Calendario

Marzo 2020

Non sono previsti spettacoli per il mese selezionato.

immagine di copertina Le parole ci cambiano

Le parole ci cambiano

Diario di un laboratorio – settimana due*

Visioni
di Giorgia Cocozza e Anđelka Vulić

Cari ragazzi, come è cominciata questa seconda settimana in quarantena? Un’antica leggenda narra che quando abbracciamo qualcuno in modo sincero, guadagniamo un giorno di vita. Quando potremo riabbracciarci? La percezione del tempo è così diversa in questo periodo. Potersi incontrare in un abbraccio è un grande privilegio. Forse, lo scopriamo solo adesso che ci viene negato. Nell’abbraccio sapremmo dirci tante cose e, probabilmente, lo faremmo meglio che con le parole. Il “teatro” lo si può fare solo insieme agli altri; il teatro è contatto, è respirare insieme, è abbracci, lacrime e risate, qualche volta il teatro diventa anche famiglia, sempre è condivisione e ascolto, è una finestra aperta da cui sbirciare l’animo dell’Uomo. I canali social e la televisione, sono, invece, finestre sul mondo ancora più importanti in questo momento… grazie a questi strumenti possiamo restare in contatto da lontano. Coraggio e tanta pazienza! Riflettiamo su altre parole, anche questa settimana.

QUANDO, 19 marzo 2020

Un’espressione che
indica il tempo. Il tempo è una cosa preziosa e in questi giorni ne abbiamo tanto
per fare molto. Giorgio

Pensando alla parola
“quando”, come quando in autunno cadono le foglie, è tutto secco e
confuso. Quando? Un futuro indeterminato. Lucrezia

Viviamo per degli
obbiettivi e degli step, la mattina ci alziamo dal letto e pensiamo a qualcosa
che avverrà in futuro, al prossimo step, e così la vita ci pone una continua
domanda: quando…? Giulia P.

Siamo in continua
ricerca di qualcosa e desiderosi che qualcosa accada, prima o poi, in un
momento sconosciuto a noi. Giulia M.

Un’espressione usata
per capire quando sarà il momento che ci serve, ma non sempre quel momento arriva.
Valerio

Aspetto il momento,
l’occasione, l’attimo, il quando. Marco

Il momento in cui si
è interrotto qualcosa o qualcosa sta per iniziare. Giulia C.

Una domanda assai
curiosa… La utilizziamo spesso per immaginare cose belle, per pensare a cose
brutte, per immaginare il nostro futuro. Personalmente lo uso per fissare degli
obiettivi che nel futuro mi appagheranno. Antonio

Mai come in questo periodo mi domando: quando il sole ritornerà a spendere? Chiara S.

È
una domanda o una affermazione? Esprime felicità o tristezza? Un tempo
indeterminato? È una parola misteriosa che molte persone ripetono in
continuazione senza darsi una spiegazione, con ansia e sempre più voglia di
scoprire. Sofia

PRIVILEGIO, 20 marzo 2020

I privilegi possono
essere piccoli doni che una persona conserva nel proprio cuore.

Un esempio di
privilegio è stare insieme con gli amici, il privilegio di abbracciare una
persona per darle conforto, il privilegio di condividere opinioni e idee, oppure,
perché no, ricevere regali da una persona che non ti aspetti. Ludovica

Il libero arbitrio è
un privilegio donato agli uomini da Dio; ciò che gli angeli non possiedono.
Giovanna

Il privilegio è un
vantaggio particolare di cui gode una persona, c’è chi lo sfrutta al meglio,
c’è chi lo sfrutta in maniera sbagliata. Lucrezia

Il privilegio è un
bene che non va sprecato. Ad esempio, un privilegio è avere una casa. Qualcuno
non ce l’ha una casa. È un privilegio avere cibo, acqua e tanto affetto dalla
nostra famiglia. I privilegi non vanno dati per scontati, perché nel mondo
esistono persone meno fortunate di noi. Giorgio

Tutto ciò che ci
avvantaggia in qualche modo, diversificandoci dalla massa. Valerio

L’esclusività per
abbattere chi vuole raggiungerla. Stefano

Qualcosa che ci
avvantaggia rispetto agli altri, qualcosa che ci spetta dalla nascita o che ci
guadagniamo attraverso il nostro cammino. Marco

È qualcosa che hanno
tutti in qualche modo. C’è chi ha un privilegio rispetto a qualcun’altro e
scommetto che tutti vorremmo un qualche privilegio. Antonio

“Amare ed essere amati”, questo è il privilegio più importante. Chiara S.

Ce
ne sono tanti e non sono uguali per tutte le persone. La maggior parte delle
volte nemmeno siamo consapevoli di averli. Non riusciamo nemmeno a contarli, ma,
se fossimo più attenti, potremmo iniziare a contarli dalla mattina, quando ci
svegliamo in un letto caldo. Giulia C.

Viene
donato da Dio. Come i difetti, ognuno di noi ne ha alcuni, basta solo scoprirli.
Sofia

FAMIGLIA, 21 marzo 2020

La famiglia per me
significa tutto. L’unità di tante persone che si amano e che condividono
qualsiasi cosa, si scambiano le battute, ti consolano nei momenti tristi, ti
motivano a fare sempre meglio, sono sempre pronti ad aiutarti quando c’è una
necessità. La famiglia è il mio rifugio, una piccola casa in cui ci sono le
persone a cui voglio bene: mia mamma, mio papà, le mie sorelle e i miei
fratelli. La famiglia è la mia forza. Ludovica

Molti la descrivono
come un gruppo di persone, la verità è che non è assolutamente un gruppo di
persone, la famiglia è amore, unione, forza… ci sono tanti aggettivi per
poterla descrivere ma nessuno racchiude a pieno tutte le caratteristiche di
essa. Lucrezia

La famiglia è un
pilastro insostituibile sul quale si basa la nostra società. Per la maggioranza
degli italiani la famiglia è uno dei punti di riferimento più importanti il cui
impatto definisce i valori, il carattere e i comportamenti di tutti noi.
Giovanna

Ormai la famiglia
non è più unita. Non ci si parla più, non si interagisce e si diventa sempre
più distaccati. Ma la famiglia serve a darti supporto morale e fisico. Se c’è
qualcosa che non va, a chi lo racconti? Alla famiglia! Quindi la famiglia è
tutte queste parole messe insieme: affetto, amore, tristezza, aiuto, felicità.
Ed è per questo che la famiglia è troppo importante per ognuno di noi. Giorgio

Persone che si
vogliono bene e si prendono cura l’uno dell’altro. Un equilibrio che tutti
vorremmo si mantenesse per sempre.  Non
so come mai le famiglie si comportano così, nessuno è obbligato a fare nulla
per l’altro, ma tutti vogliono fare qualcosa per gli altri e lo fanno senza
pensarci. Non è un legame di sangue, non è un’amicizia, sembrano esserci delle
regole immutabili che però nessuno impone all’altro. Non riesco a definire
davvero cos’è una famiglia, ma è un qualcosa che percepiamo tutti noi. Giulia C.

L’unico legame che
non potrai mai spezzare: possono passare mesi, anni, decadi senza che tu veda
chi ti ha cresciuto o chi ti abbandonato, poco importa. Il sangue non
rinnegherà mai le proprie radici. Stefano

La famiglia è il mio posto sicuro, il morbido cuscino dove fare sonni tranquilli. Chiara S.

Quella vera, l’unica
che ha un legame che non si spezzerà mai, ti proteggerà, potrai fidarti di
essa, come una fortezza di cuscini che crolleranno pur di proteggerti. Giulia
P.

La famiglia è dove
la vita inizia e l’amore non finisce mai. Emma

La famiglia è
qualcosa in cui ci si sente a proprio agio e ci si può fidare l’un l’altro,
sempre. Giulia M.

Un
insieme di persone che si amano reciprocamente, un meccanismo perfetto che ci
rende più stabili attraverso amore e litigi. Valerio

Rispetto,
amore e fratellanza. Sentirsi a casa, al sicuro. Famiglia non sono solo i
parenti, ma anche gli amici, il compagno, chiunque ti fa stare bene. Chi
condivide con te qualcosa, chi ti consola, fa battute cercando di farti
sorridere, chi è sempre pronto ad aiutarti. Sofia

TELEVISIONE, 22 marzo 2020

Un’invenzione utile
che ha riempito la solitudine di molta gente. Ludovica

Un mezzo
straordinario che permette alla gente di sentirsi meno sola. Lucrezia

Tecnologia
attraverso la quale si vedono programmi noiosi, che esistono da anni (a volte
di qualità discutibile) e i notiziari. Però è bello sentire le voci che
provengono da essa quando si è da soli in una stanza buia. Giulia C.

Un quadro che si
muove, capace di condizionare le nostre scelte, indipendentemente dalla nostra
volontà. Marco

È una finestra sul mondo. Chiara S.

Un
oggetto inventato per i solitari, in modo che passino del tempo a
“divertirsi”. Ormai la televisione piano piano ci sta avvicinando
sempre di più e ci rende più vicini, ma sotto sotto, pensandoci, anche lontani.
Giorgio

Alcune
persone la definiscono inutile, ma se non fosse per lei nessuno avrebbe più
notizie. Inoltre i bambini guardano i cartoni, le serie tv. Dentro la
televisione c’è tanto lavoro svolto da attori, giornalisti, presentatori che, con
la loro forza di volontà e tenacia, fanno il loro lavoro per farlo amare ai
telespettatori. Sofia

FINESTRA, 23 marzo 2020

Uno squarcio nel
muro ricoperto da vetro che, nella sua semplicità, ci fa vedere cosa c’è
intorno a noi e che ci dà la possibilità di ricordarci quanto sia bello il
mondo. Valerio

Quando guardo fuori
dalla finestra immagino di vedere un prato fiorito, il quale mi trasmette gioia
e serenità. Mi piace osservare dalla finestra il tramonto che dà un colore alla
mia anima e mi racconta delle storie molto affascinanti. Ludovica

Anche se la finestra
è la stessa non tutti quelli che vi si affacciano vedono le stesse cose, la
veduta dipende dallo sguardo. Emma

Il solito risveglio
non è più lo stesso, la solita finestra non è più la stessa, io non voglio
andare via da tutto questo, o almeno non adesso. Giovanna

È un quadro che si
affaccia sul mondo. Lucrezia

Apri gli occhi,
nella tua stanza vuota e scura, affacciati in quello spazio di mondo
rettangolare e sogna la libertà. Giulia P.

La cosa più bella da osservare al mattino appena sveglia. La luce entra da lì, ma solo la luce perché il resto, come la natura, si trova dall’altra parte e lo si può solo ammirare. Gli alberi, le piante, gli uccelli, i gatti… Tutti si trovano alla giusta distanza dalla cornice affinché tu possa ammirare quel quadro unico che sarà ogni giorno diverso da quello precedente. Uno spettacolo dinamico che si modifica ogni giorno, ogni secondo davanti ai tuoi occhi. Giulia C.

Una cornice si
affaccia su un sogno, il sole splende, il cielo è chiaro e luminoso. È realtà. Giulia
M.

L’unico modo per
vedere al di fuori di questa stanza buia è una semplice finestra. Marco

Questa parola può
essere utilizzata in innumerevoli situazioni, ma il significato rimane lo
stesso, una fessura che ti lascia intravedere ciò che si trova all’esterno. Antonio

La finestra in questo momento per me è il sole, il cielo, la vita, la libertà. Chiara S.

PAZIENZA, 24 marzo 2020

Ciò che siamo
costretti ad avere molto nella vita, con le persone, con gli oggetti, con tutto
ciò che ci circonda. Antonio

Quando hai degli
obiettivi che non riesci a raggiungere e ti senti uno schifo per questo. Quando
pensi che sarebbero bastati pochi minuti, ma tu comunque non hai fatto quello
che ti eri prefissata di fare e sei nel tuo letto sconsolata a pensarci, quella
è l’unica cosa che ti puoi ripetere: “pazienza”. Giulia C.

La pazienza è un
dono che solo pochi hanno. Ludovica

Ingrediente segreto
per cogliere l’attimo, la pazienza è il tempo dedicato a chi il tempo lo
spreca, agli obiettivi che tardano ad arrivare, alle occasioni che speriamo
possano ricapitarci. Stefano

Quella cosa che
tutti hanno ma che pochi usano. Lucrezia

*Pratica
in Cerca di Teoria under 17 – esperimento di laboratorio a distanza per la
costruzione di pensiero.

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immagine di copertina Il tempo sospeso

Il tempo sospeso

Visioni
di Gigi Mangia

Nella notte sul mare gli occhi della Luna; sulla città le ombre mute e il pensiero fermo ed inquieto nel sonno. Poi viene la luce del giorno, che non è nuovo, è il tempo sospeso, è la rottura fra il tempo del dentro casa e fuori. Si vive dentro casa, in cucina, in compagnia del cibo sembra un tempo normale. Fuori la città è percepita senza tempo. L’Io libero è vuoto, la società civile è ferma, la città non vive più. Sono chiusi musei e biblioteche, scuole e teatri, le palestre e i parchi giochi: tutto è fermo. Finisce la città del Sole, muore l’utopia dell’uomo libero. Ha ragione la poetessa Angela Gualtieri “Il cielo non l’ha inventato l’uomo” l’uomo invece ha scoperto la terra e ha imparato a contemplare gli alberi. L’Io del Covid-19 ha paura del silenzio ed è fuori dalle sue certezze. L’Io ha perso l’Io, è diventato l’altro, è diventato il nemico, l’untore. Siamo stati presuntuosi. Eravamo convinti che l’Io del Virus fosse cinese, coreano lontano da noi. Ora scopriamo che l’Io malato è dentro di noi e che, io sono il pericolo, l’untore della società. Il pericolo è cambiato: non è più lo straniero nero, l’immigrato e il povero mendicante, sono diventato io e sono quello ad essere escluso dalla società, emarginato nella vita della città. Io sono l’altro e vivo del tempo sospeso. Dovevamo fermarci prima. Ora dobbiamo sperare che il tempo sospeso finisca e torni l’equilibrio dentro e fuori, che la luce del giorno ci fa scoprire. Ora continuiamo a scrivere le pagine del diario del tempo sospeso fino a quando non passerà. Siamo in una situazione grave che non interessa solo l’Italia ma l’Europa e il mondo.

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immagine di copertina La nostalgia del tornare

La nostalgia del tornare

Parole scelte del Liceo "Virgilio-Redi" di Lecce

Visioni
di Giulia Falzea

Ci diamo appuntamento su una piattaforma di apprendimento a distanza, MEET, e proviamo a incontrarci davvero. Sono dieci ragazze del Liceo Classico e Linguistico Virgilio – Redi di Lecce. Nei nostri incontri una volta a settimana avevamo appena iniziato a sentirci parte di un gruppo, cuore a cuore, a distanze annullate, nello spazio freddo di una palestra. Ma non importa, insieme decidiamo di non dimenticarci che possiamo ancora creare meraviglia. Il tema del nostro laboratorio è “Il Nostos di Odisseo”. Abbiamo appreso che il termine “nostalgia”, pur essendo composto di due parole greche, νόστος (nostos, che significa “ritorno a casa”) e άλγος (algos, che significa “dolore”) non è affatto una parola di origine greca, né tantomeno è antica come l’Odissea. La parola “nostalgia” è una parola moderna e, oltre che sui viaggi di Odisseo, abbiamo deciso di concentrarsi su cos’è la nostalgia. Ho chiesto a Benedetta, Irene, Piera, Gloria, Irene P., Martina, Alessia, Aurora, Marina e Federica di inviarmi una serie di canzoni delle quali in questo momento di grande nostalgia collettiva non possono proprio fare a meno. Ho composto una playlist e, dopo qualche piccolo intoppo tecnico, le abbiamo ascoltate insieme, scrivendo le parole che più le avevano colpite per ogni brano. Poi ho chiesto loro di fare grande attenzione, più grande di quando si possono guardare negli occhi, e di ascoltarsi le une con le altre e di provare a comporre, senza accavallare le voci, un testo. Questo è il risultato:

17 MARZO 2020

Perdere l’orientamento,

Siamo falsi amori

senza scarpe

Ricominciare la vita

Inseguite da strane cose

Conosco la tua pelle

Non c’è modo di scappare

è un proiettile al cuore

Amo e odio

Digerisco tutte le parole

Non mi fido del mio cuore

Cosa fuggi?

Mi viene da piangere

Il finale migliore

Voglio te

Notte e giorno

Dubbi non ho

Abbraccio la verità

Ritorno a fingere

Per strada c’è una linea sottile

Forse è tardi

Serviamo a niente

A parlare d’amore

chiudendo gli occhi

respirare

Maledetto occhi blu

Per due che come noi

piano piano

ridevamo come pazzi

notte e giorno

Soffrirò

Esplode uno sguardo perso

Scappare

in un posto chissà dove

Ricominciare

Per non vederti più

Sognare

Pioveranno giorni pallidi

Prima che tu vada

mi ricorderò

prossimi Appuntamenti

immagine di copertina 21 marzo giornata mondiale dei Poeti

21 marzo giornata mondiale dei Poeti

Visioni
di Gigi Mangia

Il cielo e la terra sono nelle parole dei Poeti, i
segreti nascosti nei libri. Il 2020 per tutti è un anno speciale. Scopriremo
dai balconi il risveglio della natura. Saranno i fiori che ci aiuteranno a
credere e ad avere forza per vedere con la mente e seguire il loro profumo per
incontrare i colori dei sentieri, fatti tante volte, nei lenti passi per
conoscere la terra che ci appartiene. Nella mente cresce il seme del pensiero
trascendente. Se senti il vento, chiudi gli occhi e riesci a volare; vedi tutto
azzurro. È l’orizzonte che hai sempre pensato e mai attraversato.

Nella foto il quadro di Nicola Cesare, poeta e pittore
nato e vissuto a Maglie dove al liceo Capece ha insegnato storia dell’arte.

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immagine di copertina Le parole ci cambiano

Le parole ci cambiano

Diario di un laboratorio *

Visioni
di Giorgia Cocozza e Anđelka Vulić

Buongiorno ragazzi! Come state?
È un periodo delicato e tanto particolare. Ma insieme riusciremo a superarlo.
Le difficoltà vanno vinte insieme, come la scena ci insegna.
Siete nei nostri pensieri e sentiamo la vostra mancanza.
Ascoltate, io e Andjleka abbiamo pensato ad un piccolo gioco. Vi proporremo una parola al giorno. Ognuno di voi può scrivere un tweet, ossia un brevissimo pensiero, attorno al significato che per voi ha quella parola. Creeremo un altro gruppo whatsapp la cui regola è la seguente: NESSUN COMMENTO.
Su questo secondo gruppo possiamo solo postare il tweet. Nessuno dovrà scrivere altro. Abbiamo il nostro solito gruppo per confrontarci.
Sfida lanciata! Il gruppo si chiamerà LEPAROLECICAMBIANO.
Vi abbracciamo forte anche se da lontano!

LONTANANZA, 16 marzo 2020
La lontananza significa essere soli, allontanarsi da qualcuno, quindi trasmette tristezza, ma anche libertà. Giorgio

Sebbene tu sia così distante da me, sappi che i miei sentimenti non cambieranno. Marco

Ognuno di noi ha tanti fili legati a sé che lo connettono a qualcosa.
In alcuni casi il filo è corto, in altri chilometrico, c’è chi lo ha resistente, chi debole e sottile. Passa il tempo e il filo si tende sempre di più. Per molti è ormai al limite, in alcuni più deboli il filo si spezzerà, ma resterà attaccato a quel qualcosa e al padrone lasciandone memoria. I fili più forti andranno avanti e difficilmente si spezzeranno, finché il padrone di essi non si riavvicinerà lasciando che i fili si accascino a terra
. Giulia P.

Ti cerco sulla linea dell’orizzonte ma tu sei oltre, solo il pensiero ti raggiunge. Stefano

Credo sia l’emozione più forte che un essere umano possa provare. Ti cambia, a volte in meglio e a volte in peggio. Il segreto è saperla solo gestire. Lucrezia

Una persona viene lasciata sola, in un angolo stretto della sua stanza. Non ha amici con cui potersi confidare. L’unica cosa che ha in quella stanza è un libro rosso: lo prende e inizia a sfogliarlo. Pagina dopo pagina, chiude gli occhi e immagina di vivere in un prato, insieme a tante persone a cui vuole bene. Maria Ludovica

Avrei voluto rimanerti accanto ma invece / Ti ho accompagnato lontano da me / Con un sorriso
Giovanna

Mi piace pensarlo. Vorrei dire che tutti siamo vicini ma non è così. Se vogliamo ciò bisogna svoltare l’angolo dei nostri pensieri per trovarci. Valerio

Per me è una parola che mi trasmette insicurezza: mi fa pensare a qualcosa che desidero con tutta me stessa, ma che trovo irraggiungibile. Mi fa pensare a quanto i miei sogni siano lontani dell’avverarsi e da quanta strada io abbia ancora da fare affinché si avverino. Giulia

Può essere una situazione determinata dalla distanza o può essere anche un’assenza temporanea e dolorosa. Può allontanare due persone o può renderle più vicine. Può essere fonte di felicità o di sollievo oppure può creare tristezza e paura. La lontananza può tante cose, ma comincia a significare poco quando qualcuno significa tanto. Antonio

La lontananza ormai non è una cosa di cui parlano tutti perché c’è la tecnologia che ci unisce, ma quelle persone hanno perso quella bellissima sensazione di stare insieme. Markuss

Quel senso di vuoto che ti mangia lo stomaco e prende a pugni il cuore. Emma

Quel qualcosa di soggettivo e astratto che ti perseguita nella consapevolezza che non puoi cancellarla. Giulia M.

La lontananza è solo uno stato di distanza fisica, ma per il cuore tale termine non sussiste perché non ci si allontana mai dalle persone care. Chiara

Qualcosa che non si può spiegare, che non si vede, a cui non puoi scappare. Non è mai prevista ed è questo che fa male. Alle volte si sceglie per cercare di non soffrire, magari tra due persone che si litigano e vogliono prendersi una pausa. Altre volte, tiene distanti due corpi che vogliono toccarsi, guardarsi, ma non due cuori.
Può avere molte sfumature e all’inizio non viene compresa come deve esserlo, ma incomincia a essere importante e a significare, solo quando quella persona che tu non ritenevi importante, è costretta a essere distante da te.
Sofia

SGUARDO, 17 marzo 2020
Lo sguardo comunica lo stato d’animo di una persona ed è lo specchio dell’anima. Ludovica

Durante la nostra vita incontriamo tanti sguardi: sguardi felici, sguardi spenti, sguardi persi, sguardi neutri…
È proprio lo sguardo che ci distingue dalle altre persone ed è proprio attraverso lo sguardo che riusciamo a guardare nell’anima.
Lucrezia

Lo sguardo fa capire ad uno sconosciuto chi sei veramente, lo sguardo vale più di 1000 parole. Giorgio

Può essere un qualcosa che si cerca in un’altra persona, qualcosa che ci “connette” all’altra persona. Ma può essere anche un qualcosa che noi vogliamo evitare perché ciò non ci fa sentire a nostro agio. Magari perché non ci sentiamo giusti, crediamo di non essere abbastanza o magari perché abbiamo semplicemente paura di “connetterci” con quella persona. Giulia C.

Due fasci di luce, in un millesimo di secondo, riescono a farci scansionare un’anima. Giulia P.

Con lo sguardo due persone possono capire dei sentimenti delle emozioni semplicemente guardandosi. Molte persone sottovalutano il potere dello sguardo… Antonio

Ciò che non si capisce ma senti perché troppo intenso, ciò che non si comprende ma che introduce nei nostri pensieri altre persone. Valerio

Per me è tutto nello sguardo perché si può capire come è fatta una persona nell’anima. Markuss

A volte, con gli occhi a fissare il vuoto, diamo l’illusione di stare prestando attenzione a qualcosa, illudiamo qualcuno di avere la nostra attenzione. Stefano

Con sti occhi ho visto le cose più strane, pensavo che guardandoti negli occhi avrei liberato un angelo. Non pensavo fosse un diavolo. Giovanna

Una forma di contatto senza distanza e senza tempo, che trasmette infiniti pensieri e emozioni. Marco

Lo sguardo esprime la profondità dell’anima ed è meraviglioso cercare di capirsi solo guardandosi negli occhi. Chiara

Lo sguardo è la migliore delle risposte. Emma

RITO, 18 marzo 2020
Il rito è un momento magico dove l’anima ha la possibilità di innalzarsi per raggiungere una dimensione al di fuori di quella terrena. Le parole, le formule che si recitano, e le azioni svolte servono ad aprire la porta per accedere a quel mondo diverso e incontrare chi vi dimora. Ludovica

Se vogliamo definire questa parola, possiamo dire che sia una situazione incantata o un’altra dimensione in cui puoi esternare tutti i tuoi sentimenti, le tue emozioni e le tue paure. Lucrezia

È una abitudine che si prende, come un piacere. Ma è qualcosa di imposto. Giovanna

Ripeto, ripeto e ripeto, non conosco se è bene o male, so solo che devo continuare farlo, così mi è stato detto, così ho deciso, perciò ripeto, ripeto e ripeto. Giulia P.

Un’azione che si compie continuamente ad intervalli di tempo regolari. Potrebbe essere un gesto d’amore rivolto a qualcuno o a noi stessi, ma potrebbe anche essere un’ossessione. È ciò per cui una persona vive, qualcosa di cui non si può fare a meno. Giulia C.

Un qualcosa che può portare fortuna o magari è rivolto a qualcuno o qualcosa di cui vogliamo sapere delle informazioni che ci aiutino in qualche modo agli altri sconosciuto. Valerio

Si abbandona tutto per pensare insieme agli altri. Markuss

Il rito è come un festeggiamento che coinvolge tutti, si balla, si danza e si festeggia! Giorgio

Il il rito è una consuetudine che di solito fai e neanche apprezzi, come per esempio la consuetudine di andare a scuola, che in questi giorni ci manca. Chiara

Innumerevoli anime cercano qualcosa, cercano di comunicare, di ottenere qualcosa a loro sconosciuto. Marco

*Pratica in Cerca di Teoria under 17 – esperimento di laboratorio a distanza per la costruzione di pensiero.

prossimi Appuntamenti

immagine di copertina Il tempo della conoscenza

Il tempo della conoscenza

Critica
di Eleonora Lezzi*

È curioso quanto anche nella disperazione, anche nei momenti in cui servirebbe il conforto e la vicinanza, i pregiudizi riescano a costruire comunque muri attorno a noi che in apparenza ci fanno sentire sicuri, ma che in realtà ci lasciano sempre più soli con le nostre fragilità.

Mario e Saleh è un prodotto giovane, con il quale Scena Verticale  e Saverio Laruina, che ne è autore, regista ed interprete assieme Chadli Aloui, ci propongono uno spettacolo che sviscera i luoghi comuni e riprende le parole della gente, le ruba dalla quotidianità e le  ributta in faccia con tutto il loro verismo rivoltante e sfacciato. Quante volte le abbiamo sentite nei giornali, per strada, sul bus… parole su parole a cui si dà fiato senza attenzione. Quanto costa infatti fermarsi a capire e a conoscersi? Quanto tempo ci vuole per scoprire le differenze che ci accomunano? Perché un musulmano dovrebbe voler stare con un cristiano? che cosa ha in mente? Che cosa trama? c’è qualcosa che non va….si, è vero, c’è ed è la paura della diversità, figlia dell’ ignoranza.

Siamo in una tenda dopo un terremoto, in una tendopoli non meglio identificata. Lo spazio è claustrofobico, asettico e impersonale, il personale è rimasto sotto le macerie delle case distrutte dal sisma. Lì dentro c’è rimasto solo il guscio delle persone, pieno di rancore, amarezza, delusione e disperazione. Un’esistenza, quella di Mario, stravolta una volta e ri-stravolta ancora da una convivenza forzata e imprevista, ma soprattutto imprevedibile. Saleh è figlio di arabi, ma è nato in Italia. Parla arabo ed è un musulmano praticante. Ma questo non vuol dire che sia estremista; non vuole dire che sia un terrorista. Perché poi lo chiamiamo musulmano? Noi non ci chiamiamo cristiani, ma solo italiani. Già, perché noi siamo noi e poi c’è il “voi”: il “voi siete quelli degli attentati”, “voi siete pericolosi” e “voi siete diversi”,  questo è il paradigma di base, il muro contro il quale sbattere i pugni. Le parole di Saleh toccano perché sono vere, sentite. Affondano nel vissuto comune di chi viene additato quotidianamente con quel “voi”.

I personaggi entrano ed escono dallo spazio della convivenza forzata e della conoscenza difficile, lo vivono insieme e lo odiano insieme, sfogando l’imbarazzo di quella situazione così scomoda sugli oggetti, buste, zaini e borse che vengono fatte e disfatte, fatte e disfatte ancora e ancora, precarie, come precari sono i rapporti umani. Saleh, il voi, ha scelto di mischiarsi con il noi. Lo ha fortemente voluto e Mario si interroga incessantemente sul perché. Solo alla fine lo scoprirà, svelando il senso di una domanda ricorrente durante tutto lo spettacolo, su cui anche lo spettatore si interroga incessantemente. Alle sue prime repliche, lo spettacolo si mostra intelligibile su più livelli e ci restituisce con abbondante chiarezza un’immagine nuda e cruda, ma piena di speranza. Un lavoro che non si lascia intimorire dal tirare fuori i luoghi comuni, ma li usa per dimostrarci quanto essi siano veri e quanto ci corrompano nel nostro modo di guardare gli altri e il mondo.

*progetto di scrittura critica “Giovani Sguardi”

prossimi Appuntamenti

immagine di copertina Il coronavirus invisibile, la fragilità della modernità evidente

Il coronavirus invisibile, la fragilità della modernità evidente

Visioni
di Gigi Mangia

Il coronavirus è invisibile, fa paura e causa la fragilità della modernità.

Si chiudono i teatri e i musei, le biblioteche e le scuole, il Duomo e la Scala a Milano, si dichiara la caccia alla ricerca “dell’infettato zero” e non lo si trova. E l’angoscia del pericolo aumenta perché non si riesce a vedere il volto dell’infettato.  Il vocabolario delle parole nuove, delle paure, della modernità, si è arricchito di una nuova, COVID-19, identificato ma sconosciuto e quindi difficile da combattere e da isolare: manca, infatti ancora, un vaccino. Il coronavirus è invisibile, ed è la sua invisibilità a fare paura, a causare terrore e a pretendere l’identificazione del portatore per difendersi e creare barriere di isolamento, le “zone rosse”. Sono stati sospesi i voli verso la Cina, chiusi i porti, isolate le grandi Province di 6 milioni di persone. Sono state chiuse le fabbriche, rinviate le mostre internazionali specializzate, ma è percepito tutto inutile, perché il virus colpisce e per di più, lo abbiamo in Italia, dove ha fatto già 4 morti. La globalizzazione è andata in crisi davanti ad una virus invisibile. L’Occidente dei paesi del sistema sanitario forte e organizzato, capace di curare tutti, di vincere le malattie e dare fiducia, oggi è in crisi.  Abbiamo fatto esperienze di epidemie. La mia generazione ha fatto il colera a Napoli negli anni ‘70. Da giovane degli anni ‘80, quando eravamo nel tempo felice di vivere i piaceri della rivoluzione sessuale arrivò l’AIDS a frenare i nostri ardori, a rifiutare di dare la mano agli amici, a pretendere la tazza di caffè bollente al bar senza essere macchiata del famoso rossetto. Negli anni successivi è stato un susseguirsi di epidemie: quella della mucca pazza, della peste suina, della Sars, in più gli incidenti delle centrali nucleari come quello di Chernobyl, degli attentati terroristici, quello dell’11 Settembre delle Torri Gemelle in America, a rovinare i nostri giorni, di figli fortunati, ancora in corsa con il benessere. Ora tutto è cambiato: la geografia economica, la Cina possiede il primo Pil per lo sviluppo; è la geografia sociale a rompere le vecchie regole e a modificare gli equilibri fra gli Stati e, soprattutto, a disorientare le nuove generazioni in crisi con il loro futuro. 

Siamo malati di incertezza e subiamo la fragilità della modernità, per questo, viviamo nel terrore. Antonio Scurati, in un suo articolo sul Corriere della Sera del 22 Febbraio “l’inerzia e l’isteria quando va’ in pezzi un’idea di modernità”, sottolinea proprio le difficoltà del nostro tempo. Scrive Scurati: “questo immaginario globale ci dice che la modernità ha fallito: quasi nessuno, purtroppo, crede più nel suo glorioso progetto di previsione e contro, nelle magnifiche sorti di progetto, ci dice anche un’altra cosa: non siamo più capaci di un equilibrato, adulto, (sano) rapporto con la morte”.  Quello della morte, è un tema centrale e ci trova impreparati, sia a viverlo, sia a rappresentarlo. I giovani di oggi, sfidano la morte lanciandosi nel vuoto dai ponti, dai grattacieli, dai treni in corsa, per affermare la forza dell’identità nello spazio di un’emozione. Nel soggetto virtuale non c’è proprio il codice di come vivere la morte e soprattutto, di come raccontarla. 

Per trovare il codice della morte bisogna tornare al senso delle parole, quindi, alla narrazione del morire. Ce lo insegna ancora Alessandro Manzoni, nei suoi Promessi Sposi, quando narra la morte di Cecilia in cui, la sua mamma, porta al carro la sua bambina morta, la bacia sulla fronte e poi torna nella sua casa e dalla finestra la saluta con l’ultimo sguardo d’amore, restando in attesa di altra morte. È una lezione che l’uomo contemporaneo ha perso. 

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Attrattori, il punto di vista di Salvatore Tramacere

Interviste
di Eleonora Tricarico

Koreja è sempre stata avanti dal punto di vista dell’innovazione, basti pensare che è un luogo al 100% accessibile. Come si è evoluta la struttura anche grazie ad Attrattori?

I Cantieri Teatrali Koreja, fin dalla loro origine, sono stati pensati e realizzati come un luogo aperto e inclusivo. Questo mantra ha accompagnato il progetto e la successiva elaborazione di una grande struttura completamente priva di barriere architettoniche. Non è solo un principio architettonico o estetico, piuttosto è l’oggettivazione di un pensiero artistico, o meglio culturale, di come Koreja pensa e vuole il teatro. Una ex fabbrica di mattoni nella periferia leccese, anche grazie alla lungimiranza delle politiche regionali, è diventata un luogo di cultura, o meglio, di culture, e un presidio di sicurezza per tutto il quartiere che è cresciuto esponenzialmente nel corso di questi anni. Questo pensiero inclusivo è stato maggiormente avvalorato grazie all’AVVISO PUBBLICO PER IL SOSTEGNO ALLE IMPRESE DELLA FILIERA DELLO SPETTACOLO DAL VIVO TEATRO MUSICA E DANZA, che nel 2018, primi in tutta la Puglia, ci ha permesso di inaugurare la nuova foresteria del teatro: 12 posti letti per 4 appartamenti indipendenti. Le compagnie e gli artisti che ospitiamo hanno la rara possibilità di accedere al teatro in qualsiasi momento e quindi di lavorare in assoluto libertà. Sono anch’esse strutture accessibili, innovative, realizzate secondo i principi di efficientamento energetico.  Un unicum nel sud Italia che ci permette di affacciarci ancora più fiduciosi al futuro.

Cultura che sposa la sostenibilità: qual è l’investimento effettuato in tal senso?

Ci si interroga spesso su cosa voglia dire sostenibilità culturale. Che la cultura sia sostenibile è uno degli obiettivi del millennio su cui hanno scommesso le Nazioni Unite. Sostenibilità, poi, è una di quelle parole malleabili che si adattano a più contesti: Koreja, da sempre, ne sposa sia il significato squisitamente economico applicando una politica dei prezzi calmierata e garantendo un’ottima visibilità del palco e quindi dello spettacolo da ogni ordine di fila e numero; che quello più legato alle politiche ambientali e all’accesso garantito alle fasce deboli. Semplicemente, mi piacerebbe pensare, che siamo tutti fasce deboli e che quindi realizzare un teatro dove non si spreca, si ricicla, dove gli spazi per i bambini sono sicuri, dove i nonni possono aspettare i propri nipoti, dove le mamme e i papà possono cambiare agevolmente pannolini, sia un dovere morale di chi fa della cultura il proprio pane quotidiano. 

Il privato ha bisogno del pubblico e viceversa: che ruolo giocano in tal senso i finanziamenti?

Koreja da sempre, pur essendo un soggetto privato, svolge una funzione pubblica: è un collettore di persone ed esperienze, fa muovere l’economia e genera guadagno. Questa funzione è riconosciuta e apprezzata dalle istituzioni statali e regionali. La vilipesa “cosa pubblica”, nel caso di Koreja, ha avuto e continua ad avere un ruolo fondamentale, non solo per il supporto economico, ma soprattutto per la lungimiranza e la condivisione delle scelte in campo artistico – culturale. Saper guardare alle realtà del territorio e valorizzarne le eccellenze non è una banalità. Vuol dire, per prima cosa, affidarsi e comprendere la necessità di dialogo tra pubblico e privato, che è l’unica vera forza propulsiva per far crescere la cultura e garantirne luna vita.

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Il Mediterraneo mare di pace

Visioni
di Gigi Mangia

Il 23 Febbraio, sarà il Papa Francesco, a Bari, a parlare di pace nel Mediterraneo. Jorge Mario Bergoglio, vescovo della Chiesa dell’Argentina, sente viva la necessità e l’importanza di sostenere, nella sua pastorale, la pace, ed è l’unico leader al mondo, a poterlo fare e per di più, ad essere creduto. Il Mediterraneo, nel passato è stato mare di scontro politico e religioso. Fu proprio nel Mediterraneo, dove lo scontro portò alla rottura della Chiesa d’Oriente da quella d’Occidente e dove fallì anche il progetto di tenere unita la chiesa, dall’Imperatore Carlo V, in lotta con il Monaco agostiniano tedesco, Martin Lutero, leader del Protestantesimo. Nella divisione della Chiesa, il Mediterraneo è stato scontro di civiltà e teatro di guerra, soprattutto dopo che le grandi monarchie europee coinvolsero nella loro lotta gli arabi. Il Mediterraneo è la strada che da Occidente porta ad Oriente. Il mare di due culture, di due grandi capitali: Atene e Gerusalemme. Di due civiltà, quella araba e quella cristiana in lotta per il dominio e per il commercio dei popoli tra le due sponde. È stata una divisione sofferta, una lunga guerra subita dai popoli lungo le due sponde. È stata una guerra combattuta nel potere assoluto del simbolo della Croce. La Croce della Chiesa sempre grande, centrale, sempre pregiata, di oro, di bronzo, di marmo. È stato il Vescovo Don Tonino Bello, pastore e profeta, quello che ha preferito la Croce semplice fatta del legno dell’Ulivo, l’albero simbolo del paesaggio e del pensiero del Mediterraneo, oggi scomparso dal Salento. Don Tonino non amava e non vedeva il potere assoluto e centrale del crocifisso nel rapporto e nel credo dei popoli. Il Vescovo di Molfetta, parlava infatti, del crocifisso provvisorio nella chiesa. Per Lui il crocifisso era l’inizio di un nuovo processo della storia della liberazione dell’uomo dal peccato: era una storia da fare passo dopo passo, da raccontare parola dopo parola, sempre in cammino. Don Tonino era pastore e profeta e aveva l’arte della poesia. Conosceva le parole. Le pesava di notte con la bilancia del dolore, nel silenzio del sonno. Le parole erano per lui gli utensili del suo pensiero, del suo essere costruttore di pace. Don Tonino era teologo e filologo, era profondo conoscitore della cultura di Atene e ricco della fede di Gerusalemme. Oriente e Occidente in Don Tonino non sono due mondi, due civiltà, ma una sola strada: quella della cultura delle convivialità unite nella capacità di essere fraternità. La marcia dei 500 a Sarajevo non fu solo un gesto di coraggio di ribellione del frate contro la guerra, ma un vero esempio di come superare la guerra civile di due civiltà tra di loro contrapposte, araba e cristiana, di famiglie divise  cristiani e arabi. Don Tonino è il santo del mediterraneo di pace. Tutti ci aspettiamo, da Papa Francesco la proclamazione di Don Tonino, Santo della Pace che possa finalmente guidare i popoli a superare la guerra a fare la strada della convivialità delle differenze, ad essere fraternità o chiesa unita come predicava il prete di Alessano.

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Nadia Terranova: teorie e pratiche per maturare verso l’infanzia

Interviste
di Giulia Falzea

Donna. Del sud. Scrittrice.
Nadia Terranova è una delle voci e delle penne più autentiche e lucide in questi tempi oscuri. Nata a Messina nel 1978, vive a Roma. Per Einaudi Stile Libero ha scritto i romanzi “Gli anni al contrario” (2015, vincitore di numerosi premi tra cui il Bagutta Opera Prima, il Brancati e l’americano The Bridge Book Award) e “Addio fantasmi” (2018, finalista al Premio Strega, vincitore del premio Subiaco Città del libro e del premio Alassio Centolibri, in corso di traduzione in venticinque paesi tra cui gli Stati Uniti). Ha scritto anche diversi libri per ragazzi, tra cui “Bruno il bambino che imparò a volare” (Orecchio Acerbo 2012), “Casca il mondo” (Mondadori 2016) e “Omero è stato qui” (Bompiani 2019). Collabora con la Repubblica, il Foglio e altre testate.
La Terranova è quello che si dice un’intellettuale impegnata: parla di donne, di misoginia e di politica con garbo e ostinazione. Crede che la letteratura sia una parte fondamentale del portato formativo anche delle nuove generazioni. È la seconda ospite del progetto “Book Parade. La Letteratura spiegata dai ragazzi” il 16 febbraio 2020 al Teatro Koreja. Il libro che ha deciso di regalare alle studentesse dell’Istituto Cezzi di Castro Moro di Maglie è VIA GEMITO di Domenico Starnone. Ci ha spiegato perché.

D: Perché hai scelto Via Gemito come romanzo di formazione?
R: ho scelto Via Gemito perché è un testo che va nel solco della tradizione letteraria nel racconto delle propria famiglia, che vede in Italia il massimo esponente ne “Il lessico familiare” di Natalia Ginzburg e “Memorie di una ragazza per bene” di Simone de Beauvoir. C’è il racconto della propria infanzia e dell’emancipazione di una condizione familiare. Tutto questo c’è con grande onestà e altissima letteratura in Via Gemito

D: Cosa vuol dire essere un’intellettuale donna in Italia nel 2020?
R: Essere una scrittrice nel 2020 significa essere consapevoli di trovarsi in una situazione di passaggio in cui si è presa coscienza del fatto che il maschilismo è sicuramente da archiviare ed è in declino apparente. Tuttavia ci sono dei colpi di coda, perché la misoginia che oggi si vede e viene denunziata è ancora lunga a morire, ci sono molti passi da fare. La misoginia peggiore è quella sotterranea e continua ad esserci una grande differenza e sperequazione nel sistema valoriale per tutto quello che riguarda i meriti attribuiti alle donne.

D: Qual è il ruolo pedagogico della letteratura?
R: Fino a qualche tempo fa avrei risposto che la letteratura non ha alcuna valore pedagogico, in realtà oggi ritengo che ce l’abbia, e che sia probabilmente e soprattutto involontario. I libri più belli sono quelli che ci lasciano qualcosa, ma il messaggio non è quasi mai quello che intenzionalmente ci aveva messo l’autore.

D: Quale frase vorresti che ci fosse scritta nelle aule scolastiche, come memento, ad “imitazione” di quella nei tribunali “La legge è uguale per tutti”?
R: L’espressione che vorrei è “maturare verso l’infanzia”. È un’espressione utilizzata da Bruno Schulz e vorrei he fosse scritta dappertutto.

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