 lug

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Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

19 lug

Teatro Koreja in collaborazione con Potenziali Evocati Multimediali

X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

Koreja in tournée

immagine di copertina Sognare

Sognare

Visioni
di Gigi Mangia

Sognare è un’attività fondamentale per la salute, in modo particolare per quella dei bambini. La ricerca sta approfondendo il cambiamento del sognare in tempi di quarantena, di distanza sociale, di allontanamento delle figure fondamentali della vita dei bambini: dai nonni alle maestre ai compagni di gioco. Un forte impatto emotivo sulla persona è dato dal linguaggio e dai dispositivi di difesa sanitaria dal Coronavirus come le mascherine e i guanti. Lo specialista, volto noto al grande pubblico, Massimo Recalcati, parla di cambiamenti profondi del sognare. Ai bambini è molto difficile parlare di paura quando il pericolo è invisibile.

Convincere i bambini che la mascherina serve ad evitare il contagio non risulta essere facilmente comprensibile. Il divieto di abbracciare il nonno è subìto come un castigo incomprensibile. I bambini, nella loro lotta al Coronavirus, sono i più penalizzati e i più soli, perchè sono stati allontanati dalle figure di riferimento più significative per la loro affettività. L’inizio della relazione sociale “io-tu” del bambino è quella con la sua mamma, con la conoscenza del suo volto e della sua voce. Per il bambino vedere il volto mascherato della mamma è percepito, emotivamente, come smarrimento nella paura. La solitudine del bambino senza scuola, senza teatro, senza nonni e senza compagni diventa uno spazio di reazione in cui attivare energie creative. Per lui, sotto ad un tavolo c’è un teatro dove recitare storie; una sedia può diventare un cavallo per raggiungere i nonni, i compagni di gioco, le maestre. Il bambino non è un attore, ma un creatore di rappresentazione; per lui l’arte non è un mestiere, ma la vita.

Così saggiamente insegnava nella “Fantastica” il grande conoscitore dei bambini, Gianni Rodari. I bambini torneranno nel loro teatro e porteranno tutte le difficoltà emotive vissute nel tempo di quarantena. Per loro bisogna preparare un’accoglienza festosa e predisporre un laboratorio di ascolto ai loro liberi racconti di esperienze di solitudine. Il teatro è libertà di fare, di parlare, di ascoltare, di inventare storie. Il teatro è cura ed educazione della sfera emotiva dei bambini. Le famiglie si devono fidare e devono credere.

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17, 18 lug

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Il suono della caduta

18 lug

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Dalla Luna alla Terra

19 lug

Teatro Koreja in collaborazione con Potenziali Evocati Multimediali

X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

Koreja in tournée

immagine di copertina Le parole ci cambiano

Le parole ci cambiano

Settimana otto

Visioni
di Giorgia Cocozza e Anđelka Vulić

Buongiorno ragazzi, sviluppiamo ulteriormente il nostro gioco: vorremmo movimentarlo un po’ ascoltando le vostre voci. L’attore e regista francese Jean-Louis Barrault diceva che “l’attore è colui che col suo corpo incide lo spazio e con la sua voce incide il silenzio”. Ci avete mai pensato a quanto possa rivelarsi intimo l’ascolto di una voce? Con la nascita dei social, è molto facile scoprire il volto/corpo di qualcuno. Siamo bombardati da facce, di conoscenti e perfetti sconosciuti. È molto più raro e (forse) prezioso, invece, incontrare la voce di qualcuno. Sentir parlare una persona può stravolgere istantaneamente la percezione che abbiamo di lei o di lui. Infatti, attraverso il timbro vocale, il colore di una voce, la sua intensità e tono, il suo ritmo, le sue pause e respiri, il suo volume, le sue inflessioni regionali e, probabilmente, i suoi difetti di pronuncia, una voce può trasmetterci innumerevoli sensazioni. Una voce poi cambia nel tempo, così come cambia la pelle delle persone. Chi lo sa come sarà la voce dei nostri figli, se ne avremo. Bene. Da adesso giochiamo anche con le voci. Le vostre.

Il gioco è questo:

1) Chiedersi: “Come mi sento oggi?”;

2) Scegliere un’opera d’arte che racconti visivamente le mie sensazioni;

3) Scegliere una parola che descriva il mio mondo interiore oggi e, quindi, l’opera d’arte scelta.

*Pratica in Cerca di Teoria under 17 – esperimento di
laboratorio a distanza per la costruzione di pensiero.

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Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

19 lug

Teatro Koreja in collaborazione con Potenziali Evocati Multimediali

X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

Koreja in tournée

immagine di copertina Racconti a catena

Racconti a catena

storie di stanze in stanze #2

Visioni
di Emanuela Pisicchio

Il passaparola è partito, piano piano raggiungerà tutte le stanze di tutti i bambini e le bambine del Cantiere dei piccoli. Per una storia collettiva che nasce giocando. Ho il sospetto che questa storia potrebbe non finire mai. Si precisa che Nessun giocattolo è stato maltrattato durante le riprese.

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17, 18 lug

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Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

19 lug

Teatro Koreja in collaborazione con Potenziali Evocati Multimediali

X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

Koreja in tournée

immagine di copertina Pratica in cerca di pratica

Pratica in cerca di pratica

Visioni
di Emanuela Pisicchio*

Cosa resta di una Pratica che deve fare a meno della sua pratica?

Il nostro lavoro si è fermato all’improvviso, abbiamo dovuto abbandonare una sala prove che traboccava di immagini, oggetti, costumi e parole. Se si potesse spiare al suo interno, forse ci potremmo scorgere ancora il tavolo ricoperto da una tovaglia rossa, una camicia verde acqua, una lanterna ancora accesa, un cappello verde, una sedia, un abito bianco e un fioco controluce.

Abbiamo incontrato alcuni personaggi, li abbiamo vestiti, abitati, ne abbiamo ricercato la camminata, la postura, la voce, le parole. Abbiamo piegato, tirato, strappato, sbattuto e accarezzato la tovaglia rossa. Silenziosa testimone di un mondo in divenire. Quinta, sipario, riparo. Dopo giorni di silenzio, qualcuno si è riavvicinato al proprio personaggio. Lo ha chiamato per nome, pizzicandogli la guancia, invitandolo a camminare un po’ e a raccontarsi. Per quello che è adesso. Queste sono le parole di Caterina della “Bisbetica Domata”, attraverso gli occhi di Sabrina.

La scena è un ambiente scuro, cupo.

Al centro solo il letto e un lenzuolo quasi invisibile che lascia trasparire le linee di un corpo femminile in vesti succinte: calze a rete, una minigonna attillata e un top nero.

Nella penombra Caterina aspetta che passi la notte, sola e infreddolita, rannicchiata a sinistra, in posizione fetale.

Sulle labbra ha ancora un alone del suo rossetto rosso e qualche traccia di trucco. Ha pianto e ha uno sguardo fisso.

CATERINA

Questo tempo è grigio. Non se guardo fuori dalla finestra. Neanche dentro di me, dove regna una serenità quasi surreale, improbabile… sono io davvero?

Sì.

E dove sono? Dove non dovrei essere.

Una pausa nel sogno… Un fermo immagine in cui ho accolto tutto tranne il giudizio.

Non riesco a formularne uno accettabile, comprensibile, e d’altra parte mi ha sempre fatto male, non può essere tra le mie ancore di salvezza.

Non so cosa stia accadendo ma è certo che io continuo ad essere, inesorabilmente, quella del passato che si confonde col presente.

Una volta sono stata sicura, fiera nell’aspetto e nella mia corteccia interna. Poi ho attraversato il tempo immobile, nel bene e nel male. Ho visto solite storie, finzioni standard, perbenismo ghiacciato, banali matrimoni, cinismo inaspettato, morti insondabili ed egoiste.

E io sempre uguale, fedele alle mie lacrime. Una me oscillante tra allora e oggi.

Ora i miei occhi si sono ritratti, come tante volte in cui non vedere mi ha protetto.

Vivo nascosta dentro al mio corpo, che mi ha sempre fatto da scudo. Sotto molti strati, indietro. Non sento, ho fame e ho sete perché devo averle.

Ma, finalmente, attorno a me la calma piatta, e una serenità che ho desiderato tanto regna dentro di me, legittimata da un destino comune agli altri.

Finalmente a casa. Quale casa?

Ancora niente, non la tua, che forse non esiste.

Ora nessuno di noi ha quello che aveva prima o può avere quello che sperava: un mondo effimero e indefinibile. Nessuno può ambire più a relazioni sociali, niente invidia, gelosia, rivalità, conflitti, lotte, affanni, affermazione sociale, successo.

E io?

Niente sensi di colpa.

Finalmente siamo tutti uguali. Io non sono meno donna di altre, neanche il tempo può togliermi niente di più di quello che sta togliendo a loro.

Mi toglie solo quello che faticosamente stavo lottando per avere.

Hai detto niente.

In più nel frattempo sto crescendo.

Questo calore che assale le mie 48 primavere, sole, mare, lacrime, vento, ricerca, cuore, fretta, non amore, Torino, Roma, ritorno, delusione, il tutto passato e il tutto fermo… è quello di una donna-mondo che avverte un dolore che non ha mai conosciuto, che può solo ‘subire’.

Ogni tanto è una tenerissima stella che splende dentro e ogni tanto si spegne da sola per non abbagliare all’esterno.

Ora sono la persona di un presente forzato, in cui tutto è quello che deve essere, quello che bisogna fare, sfrondato da tutte le paure, i capricci di un tempo di cose futili, ripetitive e sovrabbondanti, niente trucco, niente compromessi socializzanti voluti per farmi crescere e impedire alla solitudine di essere mia madre.

Parole, rifiuti, corse, nonamore, nonamicizia, paura. Tutto finito.

Ora regna l’immobilita’ fisica, è così, deve essere. Non c’è più nessuno attorno che mi sta aspettando, tutto finito, niente orari, niente vestiti, lavaggi, corse, dovere, obbligo, obbligo, poco piacere, fatica, ambizione, macchina, sogni che si realizzano, forse. Niente.

Soprattutto non ci sono più uomini…

No aspetta. Non ci sono mai stati.

Nessun marito. Nessun essere penoso, esemplare ‘dotato’, di quella specie di personaggi che ti invitano fuori fingendo interesse per il tuo ‘patrimonio intellettivo’, o di quelli che non ti invitano, come se tu fossi un drago, perché neanche loro vedono le tue ali, lì dietro…

No non lo voglio un uomo, sarebbe tutto inutile. E poi è proibito anche quello.

Questo penso, immobilizzata dagli eventi.

Eppure la mia mente corre, si affanna, fa, dice, pensa, progetta, esplora, e corre, formula, concilia, previene, pensa, cura, accoglie. Questa folle corsa virtuale che sta impegnando tutto dentro di me per non farmi realizzare cosa c’è fuori… o forse, più evidente-mente, mi evita di pensare di essere tornata nel mio antico ‘nido’ scomposto…

In tutti i modi ci risiamo ancora.

Sto nuovamente trascurando la mia piccola, questa volta per piccoli altri. Continuo a non voler ascoltare i suoi richiami, le tolgo voce, ora del tutto, sperando come sempre che possa capirmi… Proprio ora che stavo iniziando a vedere la mia luce, la voglia di una vita diversa… Proprio ora che stavo riuscendo ad essere io genitore di me stessa, donna senza essere figlia… Niente.

Mi sento risucchiata in una prigione.

E ancora una volta ho dovuto rinunciare anche alla mia Libertà. Io non ho bisogno di riflettere senza di Lei. Non siamo una coppia affiatata, è evidente, e sembra infinita questa ricerca di un’intesa possibile… Ma è lei che ogni tanto deve mettermi sul comodino e guardarmi da lontano perché non ha tempo. È di quelle stronze che maltrattato proprio le persone care. Comunque io aspetto, lo sto facendo da una vita ormai, e d’altronde non posso fare altro. 

da “Pratica in cerca di teoria #2”, laboratorio di Koreja diretto da Emanuela Pisicchio.

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Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

19 lug

Teatro Koreja in collaborazione con Potenziali Evocati Multimediali

X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

Koreja in tournée

immagine di copertina Le parole ci cambiano

Le parole ci cambiano

Processi, racconti e punti di vista_Settimana sei

Visioni
di Giorgia Cocozza e Anđelka Vulić

Il nostro teatro ha sospeso le attività sette settimane fa. Era il 12 marzo 2020. Quel pomeriggio l’aria era calda e Lecce silenziosa. Il sole del pomeriggio profumava già di primavera. Quel giorno la percezione delle ore che scorrevano era diversa. Dopo aver messo in ordine il teatro, Andjelka ed io abbiamo salutato i nostri colleghi. Ci siamo “abbracciati” con sorrisi e lacrime (rigorosamente) a distanza. Ho preso la macchina e siamo andate al supermercato. Una volta arrivate a casa, abbiamo messo in ordine la spesa e ci siamo sedute in cucina. Abbiamo messo sul fuoco il caffè: era arrivato il momento di provare a mettere in ordine i pensieri. Andjelka ed io lavoriamo e viviamo insieme da quasi due anni. Passiamo molto tempo insieme. Quindi, ci capita spesso di provare ad ordinare i pensieri insieme. Abbiamo entrambe i capelli biondi e gli occhi azzurri, ma, io e Andelka, parliamo due lingue diverse. Siamo nate e cresciute in due Paesi diversi. In verità, col tempo, abbiamo scoperto di parlare la stessa lingua. Quella dei sentimenti, del rispetto, dell’ascolto e della fiducia. Le nostre culture si intrecciano nel dialogo e nel confronto cresciamo insieme anche noi. Il vocabolario degli esseri umani può incredibilmente assomigliarsi, a prescindere dal luogo in cui si è nati, dal colore della propria pelle o dalla propria fede religiosa. Quel giorno, il 12 marzo, ci sentivamo dentro una bolla e, mentre bevevamo il caffè, ci siamo dette che ci risuonavano in testa le stesse parole. Così abbiamo ideato questo gioco a distanza con i ragazzi di un laboratorio che curavamo insieme il venerdì pomeriggio: “Le parole ci cambiano”. Questa settimana abbiamo deciso di fare una pausa. Riprenderemo il lavoro con i ragazzi tra sette giorni. Nel frattempo, ci siamo messe a ragionare su quello che per noi significano le parole.

Le parole, oggi e domani

Qualche volta, le parole si aggrovigliano nella mente e sulla lingua. Qualche volta, le parole sono così tante da sovrapporsi mentre le pronunciamo, fino a farci balbettare. Qualche volta, in verità, si ha troppa fretta di parlare…

Qualche
volta, purtroppo, si parla anche prima di pensare.

Qualche
volta, le parole sono troppe.

Qualche
volta, tuttavia (per fortuna), le parole mancano.

Non
bastano.

Sono
insufficienti a saziare, a vincere, a raccontare.

Sono
inadeguate ad esprimere una sensazione che c’è e basta.

Qualcosa
esiste e non la si riesce a decodificare con le parole.

C’è gente che ha una teoria su qualsiasi cosa. Anche su quello che non conosce. Le parole che scegliamo, che pensiamo, che diciamo, che agiamo, cambiano il nostro “modo” di percepire quello che accade attorno e dentro di noi. Il nostro “modo” è nostro e, quindi, dipende da noi. Il “modo”, il “come”, fa sempre la differenza. Nella vita e a teatro. Se il nostro “modo” dipende molto dalle parole che usiamo nella nostra quotidianità, cerchiamo di scegliere quelle giuste. Le parole giuste possono salvarci. Le parole ci cambiano. Apriamo l’armadio delle parole, ogni giorno, scegliamo un capo-parola che ci avvicini a quello che può essere il nostro “modo” di stare bene, di essere felici.

Giorgia Cocozza

La
parola

La parola è libera. Sa come cambiare forma. Sa evolversi. Sa accarezzare o colpire, a volte allo stesso tempo. La sua durata può corrispondere solo al tempo di un respiro o può rimanere per sempre scritta. Un mucchio di parole può essere sostituito da una sola parola apparentemente debole. A volte è sufficiente una sola parola per sbrogliare il mucchio di parole fragorose. E alcune parole non dette possono risuonare per secoli. Possono essere forti come la prima parola di un bambino e sottostimate come una semplice frase: come stai? Le parole traducono i nostri segreti più profondi e le parole possono viaggiare in 7.117 lingue diverse. A volte si perdono in quelle traduzioni. Si confondono anche a distanze minori. Quindi, dobbiamo usarle con molta attenzione. Soprattutto in questi giorni. Perché ora le parole devono completare i baci iniziati, gli abbracci insufficientemente scambiati e sussurrare i tocchi.

Andjelka Vulic

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Koreja in tournée

immagine di copertina Racconti a catena

Racconti a catena

storie di stanze in stanze

Visioni
di Emanuela Pisicchio

Il Cantiere dei Piccoli, il laboratorio di Koreja diretto da Emanuela Pisicchio e Giorgia Cocozza, si è ammutinato. A teatro non ci possiamo andare, a casa da soli non è lo stesso. Ma un bambino fermo non ci sa stare. Così sono nati i racconti a catena, piccole storie che viaggiano di stanza in stanza, da una voce all’altra, da un giocattolo all’altro.

Sono racconti condivisi, in cui i giocattoli sono narratori e protagonisti. Tutto nasce all’improvviso e non si sa mai dove si andrà a finire. L’importante è raccontare, l’importante è fermarsi ad ascoltare.

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X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

Koreja in tournée

immagine di copertina Lunatica

Lunatica

Parole scelte del Liceo "Virgilio-Redi" di Lecce

Visioni
di Giulia Falzea

Lunatica è una nuova città. La città del possibile, fondata da donne, sedicenni. È l’approdo in un’isola immaginata, voluta e sperata. È una nuova tappa del viaggio di Ulisse, un capitolo dell’Odissea che non è mai stato scritto, è il desiderio di creare un mondo fantastico nel chiuso della propria stanza. In Lunatica, scrivono Benedetta, Aurora, Martina, Giada, Piera, Irene e Marina la Luna è sulla terra. Si producono in grande quantità sacchetti per cancellare per sempre della terra l’omofobia, il razzismo e quella dannata violenza. I sacchetti danno voce a chi non ce l’ha. In Lunatica tutto il mondo si conoscerà. Finalmente, esplorando ben oltre 5% del mare conosciuto, si troveranno le sirene. In caso di noia, si potrà entrare entrare nei libri per vivere diverse storie d’amore. A scelta si potrà sposare un principe e diventare la lady D del 21°secolo. Alcuni giorni, magari, si può aprire un’erboristeria in cui tutti i prodotti derivano da fiori dei giardini di Lunatica. Questa è una città con due dimensioni, una nel passato e una nel futuro. È una città da cui partire, almeno una volta nella vita e girare il mondo in bicicletta, ma con Jovanotti. Lunatica ha scritto un manuale che ha le risposta a tutte le domande. In Lunatica si producono i musical di Broadway. È stata realizzata una macchina del tempo e dello spazio in modo da poter fotografare ogni paesaggio sulla terra. Quando piove, piove zucchero filato, e le case sono fatte di cioccolata. È stato realizzato  un film che mette insieme tutte le migliori le serie. In Lunatica si può parlare con gli animali e ci sono i migliori detective, scoprono i crimini in dieci minuto. In Lunatica girano indisturbati pronti a fare un balletto Uma Thurman , John Travolta, Audrey Hepburn, Michael Jackson In Lunatica è assolutamente vietato:

               * Aspettare troppo tempo per fare le cose

               * Negatività

               * Avererimpianti

               * Avere pregiudizi

               * Perpetrare le ingiustizie

               * Avere bassa autostima

               * Rimandare

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X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

Koreja in tournée

immagine di copertina Le parole ci cambiano

Le parole ci cambiano

Diario di un laboratorio - settimana cinque

Visioni
di Giorgia Cocozza e Anđelka Vulić

Cari ragazzi,

per alcune settimane ci hanno accompagnato le parole che vi elenco di seguito: lontananza, sguardo, rito, quando, privilegio, famiglia, televisione, finestra, pazienza, futuro, attesa, muri, libertà, domenica, resilienza, ordine, domanda, tavola, equilibrio e prima. Adesso cambiamo un po’ il gioco. Vi concediamo una settimana di tempo per riflettere attorno alla parola bianco. Ma, questa volta, vorremmo che la riflessione vi conducesse alla scelta di un’opera d’arte in cui, a parer vostro, la parola bianco è presente. Bianca come il latte può essere la pelle di una donna o di un bambino; uno sguardo è bianco, forse, quando è limpido, pulito, giovane; il cielo e le nuvole possono essere bianche, cariche di pioggia; bianco, accecante, travolgente può essere il desiderio; bianco è ciò che non si conosce, il futuro o il Paradiso; forse bianca può essere anche la morte… e via dicendo. Trovate quello che per ognuno di voi significa bianco e proponeteci il nome di un’opera d’arte. Anche qui, per opera d’arte si intende ciò che per voi è un’opera d’arte: una scultura, un dipinto, una chiesa, una fotografia… qualsiasi cosa tranne film e musica. Vorremmo che sceglieste opere d’arte che siano “ferme”. Così come, apparentemente, lo siamo noi adesso. Dopo aver scelto, commentate brevemente la vostra decisione; raccontateci perché avete fatto quella scelta. Nello studio del personaggio, per raggiungere la propria personale ed unica interpretazione, un attore può scegliere di lasciarsi ispirare da alcune immagini. Può studiare, ad esempio, la postura del soggetto scelto, o forse il suo sguardo; magari può circondarsi e maneggiare, durante la fase di studio e d’improvvisazione, un oggetto che la figura dipinta possiede; o può prendere in considerazione un’immagine in cui non è l’uomo ad essere rappresentato, bensì un animale, un colore, un luogo reale oppure immaginario. Ad esempio, pensate in quanti modi può essere rappresentato un sentimento!

Buon lavoro! Vi abbracciamo sempre.

Un colore che esprime emozioni.  È simbolo di purezza, castità, ma anche bellezza. Un’opera d’arte che ho scelto e che esprime una bellezza profonda è: “La Pietà” di Michelangelo Buonarroti. In quest’opera troviamo Maria che, con il viso rigato di lacrime, abbraccia il figlio morto. Studio questa statua in religioso silenzio e contemporaneamente la contemplo in tutto il suo splendore.  È statica. Ferma, come lo siamo noi in questo periodo di forte tensione e nel quale la morte aleggia mietendo tante vittime innocenti. Ludovica

Ho scelto quest’opera, “Il falso specchio”, perché riflette un po’ il mio stato d’animo in questo periodo. Infatti mi fa pensare al mio sguardo attraverso la finestra verso un cielo azzurro e pieno di nuvole bianche, che rappresentano la voglia di movimento e di libertà. Il bianco per me è la speranza di ritornare a muoversi liberi in una realtà che ci è stata negata e che quindi è tanto desiderata. Chiara

Il bianco è purezza,
è verità, è rarità. L’opera d’arte che ho scelto è “La ragazza con
l’orecchino di perla”. Il volto di lei è intriso di luce bianca e mostra
una rara bellezza, mostra la purezza e l’innocente languidezza (sguardo
assorto). Lo sfondo scuro mette ancora più in risalto il volto chiaro della
ragazza che è ferma, come noi d’altro canto, che aspettiamo speranzosi, un po’
nostalgici, po’ in bilico. Emma

Questa immagine
infonde in me una sensazione come di tranquillità, di sazietà d’animo. Nessun
rumore solo l’acqua scorrere e gli uccelli cantare. Le nuvole che viaggiano
leggere nel cielo e i raggi del sole che illuminano dolcemente tutto quanto.
Tutto questo per me è ciò che rappresenta meglio il colore “Bianco”.
Antonio

L’uomo non si volta neppure.
Continua a fissare il mare. Silenzio. Di tanto in tanto intinge il
pennello in una tazza di rame e abbozza sulla tela pochi tratti leggeri.
Le setole del pennello lasciano dietro di sé l’ombra di una pallidissima
oscurità che il vento immediatamente asciuga riportando a galla il bianco
di prima. Giovanna

Il bianco è la base di tutto, è un legame. In questo dipinto due persone vengono avvolte da questo legame, invisibile agli occhi ma che in realtà è presente. Esso ci accompagna costantemente e, nel momento giusto, ci lega a qualcosa o qualcuno, sempre. Ha una storia piena di segreti. A volte nemmeno ci accorgiamo di questo legame; spesso lo ignoriamo, ma esso non ignorerà mai noi. Noi, consapevoli del legame, ma non della sua presenza. Giulia M.

Cos’è il bianco? È
la domanda più frequente che mi sono fatto in questi giorni, può essere tutto o
niente credo che dipenda da chi lo vede. L’opera che ho scelto per
rappresentare questo concetto è “Paesaggio” di Joan Mirò che
rappresenta l’importanza del bianco in questo mondo pieno di colori. Infatti, se
nessuno avesse dipinto la tela di bianco, nessuno si sarebbe accorto di quel
piccolo puntino blu che, proprio attraverso il bianco, diventa importantissimo
nel quadro, quasi come un punto di riferimento nella leggerezza del bianco che
in questo caso rende tutto più grande e importante. Valerio

Ho questa foto
salvata sulla galleria del mio cellulare da tantissimo tempo. Anche dopo aver
visto molte opere d’arte, non sono riuscita a staccare il mio pensiero da
questa foto. È un bianco diverso da quello che vedo nelle altre foto. Questo
bianco mi illumina gli occhi quando lo vedo. Questa immagine mi trasmette
quiete, serenità, mi sembra limpida, pura e trasparente. Quando la guardo mi
sento come se nell’immagine ci fossi anch’io, dimentico di essere davanti allo
schermo di un cellulare. Quando la guardo è come se fossi avvolta dalla luce.
Giulia C.

In questo dipinto, “Gli
amanti” di Magritte, si può percepire un senso di impossibilità. Un
raggiungimento che non accade, un’attesa continuamente delusa. Al centro del
quadro ci sono infatti due amanti intenti a baciarsi, ma questo bacio è
destinato a rimanere sospeso. Infatti, i due soggetti non sono riconoscibili e
un lenzuolo bianco avvolge le loro teste, impossibilitando il loro desiderio di
unirsi. È presente, inoltre, la contrapposizione tra il gesto dei due, ovvero
il baciarsi, e la loro non identificabile identità. Questo può rappresentare un
amore che in realtà non c’è, che non esiste. 
Il gesto concreto può stare a significare il sogno, la felicità dei due,
mentre i volti coperti possono rappresentare l’impossibilità del loro amore e
quindi la loro tristezza. Il bianco, in questo caso, mi rimanda ad un legame
che, purtroppo, non si riesce ad instaurare ed è rappresentato proprio dal
lenzuolo posto sul viso dei due amanti, l’arma che impedisce la loro unione. Lucrezia

*Pratica in Cerca di Teoria under 17 – esperimento di
laboratorio a distanza per la costruzione di pensiero.

prossimi Appuntamenti

17, 18 lug

TTB - Accademia delle Forme Sceniche, Accademia Arte Diversità-Teatro La Ribalta Antonio Viganò e Teatro Koreja

Il suono della caduta

18 lug

Martina Natuzzi e Christian Greco

Dalla Luna alla Terra

19 lug

Teatro Koreja in collaborazione con Potenziali Evocati Multimediali

X di Xylella, Bibbia e alberi sacri

Koreja in tournée